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Che fine ha fatto l’influenza? Anche quest’anno pochi casi. Merito della “competizione” tra virus ma anche della vaccinazione antinfluenzale. Intervista a Antonino Bella (Iss)

di Ester Maragò

Anche in questa stagione resta basso il numero di virus influenzali isolati dai laboratori della rete InfluNet (il 2% sul totale dei tamponi effettuati), a “farla da padrone”, anche se con una bassa incidenza, sono state le sindromi simil-influenzali, soprattutto il virus respiratorio sinciziale e il Sars-CoV-2. E proprio la circolazione in modo molto diffuso del virus Sars-CoV-2 potrebbe aver contribuito alla riduzione della circolazione del virus influenzale stagionale. Ma un ruolo l’ha avuto anche l’incremento delle vaccinazioni anti influenzali
 

07 MAR - Anche quest’anno l’influenza è stata messa nell’angolo. Dopo gli zero casi della scorsa stagione, i radar della rete InfluNet dell’Iss hanno registrato appena un 2% di tamponi di positivi ai virus influenzali. Mentre a “farla da padrone” sono stati soprattutto il virus respiratorio sinciziale e il Sars-CoV-2. Sindromi simil-influenzali caratterizzate comunque da una bassa incidenza. E allora perché si continua a parlare di influenza quando in realtà abbiamo a che fare soprattutto con altri virus respiratori? Dobbiamo quindi continuare a vaccinarci contro l’influenza alla luce di questi risultati?
 
Ne abbiamo parlato con Antonino Bella del Dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto superiore di sanità e responsabile della Sorveglianza epidemiologica InfluNet, che non ha avuto dubbi: bisogna continuare a vaccinarsi, perché l’influenza è sempre dietro le porte e ogni stagione conta mediamente diecimila persone decedute. Inoltre, queste stagioni caratterizzate dalla pandemia sono un’eccezione: la brusca frenata dell’influenza è infatti dovuta alle misure di prevenzione adottate contro il Sars-CoV-2 e all’aumento delle copertura vaccinale antinfluenzale raggiunta nella popolazione. Ma non solo, anche il fenomeno della “competizione virale”, potrebbe aver fatto la sua parte: la circolazione in modo molto diffuso del virus Sars-CoV-2 potrebbe aver frenato la circolazione del virus influenzale stagionale.
 
Dottor Bella i dati InfluNet sembrerebbero dirci che anche quest’anno l’Influenza è praticamente sparita. E così?
In un certo senso sì, ma a differenza della scorsa stagione in cui non abbiamo isolato nessun virus dell’influenza, questa si è caratterizzata per una bassa circolazione dei virus influenzali e una bassa incidenza delle sindromi simil-influenzali. Quest’ultime in realtà hanno fatto registrare un picco nell’ultima settimana di dicembre, poco più del 5 per mille, per poi diminuire dopo Natale e terminare di fatto nella prima settimana di febbraio. La maggior parte delle sindromi simil-influenzali registrate quest’anno non sono però attribuibili al virus dell’influenza ma ad altri virus respiratori, soprattutto al virus respiratorio sinciziale e al Sars-CoV-2.
In numeri, dei circa 7mila campioni analizzati dai laboratori InfluNet appartenenti alla rete di sorveglianza virologica, solo 143 erano positivi ai virus influenzali (138 tipo A e solo 5 di tipo B). Il 2% di tutti i campioni analizzati.
 
E allora perché si continua a parlare di influenza e di vaccinazione antinfluenzale quando in realtà abbiamo a che fare soprattutto con altri virus respiratori. Cosa è emerso su questo fronte e quali sono le differenze con quelli influenzali?
Andiamo per ordine. Con il termine di sindrome simil-influenzale (influenza like illness, ILI) si intende una infezione virale con sintomi simili a quelli dell’influenza ma che può essere causata da una serie di virus oltre a quelli dell’influenza vera e propria tra i quali si possono annoverare il Sars-CoV-2, il virus respiratorio sinciziale, che colpisce maggiormente i bambini molto piccoli, fino agli adenovirus, i rhinovirus, e i virus parainfluenzali e agli altri coronavirus diversi dal Sars-CoV-2.
Virus che il sistema di sorveglianza InfluNet - composto da più di mille tra Mmg e Pdl e da 22 laboratori di riferimento regionali - ha voluto mettere “sotto la lente” proprio per individuarli in maniera più precisa. Questo anche in linea con le indicazioni dettate dall’Ecdc.
Tutto ciò ci ha permesso di capire che gran parte delle ILI di quest’anno erano invece attribuibili al coronavirus Sars-CoV-2 e al virus respiratorio sinciziale, tant’è che si sono registrati diversi casi di ricoveri in terapia intensiva di piccoli pazienti.
 
