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Le regioni hanno fallito, il Ssn torni nell’ambito esclusivo dello Stato

di Vincenzo Musacchio

09 APR - Gentile Direttore,
era il 2005 quando scrivevo in un editoriale per un quotidiano locale di essere tra quelli che fermamente erano (e lo sono ancora oggi) schierati in difesa del diritto alla salute dei cittadini e per una sanità sottratta alla morsa letale delle regioni e della politica locale clientelare con i suoi vassalli, valvassori e valvassini riportandola nell’ambito esclusivo dello Stato con manager nominati da elenchi nazionali, primari i cui concorsi dovevano tornare nazionali con apposita idoneità e appalti gestiti direttamente dall’Autorità Anticorruzione Nazionale.
 
Si avrebbe una sanità pubblica migliore e si eliminerebbero in un colpo solo clientele, malaffare, corruzione politica e amministrativa. Avremmo i migliori per competenza e non per appartenenza politica.
 
Il Covid-19 purtroppo lascerà dei segni nel nostro stile di vita e tra la priorità del nostro Governo, una volta fuori dal tunnel credo non possa non esserci la sottrazione del Servizio Sanitario dalle mani delle Regioni, perché hanno creato non poche criticità. Ritengo che occorrerà anche rimodulare la spesa pubblica: sanità, scuola e giustizia sono i settori su cui concentrarsi prioritariamente.
 
Oggi sono in tanti a proporre una ricetta per sconfiggere la distruzione della sanità pubblica che, come un cancro in metastasi sta distruggendo il diritto alla salute suffragato dall’articolo 32 della Costituzione. Ciò che non riesco proprio a sopportare sono quei politici che si addossano il merito di aver portato la sanità sotto il controllo regionale e risanato in parte il deficit corrente.
 
La sanità non è economia. La verità, inoltre, è che il deficit c’è ed è rimasto invariato se non, in alcuni casi, addirittura aumentato con la conseguenza che questo sfacelo lo stanno pagando ancora una volta i cittadini più deboli e oggi se ne vedono i risultati devastanti e catastrofici. Come se non bastassero i molteplici tagli a ospedali e strutture ci danno il colpo di grazia finale. Le assurde politiche di riorganizzazione e i tagli indiscriminati oltre a non aver portato nessun beneficio economico, hanno già prodotto gravissimi danni, alcuni irreversibili, al sistema sanitario regionale.
 
Io non ho una ricetta completa per risolvere il problema, trovarla sarebbe compito dei politici e dei burocrati pagati da tutti noi profumatamente. Mentre aspettiamo che la politica decida, purtroppo la gente muore, le barelle invadono i reparti, le strutture non funzionano per mancanza di personale, molti settori restano monumenti allo spreco, gli operatori negli ospedali e sul territorio sono demotivati e sottoposti a turni di lavoro a dir poco massacranti e molti di loro stanno morendo sul campo di battaglia. Io partirei da una riflessione fondata sulla logica.
 
Il servizio sanitario è definito nazionale perché deve avere un’organizzazione e un funzionamento uniforme sul territorio. Il diritto alla salute non dovrebbe cambiare se si è in Lombardia o in Molise. Quindi, finita questa pandemia, bisognerà trasferire il servizio allo Stato tornando al primato di una sanità pubblica di eccellenza come accadeva prima della riforma costituzionale. Alle Regioni sono state assegnate troppe funzioni, che svolgono spesso con scarso impegno e con confluenti interessi personali e clientelari. La situazione generale resta tragica e occorre trovare al più presto una soluzione almeno per raggiungere e garantire gli standard minimi di sopravvivenza.
 
Si metta fine una volta per sempre alla polifagia di potere dei ceti politici locali che hanno continuato e continuano a violare il principio fondante dell’uniformità delle prestazioni sanitarie e della non contendibilità della salute come valore costituzionale indipendentemente dalla collocazione geografica dei soggetti richiedenti tutela sanitaria. Si faccia presto prima che i danni diventino irreparabili.
 
Vincenzo Musacchio
Giurista e docente di diritto penale


09 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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