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Pediatri e neonatologi si alleano


27 OTT - Tra i metodi per garantire il corretto sostegno a un bambino che cresce, c'è quello che riguarda la continuità tra le cure neonatali e quelle pediatriche. Per questo tra gli avvenimenti sanciti in questo 19esimo Congresso SIN c'è anche un’alleanza tra i neonatologi, che seguono il bambino nei primi giorni di vita, e i pediatri, a cui i genitori si rivolgono sin dalle prime settimane. La SIN, Società Italiana di Neonatologia, sostiene infatti l’importanza di un “programma di sorveglianza” articolato che comincia nel momento della nascita e richiede circa un mese, prima che il neonato possa essere definito “normale”.
 
“La sorveglianza dello stato di salute del nuovo nato va sistematicamente attuata con controlli ravvicinati per tutto il primo mese di vita”, ha affermato il Presidente della SIN, Costantino Romagnoli. “Un processo che coinvolge il neonatologo ed il pediatria di famiglia e di cui vanno, attraverso idonee raccomandazioni, fissate le modalità e la tempistica”.
Questa storia inizia con la nascita, momento fondamentale per la futura normalità di vita. L’adattamento respiratorio e quello cardiocircolatorio vengono accuratamente valutati dal neonatologo/pediatra sin dai primi minuti con l’Indice di Apgar. L’esame clinico accurato che segue la nascita e che tende a rispettare le fasi di adattamento neuro-comportamentale del neonato al suo nuovo mondo è il secondo passo verso la normalità. Poi inizia l’avventura dell’alimentazione, al seno (per i più fortunati) o comunque con il latte materno donato o con la formula (per i meno fortunati). Ma l’avvio delle normali funzioni gastro-enteriche deve essere accuratamente valutato in ogni caso nei primi giorni di vita insieme con le variazioni ponderali. L’ittero (colorazione gialla della cute) crea talora molti problemi, ma ne creerà molti di meno se gestito in base a raccomandazioni elaborate da una task force della SIN, sia in ospedale che dopo la dimissione. Le infezioni sono un problema rilevante che spesso mette a rischio la vita. Quelle precoci sono diagnosticate e curate in ambiente ospedaliero. Quelle tardive, che possono coinvolgere neonati già dimessi, possono diventare un problema rischioso per la scarsa specificità dei sintomi che presentano. Gli screening clinici e soprattutto quelli relativi alle malattie metaboliche congenite fanno parte dell’assistenza in ospedale, ma spesso vengono diagnosticate quando il bambino è già a casa.
 
Ecco allora che i pericoli che il neonato corre divengono un problema che deve coinvolgere necessariamente il pediatra/neonatologo ospedaliero e il pediatra di famiglia. Il pericolo “bianco” può essere affrontato in ospedale (valutazione neurologica e clinica per le encefalopatie) ma richiede la collaborazione del pediatra se lo screening neonatale identifica una malattia metabolica congenita. Il pericolo “blu” viene molto limitato dallo screening pulsiossimetrico, ma un quarto delle cardiopatie può dare sintomi e segni solo dopo la dimissione. Il pericolo “giallo” viene gestito bene dal neonatologo, ma richiede un’attenta osservazione da parte del pediatra anche per la comparsa tardiva delle sindromi colostatiche. Infine il pericolo ”grigio” è sempre in agguato e, superato il periodo di degenza in ospedale, può manifestarsi tardivamente a casa.
Solo una appropriata gestione ospedaliera del neonato “apparentemente” normale seguita da una altrettanto appropriata gestione da parte del pediatra di famiglia potrà consentire di definire il neonato “normale”, perché alla fine del primo mese di vita non sarà più in grado di ingannare nessuno. E non perché non sarà più ingannevole o bugiardo, ma perché noi saremo in grado di capirlo meglio di come sappiamo fare nelle fasi più precoci della vita.  

27 ottobre 2013
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