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La professione di Tecnico di Radiologia Medica: un'anomalia tutta italiana

di A. Alemanno, M, Coriasco e F. P. Sellitti

02 DIC - Gentile Direttore,
con la presente vogliamo mettere al corrente Lei ed i lettori di “un’anomalia tutta italiana” per usare termini piuttosto in voga in questo momento, che riguarda l’esercizio della professione di Tecnico di Radiologia Medica. La vigente normativa sull’esposizione radiologica, come tutte le normative, nelle intenzioni porrebbe come prioritario il bene del cittadino-utente-paziente. Tuttavia, a causa di un’errata traduzione nel recepimento di una direttiva europea, essa prevede che ogni indagine radiologica sia giustificata da un medico radiologo: questo può divenire fonte di situazioni paradossali o rischiose, pur in modo diverso, per tutte le figure coinvolte, operatori o pazienti, così come di seguito spiegato.

Un tecnico di radiologia ha rivolto alla Consulta Nazionale TSRM un interessante quesito. Nello specifico, egli si interroga sugli eventuali illeciti commessi nell’eseguire una TC del torace in una situazione di emergenza sanitaria, senza la presenza di un medico radiologo, pur alla presenza dei medici (cardiochirurghi) che avevano la responsabilità del paziente e che premevano per ottenere l’esame, per loro di fondamentale importanza per il corretto inquadramento e la conseguente strategia terapeutica. La risposta è quindi occasione per tornare sull'annosa vicenda della traduzione del termine "practitioner" contenuto nella Direttiva europea 2013/59 sulla radioprotezione e sull’attuale D.lgs. 187/00.

Quest’ultima norma nazionale, emanata per recepire la normativa internazionale sulla radioprotezione del paziente, ha, di fatto, riscritto la gerarchia tra medico e tecnico, contrapponendosi alle leggi passate e future sulle competenze del TSRM, senza però migliorare l’inappropriatezza prescrittiva a garanzia della popolazione esposta alle radiazioni per motivi sanitari.

Nel caso in questione, il medico radiologo asserisce che “la decisione spetta esclusivamente a lui”, e questo suggerisce diversi spunti di riflessione:
• Innanzitutto la necessità di accertare se il principio di giustificazione (art.3, comma 4) cui fa riferimento la suddetta frase è valido anche per gli esami di radiologia convenzionale, e se tale vincolo vada applicato sempre o secondo il a scelta del medico radiologo, magari basata su motivi non del tutto nobili, o addirittura di comodo.
Si ricorda infatti che il comma 4, articolo 3 del D.lgs 187/2000 recita: “Tutte le esposizioni mediche individuali devono essere giustificate preliminarmente, tenendo conto degli obiettivi specifici dell’esposizione e delle caratteristiche della persona interessata. Se un tipo di pratica che comporta un’esposizione medica non è giustificata in generale, può essere giustificata invece per il singolo individuo in circostanze da valutare caso per caso”.

• In secondo luogo, in base all’EBM, lo stesso medico avrebbe mai potuto disporre un altro esame più appropriato? Lungi dall’entrare nel merito del giudizio medico clinico, si vuole fare qui riferimento al tema dell’evidenza scientifica solo per sottolineare come essa sia stata completamente ignorata sia dal D.lgs 187/2000 che dalle ultime Linee guida art. 6, D.lgs 187/2000, facendo del famigerato decreto sempre più uno strumento di gerarchia tra le professioni, piuttosto che una norma di salute pubblica.

Purtroppo, gli errori commessi nel 2000 sembrano volersi riproporre con la nuova normativa sulla radioprotezione, derivante dal recepimento della Direttiva europea 2013/59 Euratom. Nella vicenda, il Ministero della Salute italiano non è d’accordo neanche a tenere distinti i ragionamenti a livello di Unione europea e di Stato membro, rispetto al termine “practitioner”. Nello specifico, è bene per tutti tenere ben presente come ovunque il termine “practitioner” abbia solo e soltanto una traduzione: “professionista sanitario abilitato”.

Misteriosamente, e solo in Italia, esso diventa “medico specialista”.

In pratica, distinguendo i contesti, la traduzione italiana della direttiva poteva essere simile a quella degli altri Stati membri. Il recepimento italiano poteva quindi, così come avrebbe dovuto, identificare nel “professionista sanitario abilitato” un insieme di professionisti capaci di assumersi la responsabilità dell’esposizione, secondo la moderna Medicina basata sull’evidenza (EBM), permettendo a noi TSRM di gestire in autonomia, come peraltro già previsto dal nostro Profilo professionale, almeno gli esami di radiologia senza m.d.c., così come realmente avviene da sempre e ovunque in Italia.

Purtroppo, a tutt’oggi, il Ministro sta ancora impedendo la corretta traduzione della direttiva europea, condizionando la discussione sul suo recepimento e ponendo le basi di un nuovo D.lgs 187 in veste ancora peggiore, dove il rispetto dell’anacronistica gerarchia tra professioni, può mettere a rischio la vita di un paziente e la serenità di un professionista come chi ci ha scritto, facendogli rischiare il tribunale per il solo fatto di avere svolto al meglio la propria Professione e il proprio lavoro.

Antonio Alemanno, Mario Coriasco, Francesco Paolo Sellitti 
Consulta Nazionale per la Professione TSRM 

02 dicembre 2016
© Riproduzione riservata

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