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Ancora su prevenzione e assicurazioni/2

di Alberto Donzelli

18 MAR - Gentile direttore,
l’AD di RBM ripropone l’idea di “prevenzione” veicolata dalla sua Assicurazione (Nel tumore ovarico prevenzione e diagnosi precoce fanno la differenza). Concordo sul "ruolo centrale che la prevenzione deve avere". Il punto è individuare quella che offra benefici reali e ben superiori ai possibili rischi.
Per una discussione costruttiva, iniziamo a convenire un linguaggio comune, a partire dal termine “Prevenzione”.
 
Quella primaria è la prevenzione per eccellenza, spesso ad alto rendimento, fondata su interventi e comportamenti per evitare/ridurre l’insorgere di malattie in soggetti sani, o comunque senza quelle malattie. Si basa su: contrasto a problemi socioeconomici con ricadute sulla salute, interventi di tutela e miglioramento dell’ambiente di vita e di lavoro, o per promuovere migliori relazioni interpersonali; educazione e promozione della salute rivolta alla comunità o ai singoli, per ridurre fattori di rischio: fumo, abuso alcolico, sedentarietà; guida e comportamenti sessuali a rischio; alimentazione ricca di carni/cibi animali, zuccheri liberi, grassi trans, e povera di cereali integrali, legumi, verdura e frutta, fresca o secca oleosa...
 
Quella terziaria è rivolta alle complicanze di malattie in atto o delle loro recidive, e alla gestione delle disabilità per un miglior reinserimento nel contesto familiare e sociale. Condivide molti interventi con la prevenzione primaria, benché più spesso vi affianchi misure mediche e sanitarie.
 
Quella “quaternaria”, concetto più recente, intende prevenire eccessi e invadenza della medicina: iper-medicalizzazione, sovradiagnosi, sovratrattamenti, danni iatrogeni.
 
Infine la Prevenzione secondaria, cui sembra più pensare RBM. Riguarda individui clinicamente sani, con processi in atto che potrebbero (ma anche no) sfociare in malattia, suscettibili di diagnosi precoce. Lo scopo dichiarato è iniziare cure specifiche prima che la malattia si manifesti. Fa uso di screening, tumorali, cardiovascolari, respiratori... Razionale: consentire interventi terapeutici precoci, che aumenterebbero le probabilità di guarigione. Purtroppo, ancor più delle altre forme di prevenzione, i test di screening/diagnosi precoci si prestano a speculazioni e abusi, e la sola disponibilità di test (strumentali, di laboratorio...) di per sé non basta a giustificarli.
 
Senza certe condizioni, o se ripetuti troppo, o in fasce d’età inappropriate, gli screening non danno benefici aggiuntivi, al contrario comportano più costi e rischi/danni per la salute (in questi casi, seguire le indicazioni del SSN non è certo “per motivi economici”, ma per risparmiare... salute!). La Prevenzione quaternaria è concepita proprio per arginare i danni di “troppa medicina”, spesso per troppa diagnosi precoce.
 
La tabella di confronto del pacchetto oncologico RBM, con la sua offerta esorbitante (anche decine di volte!) rispetto a quanto ritenuto appropriato in base alle prove, mostra dove possono portare logiche commerciali, se sostituite all’EBM e all’etica medica. Anche screening non raccomandati possono aumentare la “sopravvivenza”, ma la sopravvivenza (tempo tra la diagnosi e la morte) è misura fuorviante, non significa prolungamento della vita, come la gente intende.
 
Anticipare la diagnosi aumenta la sopravvivenza anche quando la morte non è affatto posticipata. Tale fenomeno aumenta con strumenti di screening sempre più sensibili, con anticipi diagnostici di anni o lustri rispetto alla manifestazione clinica di un tumore. Lo screening di malattie mortali ha senso solo se riduce/ritarda la mortalità e migliora la qualità di vita. Gli screening non raccomandati non danno questi risultati. Sul cancro ovarico l’AD rilancia messaggi retorici inappropriati: “anche salvare una vita in più grazie ai programmi di screening... obiettivo del nostro lavoro”.
 
Se leggesse con attenzione, come sostiene, saprebbe che con questo screening la vita è più probabile perderla. È accaduto nelle 78.000 donne del PLCO1, randomizzate a screening con CA125ed ecografia transvaginale o controlli. Dopo 15 anni, lo screening ha prodotto più diagnosi e 11 più morti da ca. ovarico, lieve aumento di mortalità totale e tante operazioni inutili.
Anche nell’UKCTOCS2, con un 17%di donne con familiarità per ca. ovarico, l’entusiasmodegli autori per CA125+algoritmo interpretativo non toglie che le 50 morti in meno da ca. ovarico/100.000 screenate erano controbilanciate da 96 morti in più per altre cause, oltre a 2,3 volte più operazioni non necessarie (5,3 volte nel braccio “screening ecografico”). Se lo scopo è salvar vite e ridurre i ca. ovarici, meglio educare a evitare: obesità e diabete3, terapia ormonale sostitutiva in menopausa4, abuso alcolico3, talco sul perineo3; e aumentare: attività fisica (-19% ca. ovarico)3, consumo di soia5, allattamento materno (>6/12 mesi = -23/-36%)3, anche per BRCA1-23. Oggi lo screening non si raccomanda neppure per donne BRCA1-23.
 
