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Piano liste d’attesa del Lazio. Per la Cimo “bene, ma non si tocchi l’intramoenia”


Il sindacato accoglie con favore il provvedimento della Regione Lazio, ma contesta la correlazione fatta tra liste d’attesa e intramoenia: “E’ un’associazione falsa e fuorviante, la vera causa delle liste di attesa è la grave carenza di prestazioni e di organizzazione dei servizi pubblici”.

14 APR - “Bene la presentazione del decreto per il governo delle liste d’attesa del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, ma si lasci stare l’intramoenia e si smetta di attribuire tutte le cause della malasanità laziale alle visite private”. Così Renato Andrich, Segretario Regionale Vicario Cimo Lazio, commenta il piano per abbattere le lista d’attesa, sottolineando però che “si prende atto con soddisfazione dell'iniziativa regionale, ma sarebbe necessario rendere strutturale il potenziamento delle prestazioni istituzionali rese gratuitamente ai cittadini per soddisfare i reali bisogni e riorganizzare il servizio delle cure primarie e dell'assistenza ambulatoriale mettendo in campo tutte le risorse, per offrire un sistema realmente efficace”.

 Per Cimo Lazio, però, “bisogna smetterla di correlare con ossessività il problema delle liste d’attesa con l'attività libero professionale dei medici dipendenti pubblici. E’ un’associazione falsa e fuorviante, la vera causa delle liste di attesa è la grave carenza di prestazioni e di organizzazione dei servizi pubblici”. Secondo Andrich “mentre cresce il pericoloso fenomeno della medicina low cost e prospera la sanità privata, le accuse demagogiche contro la libera professione dei medici servono solo a nascondere le vere carenze del nostro sistema sanitario. E' assurdo tentare di collegare il malfunzionamento delle aziende sanitarie, con i loro problemi organizzativi, con quello che i medici pubblici fanno nel loro tempo libero. Sarebbe una correlazione motivata solo se i medici dirottassero i pazienti istituzionali nella loro libera attività, e per verificarlo basterebbero un’adeguata  sorveglianza e punizioni esemplari, o nel caso in cui ci fosse una riduzione strumentale da parte delle aziende sanitarie di servizi istituzionali per realizzare risparmio di gestione e incremento di profitto sulle percentuali della libera attività dei propri medici”.

“Fuori di queste due ipotesi perverse  - conclude il Segretario Regionale Vicario Cimo Lazio - la libera professione non deve essere collegata con le liste d’attesa. E' tempo che le aziende sanitarie svolgano seriamente i compiti loro assegnati dall'art. 32 della Costituzione, nelle finalità individuate dalla legge 833 istitutiva del SSN, assicurando l'universalità delle cure in un sistema solidale finanziato con la fiscalità generale, senza ricercare alibi fuorvianti”.

14 aprile 2017
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