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Nuovo Codice deontologico dei Medici. Lettera Aperta a Ivan Cavicchi

di Giancarlo Pizza, presidente OMCeO Bologna

09 GIU - Gentile Direttore,
Le chiedo di ospitare su Quotidiano Sanità la mia lettera aperta a Ivan Cavicchi.

Caro Ivan,
come non essere d’accordo intorno alle Tue osservazioni sulla recente proposta della FNOMCeO sul Codice Deontologico della professione medica? Gli strumenti di analisi della sociologia, da Te adottati, portano a conclusioni condivisibili sulla inaccettabilità di quanto prodotto: e questo lo dico utilizzando non gli strumenti del sociologo, ma quelli del medico che vive quotidianamente la professione ed è davanti ai problemi che gli pone il paziente. Il medico non potrà e non dovrà mai essere il semplice esecutore delle volontà altrui. Questo non potrebbe neppure accadere per il medico che considera il paziente un “cliente” al quale offre la prestazione richiesta anche contro le proprie convinzioni. In questo senso mi tornano alla memoria le parole di un valente medico bolognese del medioevo, Leonardo Fioravanti, riportate nella magnifica opera del compianto prof. Piero Camporesi “Camminare il Mondo - Vita e avventure di Leonardo Fioravanti medico del Cinquecento” edito da La Feltrinelli, il quale chiosava intorno alle cure da proporre al paziente ricco: “La ricchezza economica del paziente è un bene e allo stesso tempo un problema. Un bene perché può avvalersi dei medici migliori e più costosi; un problema perché il medico può essere indotto a prolungare il periodo di cura per ottenere più volte la parcella delle visite”.

Il Servizio sanitario nazionale viene lentamente impoverito perché troppo costoso: ma non sono i medici che hanno legiferato cure gratuite per tutti. Lo hanno fatto tutti i partiti nel 1978 con la istituzione del SSN. Ora ci si accorge che mancano le risorse e si corre ai ripari. Come? Cercando di ingabbiare il medico rendendolo esecutore di volontà organizzative, spacciate per innovazioni, in completo appannaggio dei direttori generali, magari espressione degli assessorati alla sanità, cui è conferita la missione di cercare di ridurre quel 70-80% dei costi dell’intero bilancio regionale necessario per la sanità pubblica.  

Ciò che è più tragico è che il Comitato Centrale della FNOMCeO, e il suo Presidente che lo ha proposto, paiono farne di fatto gentile omaggio ai politici, finendo con l'offrire la testa del medico alla ghigliottina dell’art.3 che impone l’adesione alla innovazioni organizzative! Sarebbe pura follia. Che la professione del medico sia sotto attacco pare evidente da tempo; che il buon Riccardo Cassi cerchi di correre ai ripari chiedendo una diversa valutazione della professione medica e che Tu, caro Ivan, cerchi con le Tue analisi sociologiche di far rilevare che esiste la “questione medica” che è in rapido aggravamento e che da questa proposta di Codice riceve un colpo fatale credo non basterà a fermare il degrado in itinere.
 
Posso dire che l’Ordine di Bologna ha già deliberato di non conformarsi ad una “normalizzazione” della libertà delle scelte professionali del medico, sia esso incardinato nel sistema pubblico o convenzionato: almeno non per i diecimila e passa medici iscritti a quest’Ordine. Non saranno di certo sottoposti a trattamento “normalizzante” se si trovassero in disaccordo con “organizzazioni gestionali innovative” non ritenute opportune alla migliore prestazione di prevenzione, assistenza, diagnosi e cura. E già, perché anche la parola “assistenza” pare ormai poco appannaggio del medico e cenerentola nell’attuale versione del Codice.
 
Forte biasimo deve essere espresso a queste proposte che provocano, per la prima volta nella storia della Federazione, una così evidente spaccatura della professione: mai era accaduto che dieci Ordini rifiutassero di dare la propria adesione alla proposta di un Codice Deontologico e due se ne astenessero. Non si impone a maggioranza la deontologia: se ne ricerca pazientemente l’unanimità per la salvaguardia della professione e del paziente.
 
Ciò che ora si profila dopo questa piccola grande dèbacle del Comitato Centrale e del suo Presidente è l’adozione di Codici deontologici diversi in provincie diverse, perché sia ben chiaro, l’autonomia ordinistica provinciale, legislativamente garantita, non può essere messa in discussione, mentre  non esistono norme  per l’adozione forzata o di un Codice deliberato da una maggioranza, qualunque questa sia. Un Codice si impone unicamente sulla consensualità d'adesione dell'Ordine Provinciale.
 
Il mio sommesso suggerimento, a questo Comitato Centrale, è di retromarcia immediata e richiesta agli Ordini contrari alla proposta di riunirsi con Te ed ltri che hanno espresso forti critiche perché lavorino affinché si possa trovare un accordo che sia universalmente accettato. Altrimenti accadrà quello che non sarebbe mai dovuto accadere: la frattura nella professione ed il disconoscimento del ruolo di promozione e coordinamento - e non già di indirizzo, che è altra cosa- della Federazione. La promozione è operazione volta all’acquisizione di una adesione, non già un fattore impositivo o autoritativo.

Caro Ivan, aggiungo che mi sono fermato soltanto ad uno degli innumerevoli punti sui quali dissento e se Ti chiedi perché scrivo a Te e non a Bianco o al Comitato Centrale, ebbene, allora Ti dico che ho provato a Torino a chiarire i punti di vista dell’Ordine di Bologna ed è stato inutile. Solo far toccare con mano le gravi conseguenze di quanto fatto potrà indurre, forse, alla riflessione.
 
Un caro saluto
 
Giancarlo Pizza
Presidente OMCeO di Bologna


09 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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