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Infermieri. Perchè si ha paura del cambiamento

di Marcello Bozzi

23 APR - Gentile direttore,
da qualche giorno, a seguito della presentazione della "Bozza di Accordo Stato Regioni recante l’ampliamento del profilo di competenze e delle responsabilità professionali dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico", si è sviluppato un acceso dibattito tra le due famiglie professionali che, sia da un punto di vista di numerosità, sia da un punto di vista di responsabilità, rappresentano il nucleo centrale del Sistema Sanitario Nazionale (senza nulla togliere ad altre famiglie professionali che, a seguire, si sono inserite nel dibattito).

Colpisce molto la posizione della componente medica che afferma (Troise - Anaao):
" ... pur nella consapevolezza della necessità di implementare le competenze della professione infermieristica, si esprimerà forte opposizione - con ogni mezzo - a provvedimenti di tipo puramente economicistico ....finalizzati anche a sopperire alle prossime carenze di medici ...."
" ... l'erosione di ambiti di autonomia professionale di medici e dirigenti sanitari ..."

"... La crisi che attraversa il SSN ... richiede un chiaro rapporto di ruoli e di responsabilità di tutti gli operatori che assicurano l’erogazione dei LEA.
La gestione del percorso clinico assistenziale, la gestione del trattamento farmacologico e la esecuzione di procedure chirurgiche, la prescrizione di dispositivi medici e la utilizzazione di strumenti di diagnostica sono prerogative strettamente connesse alla diagnosi e cura proprie solo dell’atto medico, la cui frantumazione può provocare pericolose interferenze professionali e negative ricadute in termini di efficacia e sicurezza ..."
O le esternazioni del Dott. Pizza (OMeO Bologna) che specifica “Finalmente si sta facendo chiarezza sugli ambiti di competenza professionale. Era ora che si iniziasse una discussione seria e concreta su questo tema”.
“Quello che chiedevano con quell’esposto – spiega Pizza a Quotidiano Sanità – era il rispetto della legge, e quindi che ogni profilo professionale compisse le mansioni che gli erano state attribuite per legge. E se una legge dello Stato ora stabilisce che gli infermieri possono compiere determinati atti medici mettendo mano al percorso formativo-universitario, noi non abbiamo più niente da ridire”.

Prima di entrare in alcuni dettagli di maggiore rilevanza che riguardano "la forma"  e  "la sostanza" è opportuno fare chiarezza sulle affermazioni degli autorevoli rappresentanti dei medici riportate da Quotidiano Sanità:
1. Relativamente alla presunta prossima importante carenza dei medici, ... questo è un falso problema. Al momento l'analisi dei dati relativi al rapporto medici/ ‰ abitanti nei Paesi OCSE vede l'Italia al primo posto.  La stessa analisi, considerando le prossime uscite per pensionamento, consente all'Italia di mantenere la posizione al momento in essere (o comunque una collocazione da "primi posti").
2. Per quanto concerne "l'atto medico", si ricorda che in Europa si parla di "atto sanitario".
3. "L'erosione di ambiti di autonomia e responsabilità di Medici e Dirigenti Sanitari" da parte degli Infermieri (forse è meglio dire "ampliamento degli ambiti di intervento e di attività") è una conseguenza diretta dei cambiamenti normativi, delle evoluzioni scientifiche e tecnologiche, dei diversi livelli culturali e della diversa formazione degli Infermieri.
4. Certamente è necessario fare chiarezza sui ruoli, sulle integrazioni, sulle collaborazioni, sulle interazioni e comunicazioni, sulle necessità di condivisione e sulle responsabilità dei singoli professionisti ad ogni livello delle articolazioni organizzative (dalla linea di produzione fino alla direzione aziendale).

