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Antimicrobicoresistenza. In Italia circa 11.000 morti l'anno. Priorità a interventi per la ricerca e per la sostenibilità degli antibiotici Reserve

di M.C.

Presentato a Roma il Policy Brief “Valore e sostenibilità degli antibiotici quali strumenti indispensabili per il sistema sanitario e la salute pubblica” realizzato da The European House - Ambrosetti con il contributo non condizionante di Shionogi. Proposte e soluzioni per contrastare l’antibiotico resistenza. POLICY BRIEF

16 NOV -

Incentivare i finanziamenti verso la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici e adottare nuovi modelli organizzativi e normativi per favorire l’innovazione e contrastare l’antimicrobico resistenza (AMR). In estrema sintesi sono questi i punti focali su cui si è concentrato il dibattito tra esperti che si è tenuto ieri, 15 novembre, a Roma realizzato da The European House - Ambrosetti con il contributo non condizionante di Shionogi. L’incontro, dal titolo Valore e sostenibilità degli antibiotici quali strumenti indispensabili per il sistema sanitario e la salute delle persone”, è stato l’occasione per presentare un Policy Brief contenente una panoramica della situazione attuale in Italia e in alcuni paesi europei e proposte e soluzioni per combattere l’AMR.

L’AMR provoca ogni anno 4,3 milioni di infezioni e 79.000 morti nei Paesi OCSE, portando, nello scenario peggiore, a un costo sanitario annuo per il trattamento delle complicazioni causate dalle infezioni resistenti pari a 28,9 miliardi di dollari e oltre 36,9 miliardi di dollari ogni anno in termini di perdita di produttività fino al 2050. È una pandemia globale, come viene definita da Massimo Andreoni Professore Ordinario di Malattie Infettive della facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Direttore Scientifico, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit).

Basti pensare, ha ricordato Andreoni, “che nel 2019 sono state calcolate più di 4 milioni, quasi 5 milioni di morti correlate all'antibiotico resistenza e 1.300.000 morti direttamente correlate all'antibiotico resistenza”. E ancora. “Si calcola che nel 2035 il 90% delle infezioni sarà dovuto a germi multiresistenti” e ciò significa che i sistemi sanitari saranno sempre più vicini all’esaurimento delle opzioni per curare i pazienti affetti da malattie gravi, come ad esempio, polmoniti e infezioni del sangue. In questo contesto, “l'Italia è un po’ il fanalino di coda dell'antibiotico resistenza europea. Calcoliamo che ci sono almeno 11.000 morti in Italia per antibiotico resistenza, quindi quasi 1.000 morti al giorno, e un terzo di queste morti sono tra soggetti giovani, con meno di 65 anni di età”, ha proseguito l’esperto.

È evidente che stiamo parlando di un problema di sanità pubblica che necessita di interventi importanti e che deve essere affrontata con una strategia unitaria e multidimensionale, che include la sensibilizzazione della popolazione e dei professionisti della salute sulla gestione appropriata delle prescrizioni antibiotiche, ma anche l’introduzione di politiche e incentivi volti a favorire la ricerca e lo sviluppo di nuovi antibiotici.

Il processo di ricerca e sviluppo di un nuovo antibiotico è oggi estremamente complesso e rischioso: secondo dati OCSE, solo l’1,5% delle molecole in pipeline accedono alla pratica clinica, un rapporto che scende a 1 su 30 per le nuove classi di antibiotici. Attualmente si dispone quindi di un numero limitato di questi farmaci: dal 2017, infatti, sono stati approvati solo 12 nuovi antibiotici, 10 dei quali appartengono a classi esistenti che riportano già meccanismi di resistenza antimicrobica, mentre solo uno è efficace contro entrambi i patogeni più difficili da trattare e prioritari per l’OMS: CR Acinetobacter baumannii e CR Pseudomonas aeruginosa. Anche per questa ragione, secondo l’OMS, lo sviluppo di nuovi trattamenti antibatterici risulta inadeguato per affrontare la sfida globale dell’AMR. Gli antibiotici sono di conseguenza un investimento ad altissimo rischio e pongono quindi un problema di sostenibilità dell’investimento da parte delle aziende. Questa situazione sottolinea l’enorme unmet need clinico e l’urgente necessità di rendere più attrattiva e competitiva la R&S di antibiotici, specialmente per quelli di tipo Reserve.

