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Nati i primi topi con il Dna di due padri. Ma le coppie gay non potranno avere figli


Un team di ricercatori dell’Anderson Cancer Center di Houston ha illustrato una tecnica che, sfruttando le potenzialità delle cellule staminali pluripotenti, consente di dare vita a progenie con Dna proveniente da due maschi.

10 DIC - È una di quelle notizie che farà discutere: ricercatori dell’Anderson Cancer Center di Houston hanno prodotto in laboratorio topi con il Dna di due padri. Lo studio è stato pubblicato sul Biology of Reproduction.
I ricercatori texani hanno usato le potenzialità delle cellule staminali per giungere all’obiettivo. Diversi gli step seguiti.
In una prima fase hanno manipolato fibroblasti estratti da un feto di topo di sesso maschile per produrre cellule staminali pluripotenti. Durante la crescita, queste cellule possono in rari casi (circa l‘1%) perdere il cromosoma Y, quello tipicamente maschile. Se impiantate in una blastocisti si svilupperanno quindi in un organismo di sesso femminile. 
Ed è ciò che hanno fatto i ricercatori ricavando la blastocisti da un topo di sesso femminile e trapiantandola in una madre surrogata. La “neonata” topolina (che portava però il Dna soltanto di un maschio ed è perciò considerata il primo padre) è stata fatta quindi normalmente accoppiare con un topo. La combinazione dei due Dna ha dato quindi luogo a topolini, sia maschi sia femmine, che portavano il Dna di due maschi: due padri. 
Per i ricercatori, la tecnica potrebbe essere utile per preservare le specie in via di estinzione e per “migliorare” le razze animali. Ma potrebbe portare anche progressi nelle tecnologie di riproduzione assistita: “una variazione della nostra strategia potrebbe essere usata per trattare diverse forme di infertilità associata ai cromosomi sessuali, come la sindrome di Turner”, hanno scritto i ricercatori. 
E, hanno aggiunto, “un giorno due maschi potranno avere figli e figlie con il loro patrimonio genetico”. Non solo: “è possibile usare le cellule staminali pluripotenti per generare lo sperma da una donatrice e produrre progenie di sesso maschile e femminile da due madri”.
Un commento, questo, che in Rete ha suscitato entusiasmo nelle comunità omosessuali.
Tuttavia, un simile traguardo è molto lontano. Non soltanto per i problemi connessi all’impiego delle cellule staminali pluripotenti nell’uomo, ma anche perché la tecnica illustrata nello studio, per giungere all’obiettivo, impiega tre generazioni.
 
am

10 dicembre 2010
© Riproduzione riservata

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