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I Ris e il Dna di D’Annunzio. Storia di una scoperta che apre nuove opportunità per la scienza

di Edoardo Stucchi

L’elica del DNA non si esaurisce col tempo e rimane intatta nei secoli. Al di là dell’importanza connessa alla figura storica d’eccellenza del Vate, la scoperta apre nuove opportunità agli studiosi e a chi è interessato a esaminare e confrontare reperti di altri tempi con quelli di oggi.

14 MAR - L’elica del DNA non si esaurisce col tempo e rimane intatta nei secoli. Lo ha dimostrato una ricerca dei RIS, il ramo investigativo dei Carabinieri, che è riuscito a stabilire l’appartenenza di tracce biologiche, pur non conformemente conservate su un fazzoletto, al suo titolare, Gabriele D’Annunzio. Così, dopo la scoperta del DNA a favore della ricerca per la medicina e delle indagini su reperti di reato per sbrogliare la matassa dei casi più difficili, oggi anche la cultura ne riceve dei benefici.

Dove si potrà arrivare ancora? “Non lo sappiamo – dice il colonnello Giovanni Delogu, autore con il suo team di Cagliari della ricerca – ma indubbiamente ciò conferma che operando in maniera corretta e in ambienti adatti con i protocolli tutt’ora applicati in ambito internazionale, si può arrivare all’identificazione di persone o di oggetti anche dell’altro secolo, come è stato fatto nel caso di D’Annunzio. L’eccezionalità della scoperta sta nel fatto che pur essendo ampia  la tradizione di studi condotti sull’analisi del DNA-antico, a partire da resti ossei di importanti figure del passato, con l’obiettivo di svelare i misteri che spesso le avvolgono, per la prima volta si è realizzata  una ricerca condotta su tracce biologiche di quasi un secolo fa - elaborata dal Reparto Investigazioni Scientifiche Carabinieri di Cagliari in collaborazione con la Fondazione Il Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera – che ha prodotto un risultato di rilievo nel panorama scientifico internazionale e di grande valore storico e culturale”.

Ma che cosa c’entrano i Ris con il Vittoriale di D’Annunzio? L’abbinamento è stato casuale ed è cominciato  in occasione di una recente collaborazione servita a valutare alcuni manoscritti del Vate. E tra un parlare e l’altro, una visita al Vittoriale fra i cimeli del grande poeta, è venuta fuori la richiesta dei Carabinieri  di estrapolare il DNA da materiale biologico del passato non più tanto recente.  Materiale biologico trattenuto in un fazzoletto bianco conservato nella cassetta di sicurezza dell’Archivio Generale insieme alle lettere che la Contessa Olga Levi Brunner scriveva a Gabriele D’Annunzio, suo amante e uno da spazzolino da denti  in avorio e setole naturali conservato alla Prioria, la casa-museo del Poeta. I reperti sono stati sottoposti a esami più approfonditi che hanno rivelato la presenza di tracce biologiche, in seguito prelevate dai RIS e confrontate con il DNA estratto dal tampone salivare di un discendente in linea maschile di Gabriele D’Annunzio, Federico. Dai risultati delle indagini è emerso che solo i residui organici rinvenuti sul fazzoletto sono di origine maschile, probabilmente provenienti dal liquido seminale. Dalle medesime tracce è stato estratto un profilo genotipico di sesso maschile completo di 16 marcatori del DNA. Grazie alla trasmissione del cromosoma Y, pressoché invariato attraverso le generazioni. Il  confronto tra i reperti biologici analizzati e il tampone salivare del pronipote di d’Annunzio ha confermato l’appartenenza al poeta delle tracce rinvenute sul fazzoletto.
 Il valore storico di queste indagini è messo in luce dalle parole del Presidente del Vittoriale Giordano Bruno Guerri, proprio quando al Vittoriale si sta tenendo una mostra di quadri che ritraggono personaggi di oggi che rivelano uno spirito d’annunziano nei modi e nello stile: “Avevamo già avuto una straordinaria collaborazione con i RIS di Cagliari quando, pochi anni fa, con i loro macchinari riuscirono a leggere correzioni altrimenti illeggibili, con una tecnica che ha rivoluzionato le possibilità degli studi filologici. Oggi abbiamo quest’altra dimostrazione della loro straordinaria capacità scientifica, che sarà preziosa per i reparti di indagine criminologica e per gli storici, di tutto il mondo”.

Ma come si è arrivati al confronto ?  Il fazzoletto, storicamente riconducibile a Gabriele D’Annunzio, almeno in linea teorica, oggi è veramente suo essendo riusciti a tipizzare il cromosoma Y, confrontandolo con quello estratto da un discendente, Federico D’Annunzio pronipote del poeta. In altri termini significava risolvere un “cold case” per un “fatto” datato un secolo fa. Il fazzoletto all’ispezione visiva, non esibiva tracce biologiche evidenti, ma la ricerca di tracce biologiche latenti (non visibili ad occhio nudo) tramite lampada Crimescope CS-16,  ha consentito di rilevare diverse luminescenze sei delle quali, più intense, che sono state prelevate (dimensione 1-2 cm2) ed avviate agli accertamenti biomolecolari. Contemporaneamente è  stato effettuato un prelievo sulle setole presenti nello spazzolino da denti, mentre il pettine non è stato ritenuto utile per le analisi.

Dai sei prelievi effettuati sul fazzoletto in reperto, è stato estratto DNA riconducibile ad in individuo di sesso maschile, mentre per le setole dello spazzolino l’esito è stato negativo. La successiva tipizzazione del DNA estratto, ha consentito di estrapolare un profilo genotipico di sesso maschile. L’analisi dei marcatori STR localizzati sul cromosoma Y (Y-STR), ha consentito di estrapolare un profilo aplotipico di 16 marcatori STR su 17 in esame dal prelievo. Solo un marcatore non è stato caratterizzato verosimilmente a causa di fenomeni da imputare alla degradazione del materiale genetico.

Tutto ciò grazie al fatto  che il cromosoma Y viene trasmesso inalterato (tranne eventi mutazionali) dal padre ai figli maschi, per cui rimane praticamente il medesimo nelle generazioni (trasmissione patrilineare). Questo risultato tecnico-scientifico, al di là dell’importanza connessa alla figura storica d’eccellenza del Vate, è indice delle potenzialità e dell’affidabilità delle procedure, dei laboratori e della qualificazione professionale che, oggi, l’Arma può vantare nel settore delle indagini forensi biomolecolari a fini dell’identificazione personale. L’elica del DNA apre quindi nuove opportunità agli studiosi e a chi è interessato a esaminare e confrontare reperti di altri tempi con quelli di oggi.
 
Edoardo Stucchi

14 marzo 2015
© Riproduzione riservata

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