“Nonostante nell’ultimo anno il contrasto all’antimicrobico resistenza sia entrato nell’agenda politica, con la pubblicazione, a febbraio 2023, del secondo Piano Nazionale di Contrasto all’Antimicrobico Resistenza (PNCAR) 2022-2025 finanziato con 40 milioni di euro per gli anni 2023, 2024 e 2025, e la presentazione di una proposta di legge per la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate all’assistenza, spesso causate dai patogeni multiresistenti, in Italia non sono state fatte azioni politico-istituzionali incisive per rendere disponibili e sostenibili, da un punto di vista economico, antibiotici indirizzati al trattamento delle infezioni resistenti con limitate opzioni di cura, e classificati come Reserve dall’OMS”, ha concluso Massimo Andreoni.

I fattori che concorrono all’antimicrobico resistenza sono molteplici e vanno da un aumentato e inappropriato uso di questi farmaci, non solo sull’uomo ma anche in zootecnia e in agricoltura, a una scarsa sensibilità al problema da parte della popolazione. Come ricordato Marco Falcone, Professore Ordinario di Malattie Infettive, Università degli Studi di Pisa; Direttore Delegato, Clinica di Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Universitaria di Pisa; Segretario, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit), tutti i progressi scientifici fin ora fatti nel campo della medicina per la cura di tutte le patologie, soprattutto quelle gravi come i tumori, posso essere resi vani da una semplice infezioni, da un batterio oggi resistente agli antibiotici. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) sono uno degli aspetti più rilevanti dell’AMR. Secondo Falcone ciò è dovuto in parte all’abuso, in comunità e in ospedale, degli antibiotici più comuni, “quelli prescritti dal medico di famiglia o che le persone di auto prescrivono”. Gli ospedali devono essere dei luoghi sicuri e questo non solo grazie a interventi di tipo infermieristico o igienistico, serve limitare il fenomeno dell’AMR.

In un contesto caratterizzato dall’aumento dell’AMR e di perdita di competitività e attrattività del settore degli antibiotici, si rende indispensabile fornire alle aziende farmaceutiche un nuovo framework normativo e regolatorio, più favorevole all’innovazione nel comparto degli antibiotici, adattando gli strumenti di policy già esistenti (come lo status di Innovazione) alle peculiarità del comparto e attivando un sistema di incentivi e agevolazioni di tipo Push – incentivazione della ricerca e sviluppo di nuovi antibiotici – e Pull – assicurazione della disponibilità e dell’accesso agli antibiotici. I diversi programmi di incentivi Push come, ad esempio, partnership pubblico-privato, finanziamenti, agevolazioni fiscali, come quelli attivati da policy maker, industria e comunità filantropica negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, per massimizzare la propria efficacia devono essere incrementati e accompagnati da incentivi Pull, introdotti da alcuni Paesi europei tra cui Francia, Germania, Regno Unito e Svezia, ma non dall’Italia, uno dei Paesi in cui le multi-resistenze sono più diffuse. Questi incentivi (in primis esclusività di mercato, contratti d’acquisto anticipato, esenzione dal meccanismo di clawback) contribuiscono a garantire un giusto ritorno sull’investimento per gli antibiotici più innovativi e, al contempo, promuovono l’accessibilità e gli sforzi di stewardship.

