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ICT volano di sviluppo ed innovazione o rendita?

di Enzo Chilelli

27 MAR -

Gentile direttore,
la digitalizzazione delle PA e del SSN non sta andando nella direzione auspicata. Nonostante i fondi dedicati del PNRR – oltre 50 mld - l’Italia è praticamente ultima per interazione tra cittadini ed enti online – per esempio, una scarsità di processi online ovvero si usa ancora il pdf da stampare anziché lavorare direttamente sui dati, secondo l’Indice DESI 2023. Ci sono tre criticità, tre piani interconnessi. La prima è il costo della manutenzione; la seconda è la carenza di innovazione; la terza è la mancanza di competizione.

In sanità la gestione dei sistemi amministrativo-contabili e del personale assorbono oltre il 60% della spesa ICT – Rapporto Assinform 2024 - in sanità lasciando poco spazio all’innovazione e riducendo, di conseguenza, anche la formazione e il livello tecnico dei programmatori. A questo si aggiunga che, sempre stando al Rapporto Assinform 2024, le gare sono spesso controllate da potenti multinazionali che di fatto azzerano oppure riducono di molto la partecipazione delle PMI. Chi è responsabile di questo immobilismo e chi può rivitalizzare un tessuto di servizi e tecnologie che è sempre più determinante per la salute dei cittadini e la capacità delle imprese di creare benessere?

Il mondo del software è dunque estremamente vario e, nonostante il poderoso avanzare dell’intelligenza artificiale, gli esperti – per es. McKinsey - ci dicono che almeno fino al 2030 ci sarà carenza di tecnici del settore, magari con l’aggiunta di nuove figure professionali. Vero è che il software di per sè si sta sempre più affinando, nelle sue caratteristiche, e sempre più avvicinando a un linguaggio quasi umano attraverso i cosiddetti microservizi – per es. le librerie on line con servizi già pronti che offrono sempre più automatismi al software stesso – richiedendo sempre meno presenza umana. Su queste prospettive si diversificheranno i ruoli del programmatore stesso.

Il PNRR ha immesso nel mercato ICT moltissime risorse ed ha quindi richiesto l’immissione sul mercato di moltissimi programmatori. Ma questo non è sempre sinonimo di qualità. Infatti, coloro che determinano il funzionamento meccanico dell’intero software sono persone che in realtà non hanno conoscenze specifiche di programmazione, ma sanno quale sia il quadro generale, cioè come deve essere strutturato tutto l’insieme nello specifico ambito, ovvero coloro che conoscono i processi ed attraverso gli algoritmi prodotti riescono a semplificarli.

Ciò che vedo oggi è invece un utilizzo della quasi totalità dei programmatori per scrivere righe di software che garantiscano la fatturazione, producendo o manutenendo software di scarsa utilità che non semplificano procedure, e processi di bassa qualità.

Su queste premesse ci poniamo la domanda se in Italia l’ICT è davvero un volano di sviluppo ed innovazione? E la stessa domanda possiamo farla per l’e-health.

Prima del finanziamento per il PNRR i dati – Assinform - ci dicevano che circa il 75% della spesa pubblica per l’’ICT era relativa alla manutenzione dell’esistente e solamente il 25% per innovazione di processo. Per la sanità la percentuale era di poco più alta. Con gli ingenti investimenti che si stanno realizzando con il PNRR le percentuali cambieranno? Cosa potrà accadere in futuro?

L’ultimo rapporto Assinform sull’argomento, nonostante i cospicui investimenti lamenta molte criticità nell’ecosistema digital health, compreso un “significativo aumento degli investimenti”.

Il nostro punto di vista è diverso: così come abbiamo già sostenuto l’inutilità, - per i Comuni regolati da un’unica norma istitutiva che ne definisce ruoli, responsabilità e servizi, - di avere 7.896 sistemi informatici diversi, allo stesso modo riteniamo che sia giunto il momento di eliminare dalle aziende sanitarie i sistemi amministrativo-contabili e del personale. Sono sistemi maturi che assorbono oltre il 60% della spesa ICT in sanità e possono tranquillamente essere gestiti a livello centrale o regionale, liberando così risorse utili per lo sviluppo di sistemi clinici, soprattutto territoriali.

Tra l’altro una delle altre criticità descritte nel rapporto Assinform è la scarsa competizione, le gare sono ormai appannaggio di pochi attori con grandi capacità economiche, spesso multinazionali, che mortificano sia la possibilità di ingresso di nuovi player che il nostro tessuto industriale di settore fatto, come sappiamo, da PMI. Infatti, per semplificare il lavoro delle PA si è lavorato sugli aggregatori, ovvero su grandi player che gestiscono un unico contratto e che lo suddividono con PMI e startup. Qual è qui il rischio, peraltro già vissuto nei primi anni ’90 con la crisi dell’informatica pubblica? Che al termine del PNRR i “big tech” non dividano più le risorse residue con le PMI che, a quel punto come in passato, andranno in crisi e saranno costretti a ridimensionarsi o chiudere.

Infine, il programma di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione include ogni tassello/abilitatore tecnologico necessario ad offrire a cittadini e imprese servizi efficaci, in sicurezza e pienamente accessibili: infrastrutture, interoperabilità, piattaforme e servizi, e cybersecurity. Ma se il piano fallisse ne pagheremmo le conseguenze solo noi cittadini o esisterà un modo per rivalersi sull’industria ICT che non ha portato a compimento le innovazioni richieste?

Enzo Chilelli

Presidente comitato degli esperti di Fare Sanità



27 marzo 2024
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