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Tavola rotonda Iss: la sintesi degli interventi


20 GEN - Ecco una sintesi degli interventi alla tavola rotonda organizzata oggi all’Istituto superiore di Sanità nell’ambito del Seminario Nazionale su Farmaci e Donne.

Antonio Tomassini, presidente della Commissione igiene e sanità del Senato. Quello della diversità di genere è un problema di grande attualità politica. Tutte quelle integrazioni, che fino ad oggi sono mancate o sono risultate del tutto insufficienti, devono essere considerate anche in tema di prevenzione. Ritardi delle diagnosi, cure sbagliate, mancanza di appropriatezza, sono questi i gap da colmare dopo anni di ritardo e miopia su questi problemi di genere. Un ruolo importante dovrebbe essere ricoperto dalla ricerca indipendente dell’Aifa, che dovrebbe avviare studi indipendenti. Potremmo anche cogliere l’occasioni per farci promotori in Europa di uno studio sulle reazioni avverse dovute ad una sperimentazione dei farmaci ancora troppo miope in quest’ottica. Infine, voglio sottolineare l’importanza della comunicazione. Questi non possono essere relegati a temi da riviste femminili, ma devono diventare una vera e propria priorità per il Ssn.

Livia Turco, membro della Commissione affari sociali della Camera. Nel proporre questo indirizzo di politica della salute in ottica di genere, già anni fa, avevamo pensato a rendere più efficace l’universalismo, ossia il baluardo della sanità pubblica. Bisogna porre al centro l’art. 32 della Costituzione, facendosi carico di queste diversificazioni di genere per promuovere una reale equità ed una migliore appropriatezza delle cure. Per poter sviluppare la ricerca di genere voglio oggi avanzare due proposte. La prima, che avevo avuto già occasione di proporre durante il mio mandato di Ministro della Salute, è quella di destinare ad esempio una quota significativa delle risorse che, in base all’articolo 12 del decreto legislativo 502 (art.12 bis), sono attribuite ogni anno al Ministero della Salute. Questo finanziamento andrebbe nella direzione auspicata dall’OMS, che ha sottolineato la necessità di sviluppare la medicina di genere in modo da ottimizzare così terapie e prevenzione rispetto al target femminile in cui è sempre più evidente che farmaci e patologie si comportano in modo differente rispetto al target maschile. La seconda proposta, è quella di intervenire sui processi di autorizzazione dei nuovi farmaci prevedendo, anche in accordo con l’agenzia europea dei medicinali (Ema), di inserire tra i requisiti per l’autorizzazione all’immissione in commercio dei nuovi medicinali, la clausola che parte dei trials clinici siano stati effettuati su una quota significativa di donne.

Sergio Dompè, presidente Farmindustria. Quello che attualmente il nostro Paese sta attraversando, è un periodo molto delicato e di grande pressione competitiva a livello internazionale. In Europa, ed in particolare in Italia, si è negli anni sviluppata un’ottica solidaristica del sistema che ritengo di grande importanza. In questo modo però, a differenza  ad esempio degli Stati Uniti, acquisiamo ‘masse critiche’. Negli Usa si arriva ad investire in ricerca esattamente il doppio in rapporto al Pil rispetto a noi, ma lì manca una visione di tipo universalistico. Noi come Europa possiamo creare una grande area di progresso non solo scientifico, ma sociale. La medicina di genere è una grande opportunità, anche perché le donne, oltre a vivere più a lungo rispetto agli uomini, fanno un uso molto maggiore di farmaci.  Va però sottolineato che non è tutto nero. oltre il 50% della ricerca farmaceutica viene portata avanti da donne. Oltre il 20% dei ruoli dirigenziali, a differenza di altri settori, è ricoperto da donne. Ad oggi noi possiamo dire tra l’altro di avere oltre mille farmaci in sviluppo studiati specificamente per la donna. La ricerca farmaceutica oggi con il suo lavoro contribuisce a sviluppare un’ottica di genere nel Paese. Quella che ci aspetta è una sfida da affrontare insieme, in sinergia con istituzioni pubbliche e private.

