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Gravidanza. I farmaci antidepressivi aumentano il rischio di ipertensione polmonare persistente del neonato


Tuttavia, il rischio assoluto è stato basso e l’aumento del rischio è apparso più modesto di quanto suggerito da precedenti studi. Lo rileva uno studio statunitense pubblicato su Jama, e rilanciato sul sito dell'Agenzia italiana del farmaco, che ha preso in esame l’uso di antidepressivi della classe degli SSRI nell’ultimo trimestre di gravidanza.

10 GIU - Un ampio studio condotto negli Stati Uniti sulle donne in gravidanza con assicurazione sanitaria pubblica ha prodotto evidenze coerenti con un potenziale aumento del rischio di ipertensione polmonare persistente del neonato (PPHN) associato all’uso materno di antidepressivi della classe degli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) nell’ultima parte della gravidanza. Tuttavia, il rischio assoluto è stato basso e l’aumento del rischio è apparso più modesto di quanto suggerito da precedenti studi.

La resistenza vascolare polmonare elevata caratteristica della circolazione fetale non rientra alla nascita in 10-20 neonati su 10.000 nati vivi, con conseguente deviazione da destra a sinistra del sangue attraverso i canali del feto, flusso ematico polmonare ridotto, e ipossiemia profonda. Tale ipertensione polmonare persistente del neonato (PPHN) si verifica in genere in neonati a termine o quasi a termine e si presenta entro poche ore dalla nascita con grave crisi respiratoria che richiede intubazione e ventilazione meccanica. L’ipertensione polmonare persistente del neonato è associata con una sostanziale morbilità e mortalità: tra il 10% e il 20% dei bambini affetti non sopravvive, e i bambini che sopravvivono vanno incontro a gravi conseguenze a lungo termine, tra cui malattie polmonari croniche, convulsioni e problemi di sviluppo neurologico a causa sia dell’ipossiemia che dei trattamenti aggressivi spesso richiesti.

Nel 2006, la Food and Drug Administration (FDA) emise un Public Health Advisory su un potenziale aumento del rischio di PPHN associato all'esposizione nell’ultimo periodo della gravidanza agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) sulla base di un unico studio epidemiologico da cui era emerso un rischio 6 volte maggiore associato all'uso di SSRI dopo la 20a settimana di gravidanza. A seguito di una revisione degli studi supplementari che presentavano risultati contrastanti (2 studi riportavano un aumento del rischio, tre studi no), l’FDA concluse nel 2011 che era prematuro pervenire a una conclusione circa un possibile legame tra l'uso di SSRI in gravidanza e la PPHN e aggiornò di conseguenza l’Avviso. Gli studi negativi erano tendenzialmente piccoli, e ciò accresceva la possibilità che non avessero forza sufficiente per rilevare un aumento del rischio.

I ricercatori americani hanno quindi condotto uno studio di coorte nidificato per esaminare il rischio di PPHN associato sia agli antidepressivi SSRI e che a quelli non-SSRI su un'ampia coorte di donne in gravidanza coperte da assicurazione pubblica negli Stati Uniti, basandosi sui dati dell’Estratto analitico di Medicaid (Medicaid Analytic eXtract, MAX) su 46 Stati e il Distretto di Columbia tra il 2000 e il 2010 (l’ultimo follow-up è stato il 31 dicembre 2010).

La coorte originaria, composta da un totale di 3.789.330 donne in gravidanza di età compresa tra i 12 e i 55 anni iscritte a Medicaid da due mesi o meno dalla data dell’ultimo ciclo mestruale fino a un mese dopo il parto, è stata poi ristretta alle donne con diagnosi di depressione ed è stata applicata l'analisi di regressione logistica aggiustata con propensity score per controllare i potenziali confondenti. I ricercatori hanno confrontato l’esposizione in monoterapia ad antidepressivi SSRI e non-SSRI durante i 90 giorni che avevano preceduto il parto (almeno una prescrizione dopo la 20esima settimana) con il non uso di questi farmaci. Le donne esposte sia a SSRI che a non-SSRI sono state escluse dalla coorte. L’outcome era la diagnosi di PPHN entro i primi 30 giorni dal parto.

Tra le 3.789.330 gravidanze considerate, 128.950 donne (3,4%) avevano assunto un antidepressivo nei 90 giorni prima del parto: 102.179 (2,7%) erano stati esposti a un SSRI e 26.771 (0,7%) a un antidepressivo non SSRI.

Nel complesso 20,8 neonati su 10.000 (95% CI, 20,4-21,3) non esposti agli antidepressivi negli ultimi 90 giorni di gravidanza presentavano PPHN rispetto a 31,0 neonati su 10.000 esposti agli antidepressivi (95% CI, 28,1-34,2). Questo maggior rischio non aggiustato tra i neonati esposti è stato osservato sia per gli antidepressivi SSRI (31,5; 95% CI, 28,3-35,2 su 10.000 neonati) che per i non-SSRI (29,1; 95% CI, 23,3-36,4 su 10.000 bambini). Restringendo l’analisi alle donne con una diagnosi di depressione, i rischi erano pari rispettivamente a 24,9 (95% CI, 23,7-26,1), 33,8 (95% CI, 29,7-38,6) e 34,4 (95% CI, 26,5-44,7) su 10.000 per neonati non esposti, esposti agli SSRI e non esposti agli SSRI.

Gli autori hanno evidenziato diversi punti di forza dello studio tra cui le grandi dimensioni del campione, la valutazione obiettiva dell’esposizione al farmaco, la disponibilità di informazioni su una vasta gamma di potenziali fattori confondenti e l'uso di metodi epidemiologici avanzati.

“I risultati della più grande coorte studiata fino ad oggi” affermano i ricercatori “con metodi epidemiologici avanzati per mitigare il confondimento da patologie psichiatriche preesistenti e condizioni e comportamenti ad esse associati, suggeriscono che il rischio di PPHN associato all'esposizione in gravidanza avanzata agli SSRI, se presente, è più ridotto di quanto riportato in studi precedenti. I medici e i pazienti devono bilanciare il (piccolo) potenziale aumento del rischio di PPHN, insieme ad altri rischi che sono stati attribuiti all'uso di SSRI durante la gravidanza, con i benefici attribuibili a questi farmaci nel migliorare la salute e il benessere materni”.

Ufficio Stampa Aifa

10 giugno 2015
© Riproduzione riservata

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