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Difetti cardiaci congeniti. E se la colpa fosse dei mitocondri?


Uno studio italoamericano sembrerebbe dimostrare che non è il nucleo a controllare questi organelli, ma invece siano loro a controllare l’espressione dei geni nucleari. Nello specifico, quando i mitocondri non funzionano al meglio, è impedito il corretto sviluppo delle cellule muscolari cardiache .

05 OTT - È stato dimostrato per la prima volta: i mitocondri sono in grado di determinare il destino della cellula: non sono solo le centrali elettriche delle cellule e coloro che smaltiscono quelle vecchie o danneggiate, ma anche quelle che determinano i tipo di tessuto che queste diventeranno. Questo nuovo studio, svolto dai ricercatori dell’Istituto Telethon Dulbecco in collaborazione con l’Università di Washington e pubblicato su Science, suggerisce anche nuovi potenziali meccanismi genetici alla base di alcune cardiopatie congenite.
 
Secondo la teoria attuale sulla loro formazione, questi organelli deriverebbero da batteri ancestrali che hanno invaso altre cellule, diventandone parassiti. Nel corso dell’evoluzione, questa iniziale invasione delle cellule ospiti ha dato origine a una relazione simbiotica, in cui le cellule contano sui mitocondri per la produzione di energia e il controllo di qualità e i mitocondri dipendono dalle cellule per loro stessa sussistenza. “Sappiamo che le nostre cellule hanno sviluppato un rapporto costruttivo con quelli che in origine erano invasori esterni”, ha spiegato Gerald Dorn, professore di Medicina alla Washington University e coautore dello studio. “Ora però abbiamo dimostrato che questi invasori possono diventare “i capi”. Sapevamo già che i mitocondri possono decidere se avviare o meno la cellula verso la morte: oggi abbiamo dimostrato che possono anche indirizzare il destino della cellula verso il tessuto muscolare cardiaco”.

“Un risultato sorprendente, perché fino ad oggi si pensava che lo sviluppo degli organi fosse diretto dal nucleo della cellula e che i mitocondri fornissero semplicemente l’energia”, ha commentato Luca Scorrano, professore di Biochimica all’Università di Padova e ricercatore presso l'Istituto Dulbecco. “In questo studio abbiamo invece dimostrato come i mitocondri possano determinare il tipo di tessuto che una cellula diventerà durante lo sviluppo embrionale. Fino a ieri avrei detto che questa era fantascienza”.
 
Durante il normale sviluppo dell’organismo, infatti, i mitocondri si fondono tra loro grazie all’intervento di proteine presenti sulla loro superficie, chiamate mitofusina 1 e 2. In questo lavoro, i ricercatori hanno dimostrato nel modello murino che, inattivando questi due geni soltanto nelle cellule muscolari cardiache embrionali si interferiva pesantemente nello sviluppo del cuore dell’embrione, che presentava tra le altre cose pareti eccessivamente sottili. Successivamente, hanno mostrato che cellule staminali embrionali di topo prive del gene per la mitofusina 2 e per Opa1, un altro gene con un ruolo simile, non potevano dare luogo a cellule muscolari cardiache funzionanti. “La nostra interpretazione dello sviluppo cellulare cambia completamente”, ha continuato Dorn. “Non è il nucleo a controllare i mitocondri, al contrario sono questi organelli a controllare l’espressione dei geni nucleari e a farlo in modo tale da impedire lo sviluppo delle cellule muscolari cardiache”.
 
E il mancato sviluppo corretto del cuore non era il semplice risultato di una mancanza di energia da parte di mitocondri difettosi: come ha spiegato ancora Scorrano, “questi mitocondri non integri, piccoli e separati in quanto incapaci di fondersi tra loro non erano in grado di inviare i ben noti segnali che guidano l’espressione dei geni nucleari. Grazie ai nostri studi abbiamo messo in luce una nuova modalità con cui gli invasori ancestrali controllano il destino della cellula”. Molti di questi segnali sono già noti per essere coinvolti in difetti cardiaci congeniti, come per esempio i difetti del setto ventricolare (veri e propri buchi nella parete che separa i due ventricoli cardiaci).

 
“Uno studio che apre nuove porte nella ricerca di geni coinvolti nello sviluppo di difetti cardiaci congeniti, come quelli in cui il cuore risulta piccolo e poco sviluppato”, hanno concluso i ricercatori. “In particolare dovremo cercare mutazioni nelle proteine che regolano la fusione mitocondriale, come le mitofusine. Questi risultati suggeriscono anche che nei pazienti affetti dalle malattie genetiche dovute a difetti nella mitofusina 2 e in Opa 1 – rispettivamente la malattia di Charcot-Marie-Tooth di tipo IIa e l’atrofia ottica dominante – possano esserci problemi cardiaci latenti”.
Inoltre, benché questo studio riguardi specificamente le cellule muscolari cardiache, i ricercatori hanno intenzione di proseguire cercando di capire se questo paradigma valga anche per altri tipi di tessuto.

05 ottobre 2013
© Riproduzione riservata

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