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Campania. Riabilitazione e assistenza socio-sanitaria. Otto associazioni in “stato di crisi”

di Ettore Mautone

Prevista, per domani, un'assemblea generale. In una lettera indirizzata a Caldoro le associazioni contestano le nuove tariffe, la stima dei tetti di spesa, il nuovo istituto della compartecipazione della spesa e il piano di riconversione dei posti letto delle strutture riabilitative per pazienti non autosufficienti in Rsa

05 FEB - In una lunga lettera aperta recapitata nei giorni scorsi al presidente della Regione Stefano Caldoro, il neonato coordinamento dei centri ex convenzionati, che riunisce le principali sigle dell’assistenza accreditata campana, riannoda i fili di una vertenza con la struttura commissariale arenatasi su quattro punti principali: l’insostenibilità delle nuove tariffe stabilite dalla Regione, la sottostima dei tetti di spesa fuori misura rispetto al reale fabbisogno assistenziale ordinato dalle stesse Asl. E ancora: l’istituto della compartecipazione della spesa (ticket dal 30 al 50 per cento delle rette a carico di Comuni e pazienti come prevedono le norme) che vede i Comuni insolventi sin dal 2012 con una sostanziale perdita di esercizio non recuperabile.
 
Infine il controverso piano di riconversione dei posti letto delle strutture riabilitative per pazienti non autosufficienti in Rsa (Residenze sanitarie assistenziali) che non offre garanzie né un percorso condiviso. Abbastanza per mettere in ginocchio un intero settore assistenziale. Il Coordinamento, di cui è portavoce il presidente dell’Aspat Pier Paolo Polizzi è composto da Aiop, Anffas, Anisap, Anpric, Aspat, Confapi, Confindustria Sanità, Federlab Riabilitazione). Condensata In un dossier-libro bianco la piattaforma rivendicativa da sottoporre alla Regione e agli altri interlocutori istituzionali invitati al tavolo.

Silvana Papa, presidente di Confapi Sanità, punta il dito “sull’assurdo taglio delle prestazioni disposto nel 2014 (fino all’11% delle prestazioni riabilitative ambulatoriali e domiciliari) per le Asl napoletane. “Ciò impone drastici tagli occupazionali e incremento delle liste di attesa per i cittadini disabili pregiudicando l’accesso a prestazioni che rientrano nei livelli essenziali di assistenza”.

“I vertici della sanità regionale – aggiunge Gianni Severino, presidente di Confindustria Sanità Napoli - pensano che le nostre proteste siano motivate solo da interessi economici. Non è così: oltre a salvaguardare centinaia di unità lavorative qualificate siamo schierati con le centinaia di bambini sui quali se non s’interviene con immediatezza si corre il serio rischio di ritrovarseli con handicap conclamati. Anche gli adulti se riabilitati nei tempi giusti potrebbero ritornare alle attività lavorative e non andare a rimpinguare la schiera dei depressi pensionati per malattia”.

Gravissimo, poi, il problema della compartecipazione alla spesa sociosanitaria (ticket) che va dal 30 al 50 per cento del costo delle prestazioni. “Tutte le istituzioni deputate – dice Bruno Pizza presidente dell’Anpric - sembrano ignorare che Comuni e piani di zona sono debitori di oltre il 90% circa della quota compartecipativa prevista dalla legge. Crediti che risalgono al giugno 2012 e che sicuramente superano i 50 mln. Nodo aggravato dalla vergognosa circostanza che quasi tutti i Comuni, invece di affrontare la questione cercando di reperire i fondi per i propri concittadini, anche cimentandosi in una dura contrapposizione con il governo centrale, inventano ogni giorno meschine scuse per sottrarsi al pagamento della loro quota, di fatto condannando i Centri erogatori all’insolvenza”.

Assistenza a rischio
La dura realtà è che migliaia di famiglie sono in difficoltà e temono l’ennesimo salto nel buio. “La novità di quest’evento assembleare – conclude Giuseppe Miranda vice presidente Regionale Aspat - è che l’insieme delle criticità del comparto riabilitativo e sociosanitario campano vengono affrontate per la prima volta in modo interdipendente e sopratutto ad inizio anno d'esercizio. Insomma, per garantire ai cittadini la continuità e la qualità dei Livelli Essenziali di Assistenza, le strutture erogatrici necessitano di certezze e stabilità, ancorpiù oggi nella loro nuova veste di Centri istituzionalmente accreditati nell'ambito della Sanità pubblica”.

Il pasticcio delle tariffe e la transazione mancata
Ma affrontiamo nel merito le questioni irrisolte e i motivi della crisi: “Dopo oltre un decennio di contenziosi in materia tariffaria – spiega Polizzi - nel 2013 si è pervenuti ad un esito favorevole dei ricorsi promossi dalle associazioni di categoria attraverso le pronunce del Consiglio di Stato n°740 e 741/2013 in tema di tariffe riabilitative 2003-2008 e di tariffe socio sanitarie dal 2009. Sentenze che accolgono in pieno le ragioni delle associazioni annullando le tariffe approvate dalla Regione Campania rispettivamente nel 2009 e nel 2010. A seguito di ciò, nel corso del 2013 ed in esito ad un articolato e proficuo lavoro congiunto con la struttura Commissariale si arriva a un accordo trasfuso in due decreti commissariali (n°81/2013 per le tariffe delle prestazioni riabilitative ex art. 26 e n°92/2013 per quelle socio sanitarie)”.

