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Usa vs Europa. Quando il "vecchio continente" arriva prima


Sempre più spesso è lo European Patent Office ad approvare per primo le novità tecnologiche in campo sanitario. Due esempi recenti: un pacemaker intelligente contro il Parkinson sviluppato in Italia, e una valvola aortica innovativa (sviluppata in Usa ma registrata prima in Europa).

01 DIC - Nell’immaginario comune, gli Stati Uniti sono sempre un passo avanti all’Europa nella ricerca. Ma nella realtà questo non è più vero. Anzi, capita sempre più spesso che studi e brevetti vedano la luce prima nel nostro continente che non oltreoceano. L’ultimo caso è quello di un pacemaker intelligente sviluppato dalla Fondazione Ca’Granda Policlinico e Università degli Studi di Milano, e brevettato addirittura nel 2008 in Europa come strumento per la gestione della malattia di Parkinson. L’approvazione dello US Patent Office arriva invece solo oggi.
 
L’invenzione è costituita da uno stimolatore collegato a elettrodi impiantati al di sotto della corteccia cerebrale.Questi, misurando l’attività dei neuroni consentono di monitorare le condizioni del paziente, guidando il pacemaker stesso a dare il giusto stimolo al cervello. Una strategia terapeutica in grado di adattarsi istante per istante ai sintomi della malattia di Parkinson, fornendo un trattamento sempre adatto alle esigenze del malato. Grazie a questa invenzione, è possibile dunque sintonizzare l’attività cerebrale sulle necessità specifiche del paziente, rendendolo in grado di portare a termine le sue normali azioni quotidiane.
Capace dunque di migliorare la sua qualità della vita, ma anche quella dei suoi familiari. Il peso di questa malattia neurodegenerativa infatti, oltre che sul paziente stesso ricade anche su chi si occupa di lui, familiari che forniscono in media nell’80% dell’assistenza medica globale necessaria e il 90% circa di tutti i servizi domestici. Nel 72% dei casi chi si occupa di tutto questo sono donne, mogli, figlie, nuore, che si prendono cura del paziente in un sistema che altrimenti non sembra fornire adeguato sostegno.
Quella sviluppata dal team italiano è una tecnologia, dunque, che non apre soltanto importanti prospettive per una applicazione in grado di rivoluzionare il campo della terapia del Parkinson e di altre gravi patologie neurodegenerative. Essa può avere un peso anche sulla società. Tanto che sembra quasi strano che gli Stati Uniti l’abbiano brevettata solo oggi.
 
Così come sembra strano un altro caso recente di approvazione tardiva da parte della Food and Drug Administration (FDA) statunitense di un apparecchio sviluppato negli Usa ma usato con successo già da tre anni solo in Europa. Si tratta di una particolare valvola cardiaca aortica transcatetere che viene applicata per via transfemorale e serve per il trattamento di pazienti cardiaci inoperabili in altra maniera.
I pazienti ad alto rischio di stenosi aortica potrebbero infatti non essere i candidati ottimali per il tradizionale intervento a cuore aperto. Per questo la sostituzione transcatetere della valvola aortica (TAVI) permette ai medici di sostituire la valvola malata del paziente mentre il cuore continua a battere, ed evitando dunque il ricorso alla circolazione extracorporea. La nuova valvola viene inserita nel corpo attraverso un piccolo taglio nella regione inguinale; una volta posizionata viene espansa tramite un palloncino ed può entrare subito in funzione sostituendo direttamente la valvola nativa del paziente.
Al momento dell’approvazione dell’FDA avvenuta all’inizio di novembre, l’amministratore delegato della Edwards – società con sede in California che produce queste particolari valvole – aveva rilasciato delle dichiarazioni che lasciavano intuire la soddisfazione per la comunicazione dell’istituzione statunitense, anche se arrivata con tanto ritardo rispetto alla commercializzazione europea. “Questo giorno costituisce un’importante pietra miliare per i pazienti americani che non potevano essere operati, e che per lungo tempo hanno atteso una soluzione  terapeutica ai debilitanti sintomi associati alla stenosi aortica severa", aveva detto in quell’occasione l’industriale, Michael A. Mussallem. “Siamo estremamente fieri del forte impegno da parte dei team cardiovascolari e dei pazienti coinvolti nello studio clinico di questa terapia, poiché hanno spianato la strada  alla sua adozione, rendendone finalmente possibile l’accesso ad un maggior numero di persone nel mondo.”
 
Sono solo due esempi, i più recenti, ma negli ultimi anni capita sempre più spesso che la ricerca e la brevettazione europea sia un passo avanti a quella americana. Anche se l’Italia ha ancora difficoltà a incentivare l’applicazione industriale della ricerca (vedi Quotidiano Sanità), in uno spirito internazionalista possiamo comunque ritenerci soddisfatti dei risultati in Europa.
 
Laura Berardi

01 dicembre 2011
© Riproduzione riservata

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