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Pensiamo ai medici che si sono salvati

di Biagio Papotto

02 APR - Gentile Direttore,
sono migliaia (mentre mi prendo 5 minuti di tempo per scrivere sono quasi 8.500) i colleghi della sanità, tra medici, infermieri e operatori di qualsiasi livello, che sono stati contagiati.Al di là della cifra (enorme), mi preoccupa ancora di più il duplice aspetto negativo che essa comporta, e alla quale evidentemente si preferisce non pensare, anche per non essere costretti ad ammettere che non abbiamo sufficienti, adeguate, contromisure.
Mi riferisco – fatti salvi l’ovvia solidarietà ai colleghi e i migliori auguri di vero cuore per un rapido e positivo decorso della loro malattia – alla concreta possibilità che essi siano stati veicolo di contagio per una popolazione che non posso stimare in termini numerici, ma che presumo con un fattore di moltiplicazione minimo di 1 a 20 (per tacere del nucleo familiare di tutti i contagiati, che non possiamo sbrigativamente considerare come “male minore”), e in seconda istanza a cosa succederebbe se le complicazioni polmonari continuassero a falcidiare luttuosamente la categoria.
 
Mi spiego: possiamo comprare i DPI all’estero, e allo stesso modo possiamo rifornirci di respiratori, apparecchiature, etc. etc. …
Possiamo anche avere la collaborazione di qualche collega straniero, magari con esperienza specifica di virologia acquisita sul campo. Certo. Ma non possiamo seriamente pensare che i medici (o gli infermieri, o il personale sanitario in genere) si possano importare come se fossero merci del tutto surrogabili. E non è solo un problema di lingua (mi domando come farebbero i colleghi stranieri ad afferrare con prontezza le sintomatologie, a meno che non si creino team di poliglotti, o coppie con interprete, ipotesi davvero poco realistica, specie nell’emergenza), bensì di formazione ed esperienza.
 
I medici italiani sono tra i migliori del mondo, perché formati in eccellenti scuole, con ottimi insegnanti e severe prove di esame. In periodi di crisi…va bene (quasi) tutto. Ma pensare di poter risolvere problemi di ataviche carenze, conseguenza di errate scelte prolungate, senza una rigorosa programmazione sarebbe folle.
 
E questa non può prescindere dalla presa d’atto che in Italia mancano i medici, mancano gli specialisti… Manca la cultura della sanità pubblica che tanto faticosamente abbiamo sempre difeso. Questa – e non altra – dovrà essere la base di partenza, quando l’emergenza finirà.
Nessun momento di rilassamento “politico”. Non lo permetteremo. Noi invece chiederemo medici, borse di studio e strutture. Con forza e con ostinazione. Per un’Italia civile e sana.
 
L’unica pausa sarà quella – sacrosanta – che si potranno prendere i colleghi di ritorno “dal fronte”, esausti, dopo questa terribile ondata pandemica.
E anche oggi li ringraziamo, senza alcuna eccezione. Dai medici in prima linea ogni giorno, a quelli che da tempo in pensione “scalpitano” come studenti dell’ultimo anno per andare (tornare) in corsia a combattere il male…a tutti voi il nostro più profondo e commosso grazie.
Un’ultima cosa: qualcuno ci aveva proposto di inserire su questo sito un “contatore” con il numero dei colleghi contagiati. Abbiamo subito risposto “no”.
 
Nessuna macabra “conta”. Piuttosto avevamo pensato a quello dei “guariti”, dei salvati, di tanti italiani che neppure sapranno il nome del collega (ed è giusto così, pensiamo) che – magari a rischio della propria – ha salvato la loro vita. Ma…no. Perché speriamo che sia in tale accelerazione da non essere leggibile. In bocca al lupo a tutti i medici e a tutti gli italiani.

 
Biagio Papotto
Segretario generale Cisl Medici nazionale

02 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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