Ma se l’influenza tout court ha in realtà una incidenza così bassa rispetto agli altri virus respiratori ha senso continuare a vaccinarsi?
Su questo punto dobbiamo fare una premessa: quanto stiamo osservando in questa stagione e abbiamo rilevato nella precedente è una eccezione. Il basso numero di virus influenzali isolati dai laboratori della rete InfluNet (2% sul totale dei tamponi effettuati) di quest’anno e nessuno identificato lo scorso anno – è, da un lato il frutto delle misure di prevenzione adottate contro il SarsCoV-2, quindi distanziamento e mascherine, e dall’altro anche, probabilmente, dell’incremento delle vaccinazioni anti influenzali. Non abbiamo ancora il dato 2021-2022 (dovrebbe essere disponibile alla fine di aprile), ma nell’autunno 2020 si è vaccinato il 23,7% degli italiani con quasi sette punti percentuale in più rispetto all’anno precedente (16,8%) e la copertura vaccinale tra gli over 65 ha fatto un balzo in avanti di più di 11 punti percentuale arrivando al 65,3%. E siamo ancora lontani dall’obiettivo minimo del 75% fissato dall’Oms. Ma l’assenza di circolazione dei virus influenzali nel contesto della pandemia da Covid-19 può dipendere oltre che dall’adozione delle misure di prevenzione e dall’aumento delle copertura vaccinale antinfluenzale raggiunta nella popolazione, ma anche da un altro fenomeno.
 
Quale?
Quello della competizione virale. I nostri virologi ci dicono che la presenza massiva di un virus nella popolazione può impedire la circolazione degli altri. In sostanza, la circolazione in modo molto diffuso del virus Sars-CoV-2 potrebbe aver contribuito alla riduzione della circolazione del virus influenzale stagionale, anche se non può spiegarne l’eliminazione completa.
 
Insomma, tornando alla domanda precedente, ha senso continuare a vaccinarsi contro l’influenza?
Assolutamente, bisogna continuare a vaccinarsi. L’influenza è sempre dietro le porte, nonostante la sua variabilità: negli anni siamo passati da 2milioni e mezzo di persone colpite a più di otto milioni di malati, con mediamente diecimila persone decedute in ogni stagione. Anzi, ricordo che il 25 febbraio scorso l’Oms ha già comunicato la composizione del vaccino antinfluenzale per la prossima stagione. Il nuovo vaccino conterrà due nuove varianti antigeniche: quella di tipo A, sottotipo H3N2, e quella di tipo B, lineage Victoria.
 
Che armi abbiamo invece contro le sindromi simil influenzali?
I patogeni che danno un quadro clinico di sindrome simil-influenzale sono diversi e spesso producono effetti blandi come, per esempio, i coronavirus stagionali che si manifestano come un semplice raffreddore. Per l’influenza abbiamo un vaccino sicuro ed efficace a prevenire le forme gravi. Per altri non esiste un vaccino ma si sta lavorando per svilupparne, per esempio, uno contro il virus respiratorio sinciziale. Infine si sottolinea l’importanza delle misure di igiene e protezione individuale quali: lavare regolarmente le mani, coprire bocca e naso quando si starnutisce o tossisce, isolarsi volontariamente a casa se si presentano sintomi attribuibili a malattie respiratorie ed evitare il contatto stretto con persone ammalate.
 
Ultima domanda, anche quest’anno Rosolia e Morbillo sono scomparsi dai vostri radar?
Nel 2020 abbiamo registrato solo 9 casi di morbillo e 2 di rosolia, nei mesi di gennaio e febbraio di quest’anno, zero caso di morbillo e solo uno di rosolia. Anche su questo fronte le misure di prevenzione adottate per contrastare la pandemia, lavaggio delle mani e mascherina e quando possibile il distanziamento, si sono dimostrate efficaci.
 
Ester Maragò

07 marzo 2022
© Riproduzione riservata

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