Simona Montilla, dirigente farmacista centro studi Aifa. L’individualizzazione della terapia necessita di includere un analisi improntata sulla differenza di genere. Solo negli studi sulla riproduzione si è presa realmente in considerazione la sperimentazione sulle donne, per tutti gli altri settori la loro presenza è sempre ben al di sotto del 50%. E questo nonostante le donne siano le maggiori consumatrici di farmaci, statistica che si inverte solo dopo i 75 anni di età. Anche le reazioni avverse ai farmaci sono in maggioranza segnalate da donne. Questo può esser dovuto a diversi fattori, di certo però, grande importanza assume il fatto che le sperimentazioni dei farmaci vengono fatte senza considerare le diversità di genere, ad esempio con dosaggi tarati per soggetti superiori ai 70 kg. Ci sono però anche buone notizie. È stata ieri sera ufficializzata, con la firma da parte del direttore generale Guido Rasi, la costituzione di un gruppo di lavoro su farmaci e medicina di genere. Questo progetto nasce con l’intenzione di raggiungere alcuni ambiziosi obiettivi, tra i quali: la messa a punto di nuovi modelli sperimentali clinici, la creazione di progetti comunicativi volti a far conoscere ai cittadini l’esistenza e l’importanza della medicina di genere, la sensibilizzazione dei comitati etici per una più nutrita rappresentanza femminile all’interno dei trials clinici, ed infine, l’ideazione di nuove linee guida riguardanti la sperimentazione clinica.
 
Laura Guidoni, dirigente di ricerca Iss. Le aspettative di vita uomo-donna sono diverse. Le donne sono più longeve, ma, rispetto agli uomini, la loro vita in età avanzata sembra più caratterizzata da un cattivo stato di salute. Questo è dovuto a diversi fattori. Ad esempio nella sperimentazione dei farmaci, le donne vengono incluse solo per quelle patologie prettamente femminili, mentre in tutti gli altri casi si riscontrano percentuali minime di partecipazione femminile. Il problema in parte è di carattere economico, perché la diversificazione della ricerca comporta una spesa maggiore, dall’altro lato si riscontrano anche problemi di tipo etico, possiamo fare l’esempio dell’uso di contraccettivi orali durante il periodo della sperimentazione che può comportare una seria problematica per gli istituti di ricerca cattolici. Quello a cui si dovrebbe mirare, non è solo una maggior presenza di quote rosa nelle sperimentazioni, ma anche all’interno dei comitati.

Rosaria Iardino, presidente Donne in rete. Le differenze di genere sono percepibili in tutte le fasi del processo assistenziale. Particolare importanza assume la comunicazione di genere. Oggi sempre più notizie vengono cercate in rete, infatti con questo scopo il web è utilizzato dal 66% delle donne e dal 70% degli uomini. Una scommessa di grande importanza sarà quella di far accedere a queste informazioni anche quella parte di popolazione anziana non abituata all’utilizzo del pc. Vista quindi l’importanza assunta dal web nella ricerca di notizie e di conferme, è necessario investire molto in termini di comunicazione in questo campo, specie per sensibilizzare i cittadini, e le donne in particolare, sul tema della medicina di genere. Vorrei poi sollevare un problema fondamentale in relazione a quanto precedentemente detto dal presidente Dompè. Per poter parlare di farmaci di genere, sono necessari veri trials di genere. Propongo al presidente di Farmindustria di farsi promotore di un vero tavolo a Bruxelles che tratti l’argomento a livello europeo. Si potrebbero ad esempio promuovere degli incentivi sulla ricerca di farmaci che vengano testati anche su una considerevole percentuale di donne.

Francesco Rossi, rettore II università di Napoli. Quello dell’equità nel diritto alla salute, è un tema attuale in Italia. Il nostro Ssn sancisce il diritto alla salute per tutti i cittadini, ma oggi possiamo facilmente vedere come questo non sia una realtà effettiva ed omogenea su tutto il territorio nazionale. Esistono delle forti differenze e criticità a livello regionale. Anche uomini e donne appaiono sempre più diversi tra loro per quel che riguarda l’incidenza di patologie e le risposte ai farmaci. Oggi voglio sottolineare quanto sia importante che la nuova legge sulla sperimentazione clinica includa al suo interno il tema dei trials di genere. In Italia non ci sono donne che partecipano alla Fase 1 delle sperimentazioni. Abbiamo farmaci equivalenti messi in commercio che non hanno avuto una sperimentazione sulle donne. Possiamo dire che rispetto al passato il trend è in leggera crescita, ma i tassi sono ancora troppo bassi. Ricordiamo che la Food and Drug Administration ha un settore specifico che si occupa di donne. Noi su questo tema siamo ancora molto indietro, dobbiamo migliorare per poter offrire un servizio che tenga molto più in conto l’appropriatezza delle cure.

20 gennaio 2011
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