Sulla base di ciò è bene ricordare che l'abilitazione all'esercizio professionale del medico è conseguente al completamento di un percorso formativo, che fornisce saperi specifici, che consente di afferire ed appartenere ad un preciso status giuridico, di ricoprire un ruolo e di operare in un determinato contesto.
Parallelamente anche l'abilitazione all'esercizio professionale dell'infermiere è conseguente al completamento di un percorso formativo, che fornisce saperi specifici, che consente di afferire ed appartenere ad un preciso status giuridico, di ricoprire un ruolo e di operare in un determinato contesto.
Le caratterizzazioni e le specificità dei due percorsi formativi (e dei saperi acquisiti) obbligano degli elevati livelli di integrazione ad ogni livello delle articolazioni organizzative, ma non consentono nessun tipo di "mutuabilità". Pertanto è indubbia la necessità di definire / ridefinire le nuove forme di collaborazione, di integrazione, di comunicazione, condivisione ... ed i relativi livelli di responsabilità, tenendo comunque conto del fatto che non è possibile pensare ad un professionista con livelli di conoscenze e competenze di più alto valore e livello rispetto al passato, ... che continua a lavorare con i metodi e le relazioni del passato. Non può funzionare!
Tutto ciò considerando che il management moderno prevede lo sviluppo dei modelli organizzativi "in orizzontale" (sistemi a matrice)  e non "in verticale" come i tanti e troppi nostalgici ancora vorrebbero.

Per quanto concerne "la forma" e "la sostanza" è opportuno concentrare le attenzioni sui seguenti aspetti:
 
Relativamente alla "sostanza":
* sono cambiate le situazioni epidemiologiche;
* sono cambiate le condizioni sociali e gli stili di vita;
* sono cambiati i bisogni della gente (con particolare riferimento all'aumento della cronicità e, di conseguenza, è cambiata la domanda;
* si è riscontrata una importante evoluzione scientifica e tecnologica (es. la robotica, la laparoscopia, l'endoscopia, l'artroscopia, la radiologia interventistica, l'approccio in emodinamica, etc. etc.), con indubbi vantaggi per il cittadino, .... ma senza alcuna rivisitazione delle strutture del sistema, in funzione degli investimenti realizzati (in poche parole si è tanto investito senza cambiare nulla di quello che c'era "a monte"!);
* sono cambiati i professionisti ed i livelli di conoscenze e competenze (come diretta conseguenza dell'evoluzione dei percorsi formativi e dei relativi curricola);
* sono cambiate le condizioni economiche del Paese e la sostenibilità del sistema sanitario e sempre più a rischio;
 
Relativamente alla "forma":
* sono cambiate le norme che disciplinano il funzionamento del sistema sanitario;
* sono cambiate le norme che disciplinano le singole professioni sanitarie;
* è cambiata la formazione dei professionisti;
* l'evoluzione normativa è stata molto forte, con un interessamento e un coinvolgimento che ha riguardato prevalentemente le professioni sanitarie "profilate". A titolo esemplificativo si evidenzia che le norme che disciplinano le attività del medico sono costituite da sei commi di due articoli del D.Lgs. 502/92 e s.m.i.. Di contro, nello stesso arco temporale, per le professioni sanitarie "profilate" sono state emanate 30 nuove norme.
 
Questi grandi cambiamenti obbligano una rivisitazione dell'intero sistema con importanti interventi sia nei modelli organizzativi (con il superamento delle situazioni arcaiche, abitudinarie e consuetudinarie), sia nei sistemi di cura e assistenza, con una grande attenzione al rispetto dei principi di efficacia, di efficienza e di appropriatezza, con il coinvolgimento diretto multi-professionale e multi-disciplinare, nel rispetto dei ruoli, delle autonomie e delle responsabilità dei singoli professionisti e delle caratterizzazioni delle singole professioni.
L'obiettivo non è quello di separare ma quello di unire e integrare, lavorando insieme (condivisione) sui progetti, sui percorsi e sui processi, con maggiori possibilità di garantire sia l'adeguatezza, la completezza e la continuità delle cure e dell'assistenza, sia la sicurezza, per le persone e per i professionisti.
 
Pertanto, piuttosto che fare grandi disquisizioni e/o proclami, spesso con livelli di conoscenza molto approssimativi rispetto alle norme esistenti (peraltro vecchie di 20 anni...e 20 anni in sanità sono una enormità!), forse è veramente giunto il momento di fare meno parole e più fatti, mettendosi intorno ad un tavolo e iniziare a costruire - insieme - qualcosa di diverso, funzionale sia al cittadino, sia al sistema.
In ultimo una considerazione/domanda: che sia giunto il momento di ripensare anche alla formazione del Medico?
 
Marcello Bozzi
Consigliere Collegio IPASVI Ancona
Direttore Area Scienze Infermieristiche e Direttore Dipartimento Professioni Sanitarie Azienda ospedaliera Universitaria, Siena


 

23 aprile 2012
© Riproduzione riservata

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