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La Riforma che verrà e l’organizzazione del lavoro

di Maria Puddu

26 OTT - Gentile Direttore,
il governo sta progettando la riforma del SSN, depauperato e snaturato nella sua essenza identitaria nel corso del tempo. La pandemia, efficace cartina tornasole, l’ha dimostrato in modo lapidario indicando le falle, le inadeguatezze e le follie degli squilibri territoriali. I medici e gli infermieri hanno fatto miracoli. Vorrei porre l’attenzione su alcune questioni che ritengo cruciali per il successo della riforma, giacché allignano in profondità, tuttavia, sono rilevanti e pervasive.
 
E’ dimostrato da numerosi studi che il progresso qualitativo e quantitativo, in qualsiasi ambito delle attività umane, correlano con la volontà di migliorare e crescere, con l’ottimismo e la fiducia nel proprio futuro, insiti nelle persone. La loro mancanza mina nel profondo la capacità collettiva di creare i presupposti per progredire.
 
E’ importante che nella riforma si apra una discussione sui temi che attengono la valorizzazione del lavoratore, la crescita professionale e l’inclusione, come anche la crucialità del lavoro nella costruzione dell’identità personale e autostima. Temi da tenere in debita considerazione quando si progetterà l’organizzazione del lavoro, così che la totalità dei lavoratori potrà giovarsi dei benefici che ne deriveranno. Il tokenism praticato in questi anni ha prodotto scontento e frustrazione.
 
Nonostante che in medicina ci sia stata un’accelerazione del progresso, l’organizzazione del lavoro, di converso, è progredita poco. La cosa è tangibile nelle unità di cura ospedaliere e territoriali, ma non solo. Il paradosso ha generato nei lavoratori un senso di inadeguatezza, insoddisfazione e sconforto. Malesseri percepibili in tutte le categorie, ma chi patisce maggiormente sono, verosimilmente, quelli di status più vulnerabile.
 
Le organizzazioni più progredite, a prescindere dalla loro missione, considerano strategici i temi di cui sopra, perché generatori di valore e decisivi per il successo. In sanità - il successo - collima con un elevato standard della qualità delle cure.
Un’organizzazione del lavoro progettata correttamente, riconosce le funzioni, le responsabilità e le prerogative di tutti i lavoratori, ma asseconda pure il giusto grado di autonomia, giacché stimola l’espressione della personalità e promuove la competenza.
Le comunità del lavoro devono rivendicare la natura di luogo in cui le persone sono poste costantemente al centro. In sanità in primo luogo i pazienti, ma immediatamente dopo i lavoratori.
 
E’ anche decisivo, oltre a predisporre un’organizzazione del lavoro appropriata, conferire alle relazioni intergruppo una funzione costitutiva e trainante il cambiamento.
 
La concezione di comunità del lavoro merita di essere ripresa, aggiornata e arricchita allontanandola da una visione limitante, nella quale la conoscenza e competenza individuale si apprezzano, perlopiù, come leve competitive per scavare una propria “nicchia ecologica” e migliorare lo status. All’opposto, per ricostituire relazioni fondate sul mutuo riconoscimento delle funzioni e competenze dell’altro, che in altre parole significa rifondare i legami di considerazione allentati; e per costituire relazioni interdipendenti funzionali a fare sistema, giacché imperniati sulla condivisione degli stessi valori fondanti, medesima missione ed obiettivo sovraordinato, che è quello di proteggere il SSN.
 
E’ imprescindibile l’impegno di tutti i membri della comunità multi professionale, dove ognuno si deve predisporre alla comprensione delle ragioni dell’altro.
La comunità del lavoro in sanità è, prevalentemente, costituita da due sottogruppi: il primo è quello che gli psicologi sociali definiscono “ingroup” e il secondo “outgroup” (Tajfel, H.; Hogg, M.A.). L’outgroup è costituito da coloro che si percepiscono non totalmente affiliati, svantaggiati e soggetti a deprivazione relativa.
 
Per far progredire la sanità, è cruciale un cambio di mentalità che deve virare verso una cultura del lavoro più aperta, collettivista e inclusiva. Sarà il paziente che ne trarrà beneficio, ma anche i professionisti, siano essi medici o infermieri.
La riforma non può prescindere da una politica di reinvenzione dell’organizzazione del lavoro e di riqualificazione delle relazioni interprofessionali, da considerare value drivers straordinariamente potenti. La combinazione della loro assenza continuerà a produrre pessimismo e disgregazione.
 
Questo tragico tempo connotato e segnato dalla pandemia, ma anche dall’opportunità offerta dai fondi per Next Generation EU, contiene la promessa di un nuovo umanesimo della sanità.
 
Tuttavia, un piano di riforme che non cerca una strada che combini innovazione organizzativa e inclusione di tutti i lavoratori precipiterà fatalmente combinando nuova e vecchia insoddisfazione a danno di tutti.
 
Maria Puddu
Scienze Cognitive e Processi Decisionali
 
 


 

26 ottobre 2020
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