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Ecco (forse) perché smettere di fumare fa ingrassare

di Maria Rita Montebelli

La relazione tra smettere di fumare e ingrassare è uno degli ‘spauracchi’ più potenti, che tiene lontano in particolare le giovani donne dall’idea di buttare via le sigarette. Una piccola ricerca, presentata in questi giorni al congresso europeo di medicina respiratoria, in corso a Londra, ha  cercato di far luce sul fenomeno dell’aumento di peso nei fumatori pentiti, suggerendo un possibile ruolo della ghrelina, l’ormone della fame

05 SET - Fumare aiuta a restare magri. E’ uno dei tanti ‘alibi’ usati dai fumatori per perseverare nella loro cattiva abitudine. E adesso un piccolo studio presentato al congresso della Società Europea di Medicina Respiratoria (ERS) suggerisce anche una modalità attraverso la quale le sigarette eserciterebbero la loro azione ‘dimagrante’: il fumo consentirebbe di tagliare l’assunzione di calorie, modulando gli effetti della ghrelina (l’ormone della fame’).
 
E’ noto che i fumatori pentiti vedono aumentare, almeno temporaneamente, il proprio peso e che i fumatori attivi tendono in generale ad essere meno in soprappeso dei non fumatori. Purtroppo sempre più ragazze in età adolescenziale ricorrono al fumo come ad una risorsa per non ingrassare e poi proseguono in età adulta sempre col terrore di prendere peso. Di fatto, il terrore di ingrassare è uno dei motivi che impediscono alla gente, in particolare alle donne, di smettere di fumare e rappresenta anche una ‘valida’ ragione per riprendere in mano la sigaretta.
 
Il problema certamente esiste, visto che in media nell’arco di 5 anni dopo aver smesso di fumare, ci si può ritrovare anche con 10 chili di troppo. Una spiegazione a questo fenomeno finora non si è trovata, al di là dell’ovvia osservazione che chi smette di fumare compensa mangiando di più e con l’aggravante di un metabolismo basale un po’ impigrito (Post Cessation Basic Metabolic Rhythm). E su questo punto sono tutti d’accordo: quello dei chili che si prendono dopo aver smesso di fumare è una priorità da affrontare, possibilmente in maniera risolutiva, se si vuole portare la gente a smettere di fumare e a non riprendere.
 
Di qui, l’interesse del lavoro presentato all’ERS dal gruppo di Konstantina Zachari della Harokopio University di Atene (Grecia). In questo piccolo studio, i ricercatori hanno valutato gli effetti in acuto del fumo e dell’astinenza da sigaretta sull’apporto dietetico, oltre che sulle sensazioni individuali e sugli ormoni correlati all’appetitto. Sono stati arruolati 14 adulti in buona salute sottoponendoli a due studi che prevedevano l’astinenza durante una notte da fumo e cibo. Nell’esperimento C-cig  i partecipanti fumavano 2 sigarette della loro marca preferita, mentre nell’esperimento S-sham (controllo) tenevano in mano una sigaretta come se dovessero fumarla ma senza mai accenderla. Ogni esperimento durava 15 minuti e dopo 45 minuti i partecipanti potevano mangiare a loro piacimento una serie di snack. I ricercatori registravano al tempo 0, a 60 minuti e dopo 150 minuti la quantità di calorie consumate da ogni partecipante, le loro sensazioni relative all’appetito (fame, sazietà, desiderio di mangiare) e il craving per le sigarette. Venivano inoltre prelevati campioni di sangue per il dosaggio di una serie di ormoni (obestatina, ghrelina, GLP-1, CCK e insulina).
 
I ricercatori greci hanno così potuto evidenziare che il fumo ha un effetto in acuto sull’apporto alimentare, portando a ‘tagliarlo’ di 152 calorie. Non sono state notate differenze sulla preferenza del consumo di cibo (salato o dolce) tra i due gruppi, né sulle sensazioni relative all’appetito, né sui livelli di obestatina, CCK, GLP-1 e insulina. Le concentrazioni di ghrelina invece a 60 minuti dall’esperimento S-sham sono risultate inferiori, indicando una maggior ripienezza e consumo di cibo dopo questa parte dell’esperimento.
 
“In questo piccolo studio – conclude la Zacchari – abbiamo evidenziato che il fumo esercita un effetto in acuto sull’apporto energetico che potrebbe essere mediato da una variazione dei livelli di ghrelina. Saranno necessarie ulteriori ricerche per valutare se questi risultati possano essere replicati all’interno di studi di maggiori dimensioni; dovremo inoltre ricercare la presenza di altri potenziali mediatori biologici e studiare delle modalità per bilanciare l’aumento di peso post-cessazione del fumo, così da aumentare il numero degli ex-fumatori e ridurre i tassi di recidive”.
 
Maria Rita Montebelli

05 settembre 2016
© Riproduzione riservata

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