Per altro, anche quando gli eccessi di cui alla tabella di confronto  (NB: il CA125 è solo il primo esempio, possiamo ripeterlo per ogni riga dei pacchetti RBM oncologici/cardiovascolari) non si traducessero in danni per il singolo, essi comportano comunque pesanti ricadute per il nostro SSN, su cui di fatto finisce scaricata gran parte degli interventi successivi agli screening. I costi pubblici di sovradiagnosi/sovratrattamento sono sottratti a migliori usi delle risorse per la comunità, con conseguenze ben maggiori dell’entità dei benefici fiscali (anch’essi risorse fiscali sottratte a tutti i contribuenti, per agevolare il 20%~ di italiani oggi aderenti alla Sanità integrativa).
 
A molti non è chiaro che in Sanità l’aumento di costi pubblici, anche solo per interventi non dannosi ma nel complesso inutili, esita comunque in danni indiretti per la comunità. Si esaminino le due slide didascaliche allegate.
 
Il grafico a “torta” che rappresenta il Fondo Sanitario Nazionale ha un perimetro fisso, che molti ritengono già insufficiente per i bisogni della popolazione. Se una fetta si allarga molto, si riducono automaticamente le “fette” per tutti gli altri bisogni assistenziali. Dunque, nel valutare interventi da introdurre, andrebbero sempre calcolati i risultati netti (sottraendo ai benefici attesi i possibili malefici, che di fatto ricadono in altre aree del sistema).
 
Ciò è grave quando l’effetto dei nuovi interventi nell’insieme è nullo, con rischi di danni pari alle attese di benefici; peggio ancora quando con buone probabilità i danni degli interventi superano i benefici. Questo purtroppo è il caso di molti interventi “preventivi” proposti da RBM: o con effetti avversi senza serie prove di utilità, o efficaci ma per fasce d’età troppo estese e/o con cadenze troppo frequenti. Se l’AD di RBM ne dubita, faccia richieste specifiche e volentieri la nostra Fondazione risponderà nel merito: le valutazioni comparative d’efficacia e sicurezza delle tecnologie sanitarie fanno parte del nostro lavoro.
 
Infatti, ci impegniamo perché sia ottimizzato l’uso delle risorse assegnate al SSN per rispondere ai bisogni dei cittadini, secondo priorità ed evitando interventi inutili. Riteniamo che abbia senso invocare più risorse per la Sanità solo se è già chiaro per quale utilizzo, e se gli impieghi si fondano su valide prove di efficacia e costo-efficacia. Ciò evita di dirottare le scarse risorse aggiuntive verso impieghi di low value, tra cui va incluso anche il consumismo indotto in grande misura dalla Sanità integrativa.
 
Infatti vogliamo allargare lo sguardo a tutta la Società in cui siamo inseriti, consapevoli che, se si spreca in Sanità, qualunque Governo avrà problemi a trovare risorse da investire in altri Settori sociali meritevoli: istruzione e ricerca, politiche per l’occupazione, casa, ambiente e cura di territorio e infrastrutture, piccole e grandi opere, assistenza sociale, lotta alla povertà, sviluppo comunitario e risposte a bisogni reali e seri della popolazione...
 
Dott. Alberto Donzelli
Consiglio direttivo e Comitato scientifico Fondazione Allineare Sanità e Salute
 
1. Pinsky PF et al. Extended mortality results for ovarian cancer screening in the PLCO trial with median 15 years follow-up. Gynecol Oncol 2016;143:270-5.
2. Jacobs IJ et al. Ovarian cancer screening and mortality in the UK Collaborative Trial of Ovarian Cancer Screening (UKCTOCS): a randomised controlled trial. Lancet 2016;387:945-56.
3. Linee Guida AIOM 2018 Tumori dell’ovaio. 16 Nov 2018.
4. Collaborative Group on Epidemiological Studies of Ovarian Cancer. Menopausal hormonal use and ovarian cancer risk: Individual participant meta-analysis of 52 epidemiological studies. Lancet 2015;385:1835-42.
5. Myung S-K et al. Soy intake and risk of endocrine-related gynaecological cancer: a meta-analysis. BJOG 2009;116:1697


18 marzo 2019
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