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Latte. I nostri antenati intolleranti al lattosio per migliaia di anni

di Viola Rita

Fino a 5000 anni dopo l’adozione delle pratiche agricole e 4000 anni dopo la diffusione di prodotti caseari, le popolazioni europee rimangono intolleranti al lattosio: il risultato proviene dall’analisi del DNA estratto da campioni ossei risalenti ad un’epoca compresa tra il 5700 a.C. e l’800 a.C. Lo studio su Nature Communications

23 OTT - La tolleranza al lattosio, zucchero contenuto nel latte dei mammiferi, è una condizione, frutto dell’evoluzione umana, ottenuta in epoche relativamente recenti: uno studio dello University College Dublin, infatti, rivela che gli antichi europei rimanevano intolleranti al lattosio fino a 5000 anni dopo l’adozione di pratiche agricole e fino a 4000 anni dopo l’introduzione di prodotti caseari da parte degli antichi allevatori.

Si ricorda che l’intolleranza al lattosio è una condizione verso la quale tuttora una congrua fetta della popolazione mostra una predisposizione, secondo studi anche recenti.
 
Il risultato dello studio odierno, pubblicato su Nature Communications, è stato ottenuto mediante l’analisi del DNA di campioni ossei (piramide del temporale nel cranio, l’osso che mostra la più lunga resistenza nel tempo al danneggiamento), risalente ad un periodo compreso tra il 5700 a.C. (primo periodo del Neolitico) e l’800 a.C. (età dell’Oro). I reperti, provenienti da resti di 13 individui, sono stati prelevati da siti archeologici di sepoltura nella Grande Pianura Ungherese, regione dell’Europa centrale che ha rappresentato il ‘crocevia’ delle principali trasformazioni culturali della preistoria europea. Dopo diversi anni di studi sulla variazione della densità e sulla conservazione ossea, gli scienziati hanno individuato nel particolare osso nel cranio il ‘candidato’ ideale per questo tipo di indagine,  grazie alla sua durezza e alla resistenza.
La quantità di materiale “ad alta percentuale di DNA”, ha affermato il Professor Ron Pinhasi dell’UCD Earth Institute e dell’UCD School of Archaeology, University College di Dublin, “è superiore fino a 183 volte rispetto a quella presente in altre ossa. Questo ci ha fornito, in qualsiasi punto analizzato nei nostri campioni, tra il 12% e quasi il 90% del DNA umano rispetto a [campioni in cui il DNA umano è presente] in qualche punto tra lo 0% e il 20%, ottenuto da denti, dita e costole”. Data questa alta percentuale di DNA, gli scienziati hanno potuto effettuare indagini sistematiche su una serie di resti di scheletro umano, provenienti dalla stessa regione, analizzando diversi marker genetici, tra cui quelli dell’intolleranza al lattosio.
 
“I nostri risultati mostrano l’evoluzione verso una pigmentazione più chiara della pelle, dato che cacciatori, raccoglitori e coltivatori non abitanti del luogo contraevano matrimoni misti, ma sorprendentemente mostrano l’assenza di un aumento della persistenza o della tolleranza al lattosio", aggiunge il professor Pinhasi. "Ciò significa che questi antichi europei avrebbero posseduto animali domestici come mucche, capre e pecore, ma non avrebbero ancora geneticamente sviluppato una tolleranza tale da poter bere grandi quantità di latte dai mammiferi”.
 
Secondo il Professor Dan Bradley del Smurfit Institute of Genetics, Trinity College Dublin, co-autore sul paper, "i nostri risultati implicano anche che ciascuno dei grandi cambiamenti nella tecnologia preistorica, tra cui l'adozione dell'agricoltura, seguito dal primo utilizzo dei metalli duri, il bronzo e poi il ferro, sono stati associati con un’affluenza massiccia di nuovi popoli. Non possiamo più pensare che queste innovazioni fondamentali siano state semplicemente assorbite dalle popolazioni esistenti in una sorta di osmosi culturale”.
 
Viola Rita

23 ottobre 2014
© Riproduzione riservata

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