Su tali nuove tariffe, prosegue Polizzi, “è intervenuto in seguito il parere negativo dei Ministeri affiancanti su alcuni specifici rilievi. Da qui la necessità di procedere ad una nuova determinazione tariffaria. Ma laddove nel corso del nuovo procedimento si era arrivati ad un pre-accordo transattivo tombale e a una ridefinizione che sanasse solo i punti sottolineati dal ministero con un contestuale equo e concordato riconoscimento dei relativi crediti la struttura commissariale guidata da Mario Morlacco non solo ha dato luogo alla mancata piena applicazione dell’accordo siglato per le tariffe socio sanitarie (in particolare il riconoscimento di arretrati), ma anche previsto un’autoritativa determinazione delle nuove tariffe riabilitative con pretestuose chiusure all’ ipotesi transattive tombali ed addirittura una assurda rideterminazione al ribasso (a distanza di oltre 10 anni dagli esercizi interessati) rispetto alle precedenti tariffe determinate dalla Regione nel 2009 sebbene queste siano già state clamorosamente bocciate dal Consiglio di Stato. Bocciature motivate dal non aver correttamente determinato il costo del lavoro e dall’insufficiente valorizzazione di alcuni istituti contrattuali e di alcuni voci di costo”. Insomma assenza di un intervento urgente e risolutivo del presidente della Regione Stefano Caldoro non potranno essere assicurati – a breve – gli attuali livelli assistenziali ed occupazionali.

Tetti di spesa e correlato fabbisogno assistenziale
C’è poi la questione dei tetti di spesa: “A fronte di maggiori assegnazioni per l’anno 2014 di circa 400 milioni di euro – avverte Salvatore Parisi dell’Anffas - al fondo sanitario regionale, oltre dieci mln sono stati sottratti all’assistenza riabilitativa e per alcune Asl è stato operato un taglio del fondo per la riabilitazione addirittura del 16 per cento complessivo. Sono valori esiziali che provocheranno oltre all’ovvia riduzione dell’assistenza anche licenziamenti e proporzionali ai tali e inevitabili migrazioni sanitarie in cui la Campania è già fanalino di coda in Italia”.

Compartecipazione alla spesa socio sanitaria
C’è poi il nodo gravissimo della compartecipazione alla spesa sociosanitaria. “Tutte le istituzioni deputate – spiega Bruno Pizza - sembrano ignorare che i Comuni e i correlati ambiti territoriali sono debitori di oltre il 90% circa della quota compartecipativa prevista dalla legge e da erogare alle strutture assistenziali maturata dal 1 giugno 2012; si tratta di cifre non ancora calcolate ma che sicuramente superano i cinquanta milioni di euro considerato che la compartecipazione va dal 30 al 50 per cento del costo delle prestazioni. Il problema è aggravato ulteriormente dalla vergognosa circostanza che quasi tutti i comuni, invece di affrontare positivamente la questione cercando di reperire i fondi per l’assistenza dei propri cittadini, anche cimentandosi in una dura contrapposizione con il governo centrale, inventano ogni giorno meschine scuse per sottrarsi al pagamento della loro quota, di fatto condannando gli erogatori all’insolvenza”. E a nulla è servito per superare lo scoglio inserire nella finanziaria regionale del 2013 il fondo unico di ambito cui attingere per il pagamento delle prestazioni. Dal 2012 i Comuni non pagano la propria quota a causa dei tagli alla spesa pubblica dichiarandosi insolventi mettendo fuori gioco i livelli essenziali di assistenza sociosanitari “con ciò sostanzialmente rovesciando tutte le criticità legate alla cronica ed ingravescente insolvenza dei Comuni sulle spalle dei soli erogatori”.

Piano di riconversione dei posti letto per disabili residenziali e semiresidenziali in Rsa.
Infine, nel dossier riabilitazione in Campania, figura il farraginoso completamento del percorso di accreditamento istituzionale delle strutture private campane per le attività residenziali e semiresidenziali (ex articolo 26) in Rsa sulla base del fabbisogno programmato per singola Asl. Riconversioni motivate da un eccesso di posti letto rispetto al fabbisogno individuato. Procedure complesse che però andrebbero completate entro la fine del prossimo maggio. “Tempi stringenti e inadeguati – conclude Parisi - inoltre il fabbisogno programmato dalla Regione in base a rigidi ed asettici coefficienti nazionali, risulta non solo non rispondente alla complessiva domanda assistenziale per tali regimi erogativi ma addirittura notevolmente inferiore rispetto agli attuali carichi assistenziali per i trattamenti in corso presso le strutture erogatrici, con tutte le intuibili e deflagranti conseguenze in termini assistenziali”. Un ulteriore elemento di criticità è la mancanza di certezze circa il finanziamento e la contrattualizzazione dei nuovi posti letto residenziali riconvertiti peraltro dopo ingenti investimenti già effettuati per rispondere ai precedenti criteri di accreditamento”.

Le richieste
La richiesta è dunque la costituzione immediata di un tavolo regionale congiunto che affronti tutti i nodi sul tappeto legati all’attuazione dei quattro punti della piattaforma rivendicativa nell’ambito “di un percorso chiaro e di indispensabile collaborazione che non può veder estromessi, quale mera parte passiva, i principali attori di tale processo e ancor meno dimenticare gli assistiti e i cittadini”.
 
Ettore Mautone

05 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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