Ad oggi, tra gli esperti della comunità medico-scientifica, vi è un consenso diffuso sul fatto che nessun singolo incentivo è sufficiente a stimolare la R&S sugli antibiotici e che, quindi risulta necessario un approccio combinato Push e Pull lungo tutto il percorso di ricerca sugli antibiotici. “Il problema più rilevante è l’assenza di un collegamento tra il sistema di prezzo e rimborso e quello di ricerca e sviluppo dei nuovi antibiotici. I meccanismi di tipo Push and Pull o altri sistemi di incentivazione non possono essere limitati esclusivamente alla fase finale dell’ingresso del prodotto sul mercato, ma devono far parte di un sistema più ampio che tiene conto del rischio dell’investimento iniziale e del valore di avere un nuovo antibiotico”, ha sottolineato Daniela Bianco, Partner e Responsabile dell’Area Healthcare di The European House, Ambrosetti. “Si tratta di un tema molto caldo a livello internazionale, dibattuto nell’ultimo G7 sotto la presidenza giapponese, e attenzionato nell’ambito della nuova proposta di Strategia farmaceutica europea”. Nel caso degli antibiotici, a maggior ragione di quelli di tipo Reserve, il ritorno di investimento derivante dalle vendite non è sufficiente a coprire i costi di R&S. La breve durata dei trattamenti, così come le politiche di stewardship antimicrobica, che correttamente raccomandano un uso limitato e appropriato degli antibiotici, riservando quelli più innovativi alle linee successive di trattamento anche per rallentare lo sviluppo di resistenze, incidono sul settore degli antibiotici, già caratterizzati da prezzi di mercato relativamente più bassi di altri farmaci.

Ma come sottolineato da Beatrice Lorenzin, Commissione Bilancio, Senato della Repubblica, l’approccio al problema dell’AMR deve essere a 360°, culturale e finanziario. “Serve assumere l'antibiotico solo se necessario e dopo un tampone per avere la certezza che l'antibiotico che stiamo assumendo è quello giusto per il batterio che noi vogliamo combattere e non essere noi resistenti a questo antibiotico”, ha precisato Lorenzin e smettere di “considerare l'antibiotico come un farmaco da banco”. Dall’altro lato la ricerca è fondamentale ma, “investire sugli antibiotici, purtroppo, rende molto di meno che su altri farmaci” e per questo servirebbero finanziamenti pubblici “anche con fondi globale, come è successo per il Covid” in affiancamento alla ricerca indipendente “per esempio fatta anche da Aifa”. È chiaro che serve anche un intervento sul prezzo perché se da un lato è vero che “gli antibiotici non possono essere considerati un farmaco da banco, è altrettanto vero che alcune aree del mondo non hanno accesso a queste terapie, soprattutto ai farmaci Reserve”, ha precisato Lorenzin. In ultimo è necessario rendere appropriato l’utilizzo degli antibiotici nella catena alimentare nel rispetto delle normative italiane: “l’Italia è uno dei Paesi all’avanguardia da questo punto di vista eppure sulla resistenza agli antibiotici siamo ancora purtroppo un fanalino di coda”.

“La politica deve dare delle risposte”, ha detto Ylenja Lucaselli, Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione, Camera dei Deputati. “Ha già iniziato nella scorsa legge di bilancio – ha proseguito - con lo stanziamento di 40 milioni annui per aiutare e sviluppare la ricerca. Il tema, però, non è soltanto un tema economico, è anche un tema culturale. Noi dobbiamo ricominciare a parlare di quando l'antibiotico deve essere utilizzato, di quando invece non deve essere utilizzato. A questo dobbiamo aggiungere le risorse economiche necessarie per sviluppare la ricerca, e questo è un focus del Governo e sul quale il Ministro Schillaci lavora già da tempo”, ha concluso.

“Alla luce delle esperienze già avviate a livello europeo ed internazionale, l’auspicio è che anche in Italia, che ancora purtroppo detiene il primato negativo per infezioni da patogeni multi-resistenti, possano essere introdotti nuovi modelli di governance e di finanziamento a sostegno della R&S di nuovi antibiotici e al fine di garantire l’accesso e la sostenibilità economica nel medio/lungo periodo per gli antibiotici Reserve già esistenti”, ha sottolineato Simona Falciai, General Manager di Shionogi Italia. “Riteniamo, infatti, che gli incentivi di tipo “Pull” proposti dal panel di esperti coordinato da The European House - Ambrosetti siano uno strumento importante per fare in modo che le aziende come Shionogi possano continuare ad investire nella R&S per rendere disponibili opzioni di trattamento efficaci e sicure per debellare infezioni multi-resistenti per i pazienti italiani”.

È dunque fondamentale e urgente adottare, anche in Italia, misure che favoriscano l’innovazione e promuovano la ricerca, al fine di affrontare in modo efficace il problema della resistenza agli antibiotici e sostenere lo sviluppo di nuovi antibiotici.

Le proposte del Policy Brief



16 novembre 2023
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