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Ue. Allarme personale sanitario: nel 2020 mancherà all’appello 1 milione di operatori


Con la crisi la spesa per la sanità in molti paesi europei è scesa alterando il rapporto tra investimenti necessari allo sviluppo del personale sanitario e la mobilità di quest'ultimo. Tutto ciò significa che se non s’invertirà la rotta nel 2020 circa il 15% della domanda totale di assistenza non sarà coperto. Il Rapporto finanziato dall'Ue di 'Health Workers 4 all’. Sintesi Rapporto integrale.

12 MAR - Nel 2020, tra solo 6 anni, l’Europa rischia una carenza di 1 milione di operatori sanitari. L'impatto dell'attuale crisi economica e finanziaria è infatti una minaccia molto concreta per l'applicazione del Codice di condotta OMS per il reclutamento di personale sanitario da parte degli Stati membri dell'UE: la spesa pubblica per la sanità in molti paesi è diminuita, alterando il rapporto tra gli investimenti necessari allo sviluppo del personale sanitario e la mobilità di quest'ultimo. Conseguenze evidenti sono fenomeni come il brain drain di operatori sanitari che colpisce non più solo i paesi extra europei più poveri, ma anche l'est e il sud dell'Europa, inclusa l'Italia.

Il quadro emerge nel Rapporto elaborato nell'ambito del progetto Ue "Personale sanitario per tutti e tutti per il personale sanitario" (HW4All) ‘Health Workers 4 all’, di cui AMREF è capofila in Italia. 

L’analisi mostra, come i sistemi sanitari siano fortemente minati dalla mancanza critica di personale e l'aumento del turnover delle professioni sanitarie: si stima che, se le tendenze non saranno invertite, entro il 2020 ci sarà una carenza di circa 1 milione di operatori sanitari.
Da qui una serie di raccomandazioni rivolte ai governi e a tutti gli attori coinvolti nell’implementazione del Codice di condotta: rivedere le politiche di austerity e quelle di aiuti allo sviluppo; puntare su un mercato unico europeo che tuteli la libertà di movimento, ma che incentivi anche un'equa distribuzione degli operatori sanitari; rilanciare le indicazioni del Codice OMS per rimettere al centro del dibattito sullo sviluppo e la mobilità del personale sanitario una prospettiva di salute pubblica.
 
La domanda per  servizi sanitari aumenterà moltissimo nei prossimi anni a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. La maggior parte degli Stati membri dell’Unione Europea sta fronteggiando al momento una mancanza critica di personale che coinvolge alcune professioni sanitarie, aree di specializzazione medica e aree geografiche. Tutto questo potrebbe peggiorare in futuro qualora non vengano prese decisioni al più presto. Il pensionamento di una grande parte di medici sta infatti restringendo la forza lavoro europea in ambito sanitario ed è stimato che entro il 2020 la percentuale europea di medici che vanno in pensione raggiunga il 3,2%.       
 
Una situazione simile è riscontrabile anche fra il personale infermieristico dal momento che, in base ai dati raccolti da alcuni  Stati membri, l’età media della categoria sia fra i 41 e 45 anni. Le evidenze che si riscontrano in alcuni paesi mostrano un incremento nel livello di turnover delle  Professioni sanitarie e ciò è causato in parte da livelli salariali bassi, ma anche da fattori non finanziari come le condizioni di lavoro non soddisfacenti. Lo studio "Nurse Forecasting in Europe" sul personale infermieristico conferma che nei 12 paesi europei oggetto del rapporto vi siano problemi legati al logoramento e all’insoddisfazione degli infermieri.
 
Il problema di bilanciamento dei ritmi vita-lavoro, in particolare, è più rilevante nei settori sanitari dal momento che la partecipazione delle donne è stata storicamente importante e ancora oggi sta aumentando.   
 
 
La Commissione europea, con il suo "Staff  Working Document  on an Action Plan for the EU Health Workforce", stima che, senza l’adozione di misure in grado di rispondere  a queste sfide, entro il  2020 ci  sarà una carenza di circa 1milione di operatori sanitari.
 
Un numero che nel lungo periodo potrebbe raggiungere i 2 milioni se si considerano l’assistenza a lungo termine e il personale ausilario. Tutto questo significa che circa il 15% della domanda totale di assistenza non sarà coperto.
 
La mancanza di personale sanitario in alcuni Stati membri ha inoltre portato a un incremento dell’assunzione di professionisti sanitari extra-comunitari. Gli schemi di migrazione di medici provenienti dall’esterno dell’UE variano molto, con una mobilità maggiore che si riscontra da paesi con un passato coloniale, con un forte legame linguistico e storico.     
 
