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Competenza osteopati non può essere svincolata da attività diagnostica

di Luigi Ciullo (Iemo)

18 OTT - Gentile direttore,
l’ordinamento degli studi in Medicina osteopatica da noi rappresentato è attivo in Genova dal 2006. Trattasi di formazione erogata in Italia e autorizzata nel 2011 dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR), ai sensi della legge. Nel 2012 lo stesso Istituto ha conseguito autorizzazione in qualità di Provider nazionale ECM (Age.Na.S.)  a dimostrazione del ruolo dell’osteopatia nell’aggiornamento continuo, sanitario e interdisciplinare.           
 
Come risulta agli atti, l’Istituto I.E.M.O. ha costituito il Gruppo di lavoro italiano per la stesura della Norma europea di standardizzazione per l’Osteopatia (CEN), approvata a definizione dell’attività sanitaria degli osteopati in Europa. Nelle sedi competenti è stato approvato anche l’apposito allegato italiano alla stessa norma (“A Deviation”) il cui testo è stato concordato col Ministero della Salute. Nel documento si può verificare che allo stato le attività esercitate dagli osteopati siano di pertinenza sanitaria e che la stessa formazione degli osteopati, qualora non autorizzata, possa essere oggetto di contestazione.
 
Tuttavia, nell’attesa pluriennale che il legislatore italiano definisse l’ambito pertinente per l’esercizio di questa nuova professione sanitaria, il richiamo all’esperienza europea e alle sue norme migliori ha rappresentato la mission principale di alcuni Istituti italiani, attivi nella formazione degli osteopati. In particolare, quello da noi rappresentato fu autorizzato all’insegnamento dell’osteopatia dal M.I.U.R., in virtù della propria partecipazione pedagogica internazionale e a seguito del controllo delle autorità preposte nel riferimento alle leggi vigenti.
 
Per tali ragioni, non trovo condivisibile quanto emerso nell’audizione del 10 ottobre u.s. presso la Camera dei Deputati in relazione alla non tracciabilità degli studi in osteopatia, per quanto questi non siano ancora regolamentati né in gran parte controllati e omogenei sul territorio. Né ritengo che l’Osteopatia, in quanto professione sanitaria definita autonoma dall’ O,M.S., possa essere considerata appannaggio pregiudiziale di altre professioni sanitarie come se fosse “terra di nessuno”, anziché legittima casa di professionisti adeguatamente e appositamente formati in Italia e all’estero.
Allo scopo di colmare il vuoto legislativo, non può eludersi il riferimento alla norma condivisa da tutti i Paesi europei, né possono essere ignorate le realtà pedagogiche già autorizzate nel nostro Paese perché adeguatesi alle norme internazionali e, come tali, già autorizzate all’insegnamento in Italia.
 
Dovrebbe essere questo il riferimento al “merito” più volte espresso dal nostro Governo: il merito di chi ha lottato contro la precarietà investendo nel futuro mediante la cooperazione internazionale e giungendo comunque alla propria legittimazione. Quindi, se di fronte a tali evidenze pensiamo giustamente che alcuni osteopati meritino di essere riconosciuti, non possiamo accettare che qualche diversa professione sanitaria possa vantare diritti acquisiti su un’attività del tutto diversa, giungendo persino a dettarne le modalità formative in difformità con quanto sancito in Europa.
 
Infatti, al contrario di quanto sostenuto dai rappresentanti di professioni terze, la competenza operativa degli osteopati non può essere svincolata dall’attività diagnostica e di inquadramento clinico autonomo. E tale completezza culturale descrive la caratteristica operativa maggiormente qualificante di questa disciplina. Lo dimostra anche il fatto che solo tali requisiti consentirebbero ai professionisti italiani di esercitare all’estero e rapportarsi culturalmente con i colleghi stranieri più accreditati, durante e dopo il ciclo di studi.
Quale portata innovativa avrebbe una riforma che anziché riconoscere ed integrare nuove professionalità depotenzi le stesse affidandone marginali competenze a professionisti di diversa estrazione? Al contrario, appare sempre più chiaro quanto il riconoscimento dell’osteopatia nel rispetto delle regole internazionali e dei riferimenti nazionali accreditati sia percorso coerente alle finalità di questa riforma del Sistema Sanitario.
 
Luigi Ciullo
Direttore generale Iemo

18 ottobre 2016
© Riproduzione riservata

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