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BPCO. Diventerà la terza causa di morte. Ma in Italia se ne parla sempre poco


Lo studio ECLIPSE sulla cura ad hoc per la broncopneumopatia cronica ostruttiva è uscito nel 2010 ma in Italia non è mai arrivato. Ecco solo uno degli esempi di come di questa patologia si parli poco, nonostante colpisca circa 3 milioni e mezzo di italiani.

24 MAR - Secondo gli esperti diventerà terza causa di morte al mondo nei prossimi 8 anni, eppure resta una malattia invisibile, non solo ai media e alla popolazione, ma spesso anche fra gli addetti ai lavori. La BPCO, sigla che significa broncopneumopatia cronica ostruttiva, è una condizione patologica che racchiude in sé diverse malattie come bronchite cronica ed enfisema polmonare. Tanto che in Italia se ne è tornato a parlare solo in questi giorni, grazie al convegno dal titolo “Evoluzione nella conoscenza della BPCO”, che ha avuto luogo questa settimana a Verona.
All’interno di questo evento, insieme agli aspetti epidemiologici, terapeutici ed economici, circa 300 esperti europei si sono ritrovati ad analizzare i risultati di uno studio clinico, ECLIPSE (Evaluation of COPD Longitudinally to Identify Predictive Surrogate End-points), pubblicato dal New England Journal of Medicine già nel 2010, ma di cui in Italia non si è mai parlato. Secondo questa ricerca sarebbe possibile capire quali sono i pazienti che corrono i maggiori rischi di andare incontro a riacutizzazioni della malattia e approntare una terapia ad hoc.
 
La patologia è una malattia “fantasma”, dato che colpisce 3 milioni e mezzo di persone in Italia senza che popolazione, medici e media ne parlino. In meno di dieci anni questa malattia sarà la terza causa di morte nel pianeta, eppure una persona su tre che arriva al pronto soccorso non sa di averla. La patologia si manifesta con ostruzione bronchiale, distruzione del tessuto polmonare, infiammazione, alterazione della capacità di clearance delle vie aeree. Il decorso clinico spesso presenta episodi di riacutizzazione della malattia, che possono manifestarsi in alcuni pazienti anche due o tre volte all’anno o più e sono caratterizzati da un peggioramento acuto dei sintomi che persiste per diversi giorni, talvolta settimane. Le riacutizzazioni sono quindi eventi cardine della patologia, debilitanti, con notevole effetto sulla qualità di vita dei pazienti: spesso richiedono infatti l’ospedalizzazione e, nei casi più gravi, il ricorso all’ossigenoterapia e alla ventilazione meccanica. “Inoltre questi episodi possono condizionare negativamente la storia naturale della malattia, essendo associate ad un più rapido declino della funzione polmonare e ad una ridotta sopravvivenza”, ha spiegato Francesco Blasi, Ordinario di Malattie Respiratorie all’Università Statale di Milano e presidente eletto dell’European Respiratory Society (ERS). Recenti studi osservazionali hanno inoltre mostrato come nel corso delle riacutizzazioni di BPCO si osservi un importante aumento, correlato alla mortalità, dei livelli plasmatici dei marcatori cardiaci ed un aumento dell’aggregazione piastrinica indipendente dall’esposizione al fumo. I risultati mostrano che le esacerbazioni di BPCO abbiano importanti conseguenze sistemiche, tanto che nella comunità scientifica, per definire tali eventi, è stato proposto il termine di “attacco polmonare”.
 
Un aspetto di crescente interesse tra gli specialisti è rappresentato dall’identificazione dei diversi fenotipi della malattia. A giocare un ruolo fondamentale nella selezione dei malati sarebbe infatti proprio il loro fenotipo, che spesso viene confuso con il genotipo, di cui in realtà è la manifestazione: il risultato dell’interazione tra espressione genica, fattori ambientali e causali.
Gli sviluppi della diagnostica per immagini, in particolare la tomografia computerizzata ad alta risoluzione (HRCT), hanno notevolmente contribuito alla classificazione dei pazienti per fenotipi clinico-patologici.  Queste considerazioni hanno portato ad intraprendere studi per approfondire questi aspetti della malattia.
Tra questi anche ECLIPSE, uno studio europeo di tipo osservazionale, longitudinale, della durata di 3 anni, condotto su una popolazione complessiva di circa 2180 pazienti con BPCO da moderata a molto grave (stadi GOLD II - IV) e 566 controlli (fumatori e  non fumatori), con l’obiettivo di definire i sottotipi di BPCO clinicamente rilevanti ed identificare parametri e biomarcatori in grado di predire la progressione della malattia. “Visto che le informazioni circa l’incidenza delle riacutizzazioni e l’identificazione dei fattori predittivi nei pazienti con diversa gravità della malattia sono scarse una delle prime analisi dei dati raccolti dalla coorte ECLIPSE ha verificato l’ipotesi che la frequenza delle riacutizzazioni potesse identificare un distinto fenotipo di BPCO indipendentemente dalla gravità della malattia”, ha detto Mario Cazzola, direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie Respiratorie dell'Università di Roma Tor Vergata. “I risultati confermano che con l’aggravarsi della malattia le riacutizzazioni diventano più frequenti e gravi, ma mostrano anche che una quota importante di pazienti manifesta riacutizzazioni frequenti, più di una all’anno, indipendentemente dallo stadio di gravità”.
 
In altri termini, grazie allo studio ECLIPSE per la prima volta è stato descritto un fenotipo di BPCO ad alto rischio di riacutizzazione, stabile nel tempo, clinicamente prevedibile e identificabile attraverso la storia clinica. Tale osservazione non è priva di implicazioni per lo sviluppo di strategie mirate alla prevenzione delle riacutizzazioni all’interno dello spettro di gravità della patologia. “La terapia in fase stabile integra trattamenti farmacologici e non farmacologici e si pone due livelli di obiettivi: efficacia nel breve termine, con miglioramento del quadro funzionale e sintomatologico, inclusa la tolleranza allo sforzo, ed efficacia nel lungo termine, con riduzione di eventi acuti, progressione della malattia e mortalità”, ha aggiunto Cazzola. “Il primo momento terapeutico è rappresentato dalla diminuzione dell’esposizione ai fattori di rischio, come la cessazione dell’abitudine tabagica e la vaccinazione antiinfluenzale. La terapia farmacologica prevede come classi principali i broncodilatatori a lunga durata d’azione e i corticosteroidi per inalazione”.
 
Alla luce di queste nuove evidenzesi delinea in maniera chiara e clinicamente rilevante la possibilità concreta di scegliere un trattamento farmacologico individualizzato.

24 marzo 2012
© Riproduzione riservata

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