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Marijuana. È veramente pericolosa, come si sostiene sempre più spesso? Ecco il punto in due studi americani e gli effetti reali che provoca

di Maria Rita Montebelli

Tra usi medici e dibattiti sulla legalizzazione, la marijuana sta vivendo una nuova stagione. E sono in molti a chiedersi se, soprattutto sul versante dell’uso voluttuario, il suo impiego rappresenti un piacere relativamente innocuo o se la sostanza psicoattiva più consumata al mondo, non possa determinare invece degli effetti indesiderati per la salute. Il National Institute on Drug Abuse americano e una review pubblicata dal NEJM nel 2015 forniscono interessanti spunti di riflessione

30 GEN - Secondo il National Institute on Drug Abuse (NIDA) americano, una persona su tre di quelle che fanno uso di cannabis, presenta una qualche forma di ‘disturbo da uso di marijuana’. E a pagarne lo scotto sono soprattutto gli adolescenti. Chi si avvicina alla cannabis prima della maggior età corre infatti un rischio da 4 a 7 volte maggiore rispetto agli adulti, di sviluppare un disturbo da uso di marijuana. E il problema non è di poco conto, considerato il fatto che negli Usa un ragazzo su due ammette di aver provato la marijuana (anche sotto forma di svapo o di prodotti edibili) almeno una volta, nel corso delle scuole superiori.
 
Uno degli aspetti che preoccupano di più gli esperti è che gli adolescenti percepiscono sempre meno la marijuana come un pericolo per la salute. E questo proprio quando invece le evidenze scientifiche circa i rischi collegati ad un uso regolare e pesante di questa droga, soprattutto tra i teenager si vanno accumulando.
 
Per questo il NIDA ritiene che gli adolescenti vadano protetti da questo rischio, parlandone apertamente anche in famiglia. E a questo proposito l’ente americano ha messo a punto dei depliant informativi per i genitori e per i ragazzi ,con una serie di informazioni sull’argomento.
 
La marijuana può determinare problemi scolastici perché ha un effetto negativo sui livelli di attenzione, sulla motivazione, sulla memoria e sull’apprendimento. Questa droga può interferire con la memoria a breve termine e con l’apprendimento, con la capacità di concentrazione, la motivazione e l’apprendimento. Effetti questi che possono persistere anche quando gli effetti della droga svaniscono, soprattutto nei soggetti che ne fanno uso regolare.
 
La marijuana può indurre dipendenza e chi ne fa uso può avere seri problemi a smettere, anche quando quest’abitudine produce conseguenze negative sulla vita quotidiana. I sintomi d’astinenza, che durano circa due settimane,  possono manifestarsi con irritabilità, disturbi del sonno, ansia, riduzione dell’appetito e disagio fisico. Non sono pericolosi, ma rendono difficile smettere.
 
La marijuana può provocare incidenti stradali. L’uso di questa sostanza altera la capacità di giudizio e varie altre capacità importanti per la guida (concentrazione, coordinazione, tempi di reazione, ecc). sotto l’effetto di questa droga può diventare difficile calcolare le distanze, come anche reagire a segnali e suoni. La marijuana è la droga più frequentemente riscontrata nelle analisi fatte in occasione di incidenti stradali mortali. Già da sola, basta a raddoppiare il rischio di provocare un incidente stradale; in combinazione con l’alcol e altre droghe questo rischio aumenta in maniera esponenziale.
 
La marijuana può facilitare la comparsa di patologie psichiatriche, anche se i meccanismi di questo effetto di facilitazione non sono del tutto chiariti. Assunta in dosi elevate può scatenare attacchi di panico e psicosi acute. Gli studi clinici evidenziano che l’assunzione di marijuana in età adolescenziale può aumentare il rischio di disturbi psicotici tra i soggetti geneticamente predisposti. Nei soggetti affetti da schizofrenia, l’uso di marijuana ne può peggiorare i sintomi (allucinazioni, paranoia, pensiero disorganizzato). L’uso regolare di marijuana è stato collegato ad un aumentato rischio di diversi problemi mentali, compresi depressione, ansia, pensiero suicidario, disturbi di personalità e psicosi.
 
Fumare marijuana può danneggiare i polmoni. Mentre non ci sono prove di un aumentato rischio di cancro del polmone tra gli utilizzatori di marijuana, di certo il fumo delle ‘canne’ irrita le vie aeree e può facilitare la comparsa di patologie respiratorie. Spesso inoltre, chi fuma marijuana, fuma anche le sigarette di tabacco, nota causa di cancro del polmone e alcune ricerche suggeriscono che abbandonare l’abitudine del fumo è più difficile per gli utilizzatori di marijuana.
 
L’uso di marijuana in gravidanza può essere collegato a futuri disturbi dello sviluppo e di iperattività nel bambino, anche se è difficile determinare con esattezza un rapporto di causalità visto che spesso l’uso di marijuana si associa al fumo di sigaretta e all’alcol. Il tetraidrocannabinolo (THC) passa inoltre nel latte materno e resta da stabilire come questo possa influenzare lo sviluppo del cervello del bambino.
 
In una esaustiva review pubblicata qualche anno fa dal New England Journal of Medicine, Nora Volkow e colleghi hanno stilato una lista degli effetti indesiderati a breve e a lungo termine della marijuana. Eccoli.
 
Effetti a breve termine
· Alterazioni della memoria a breve termine (con relative difficoltà di apprendimento e a ricordare le informazioni)
· Alterazioni della coordinazione motoria in grado di interferire con la guida e tali da aumentare il rischio di danni
· Alterazione della capacità di giudizio che possono portare a comportamenti sessuali a rischio e la trasmissione di malattie sessualmente trasmesse
· Paranoia e psicosi (ad alte dosi)
 
Effetti di un uso ‘pesante’ o a lungo termine
· Dipendenza (si riscontra nel 9% degli utilizzatori totali, nel 17% di chi ha cominciato in età adolescenziale e nel 25-50% degli utilizzatori su base quotidiana)
· Alterazioni dello sviluppo del cervello (effetto fortemente associato al consumo precoce di marijuana)
· Scarsi risultati scolastici e aumentata possibilità di abbandono degli studi
· Alterazioni cognitive con QI inferiore tra chi ha fatto uso frequente di marijuana in adolescenza
· Ridotta soddisfazione nella vita e minori risultati
· Sintomi di bronchite cronica
· Aumentato rischio di disturbi psicotici cronici (compresa la schizofrenia) nei soggetti predisposti agli stessi
 
Maria Rita Montebelli

30 gennaio 2019
© Riproduzione riservata

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