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Hpv test: una nuova conferma


Inserito nei programmi di screening organizzato, l’Hpv test in aggiunta al tradizionale Pap test è più efficace di quest’ultimo nell’identificare le lesioni tumorali. Lo rivela uno studio sul British Medical Journal

03 MAG - L’identificazione del virus Hpv come causa del cancro della cervice uterina ha rappresentato una delle più importanti conquiste nella conoscenza e nella lotta ai tumori degli ultimi anni. Con la messa a punto del vaccino contro i ceppi 16, 18, 6 e 11 sta già permettendo di cambiare la storia naturale di questa patologia. Ora, una nuova applicazione comincia a diffondersi e sulla sua efficacia aumenta il numero di evidenze scientifiche: il test Hpv Dna, se inserito nei programmi di screening organizzato, permette un individuazione precoce delle lesioni e quindi un più tempestivo intervento. La conferma arriva da uno studio pilota finlandese pubblicato sul British Medical Journal.
La ricerca è stata condotta su 58.076 pazienti arruolate tra il 2003 e il 2007 nell’ambito di un programma di screening organizzato.
“Questo studio ha dimostrato che come prima opzione di screening può essere preso in considerazione l’impiego del test Hpv seguito dal Pap test”, ha affermato il primo firmatario dello studio, Ahti Anttila del Registro Oncologico Finlandese. Visti i risultati, aggiungono gli autori, è possibile considerare “un graduale impiego dello screening dell’Hpv anche in altre regioni oltre a quelle coinvolte in questo studio”.
I test nell’ambito dello studio sono stati eseguiti con la tecnologia molecolare Hc2 (Hybrid Capture 2), prodotta da Qiagen e in grado di rilevare 18 diversi ceppi del virus Hpv, 13 dei quali ad alto rischio di causare tumori.
“Lo studio mostra chiaramente che anche all’interno di un programma di screening già ben organizzato del carcinoma cervicale come quello finlandese, l’aggiunta del test Hpv Hc2 permette una precoce rilevazione delle patologie cervicali e una minore incidenza di casi non identificati”, ha dichiarato Peer Schatz, Ceo dell’azienda produttrice. “Speriamo che i risultati positivi realizzati in Finlandia incoraggino una diffusione più ampia e un’implementazione nazionale dello screening dell’Hpv”.
EVIDENZE ED ESPERIENZE
Lo studio attuale non è il primo a dimostrare l’efficacia del test Hpv Dna.
Lo scorso maggio, su Lancet Oncology, un gruppo italiano coordinato da Guglielmo Ronco aveva già dimostrato con una ricerca condotta su quasi 100 mila donne tra i 25 e i 60 che “lo screening basato sul test Hpv è più efficace dell’esame citologico nella prevenzione di cancro cervicale invasivo, individuando le lesioni persistenti di alto grado più precocemente e fornendo un periodo di protezione più lungo. Tuttavia, nelle donne più giovani, il test Hpv può comportare un problema di sovradiagnosi di Cin2 in regressione”.
Alla luce di questi risultati, anche in Italia cominciano ad affacciarsi programmi regionali di screening organizzato che propongono l’Hpv test come esame di primo livello.
È il caso dell’Abruzzo per esempio, dove ciò avviene dal gennaio di quest’anno.
“Le donne saranno sottoposte in prima battuta al test Hpv”, ha spiegato Claudio Angeloni, responsabile per gli screening della Regione, in un recente report pubblicato dall’Osservatorio nazionale screening.
“Qualora il test fosse positivo eseguiremo un normale test citologico sul residuo del primo prelievo senza richiamare la donna. Solo a un’ulteriore positività si procederà con la colposcopia”, ha concluso.
LO SCREENING IN ITALIA
Secondo i dati dell’Osservatorio screening, sono oltre quattro milioni le donne che nel triennio 2005-2007 - l’ultimo per cui sono disponibili informazioni complete - hanno ricevuto un invito per sottoporsi al Pap test. Di queste, il 2,4 per cento è stata sottoposta a colposcopia, percentuale in calo rispetto al triennio precedente. Ogni 6,2 colposcopie effettuate è stata riscontrata una lesione che necessitava di trattamento (CIN2 o più grave), per un totale di circa 10 mila lesioni.
Delle donne invitate a sottoporsi a colposcopia a seguito di positività al Pap test, oltre l’11 per cento non ha risposto all’invito.
Un dato che preoccupa, dal momento che la probabilità di avere una diagnosi di lesioni che necessitano di trattamento in questa popolazione è superiore al 16 per cento. 
 
Antonino Michienzi


03 maggio 2010
© Riproduzione riservata

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