Un'indagine in 10 Stati membri ha mostrato come il 30% dei medici “migranti” arrivino dall’esterno dell’UE in Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Polonia. Questo dato arriva al 60% in  Francia e Italia e all’80% in Irlanda e Regno Unito.
           
Al momento, comunque, l’assunzione di professionisti sanitari provenienti da paesi extra Ue sembra in calo, in parte a causa dell’implementazione di una legislazione più restrittiva, in parte per il cambiamento del contesto economico:  l’UE non è più una meta ambita sia a causa dei problemi
all'ingresso, sia perché in molti preferiscono USA o Canada. In particolare, c'è il concreto rischio di un aumento nell’assunzione di personale europeo da parte di strutture sanitarie statunitensi, fatto che potrebbe peggiorare ancora di più le carenze già presenti in Europa.
 
 
Il calo della spesa sanitaria in Europa nel biennio 2009-2011 e le conseguenze
Nel contesto dei pacchetti di austerità attuati nel periodo 2009-2011, la spesa pubblica per la sanità in molti paesi è dimininuita, sia in termini assoluti, sia in percentuale rispetto alla spesa pubblica totale, nonostante gli sforzi per proteggere il bilancio sanitario.      
 
Allo stesso tempo, sono stati effettuati ampi tagli alla spesa nei settori dei servizi alle comunità, dell'istruzione e della protezione sociale, mentre i bilanci ufficiali di assistenza allo sviluppo nei paesi OCSE sono diminuiti nel 2011di circa il 3%. Questi  sviluppi incidono direttamente sul rapporto tra mobilità del personale sanitario e investimenti   nello sviluppo dello stesso,temi che sono centrali nel Codice di condotta.
 
Salari dei dipendenti, stipendi e indennità rappresentano circa il 42,3% della spesa pubblica in sanità nei 18 paesi dell’Area Europea dell'OMS e le politiche di molti paesi si sono pertanto concentrate sul taglio degli stipendi.    
           
           
Ci sono indicazioni che in alcuni paesi europei vi è stata una riduzione(Cipro,Irlanda, Lituania, Portogallo, Romania) o un congelamento (Regno Unito, Slovenia) degli stipendi dei professionisti sanitari, o una riduzione del tasso di incremento salariale (Danimarca). La Grecia ha dovuto fronteggiare riduzioni   particolarmente rilevanti del suo personale sanitario.
 
Altri approcci per abbassare gli stipendi hanno incluso: aumenti dei contributi pensionistici del settore pubblico e riduzioni di prestazioni, portando de facto ad una riduzione di stipendio (Regno Unito); taglio agli straordinari e ai turni di notte, allungando così i turni e coinvolgendo meno personale (Islanda); vincoli sul mantenimento del contratto a retribuzioni più basse (contratti di pulizia privata  e personale IT  in Serbia).
 
Nella Repubblica Ceca i medici sono riusciti a resistere ai tagli dei loro stipendi con negoziazioni e proteste. Nel frattempo, l'Albania, in gran parte isolata dalla crisi, la Bielorussia e l'Ucraina hanno continuato ad aumentare gli stipendi degli operatori sanitari.           
           
Per ottenere risparmi immediati riducendo i costi generali, in alcuni paesi si  sono anche  registrate chiusure, fusioni, centralizzazioni o tagli di  personale all'interno di strutture non direttamente erogatrici di assistenza medica quali il ministero della salute e le agenzie di salute pubblica (Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Grecia, Islanda, Kirghizistan, Lettonia, Lituania, Moldavia, Portogallo, Romania, Scozia, Serbia, Slovacchia, Spagna, Tagikistan, Ucraina, Regno Unito).In alcuni paesi i cambiamenti sono stati veramente rilevanti.          
           
Differenze salariali fra diversi paesi o all'interno dei paesi (tra il settore pubblico e quello privato) fanno prospettare un aumento della cosiddetta "fuga dei cervelli". Le prime indicazioni in tal senso ci sono già. L‘Italia, per esempio, considerata fino a poco tempo fa un paese di arrivo per infermieri stranieri professionisti, nei primi anni 2000 è divenuta un paese di partenza sia per infermieri sia per medici in cerca di lavoro all'estero. Allo stesso modo, quasi 1000 medici, la maggior parte dei quali specialisti, lasciano l'Ungheria ogni anno per vivere e lavorare in un altro paese   europeo.
 
 
Le proposte per uscire dall’impasse
L'UE, secondo il rapporto dovrebbe invertire l’attuale tendenza di stagnazione o riduzione di aiuti nella maggior parte dei paesi dell'UE27. Al tempo stesso, essa dovrebbe assicurare che il 50% dei nuovi fondi per la  salute siano rivolti a rafforzare i sistemi sanitari, con il 25% che incida direttamente sulla formazione e fidelizzazione del personale sanitario, come raccomandato  dall’OMS, convogliando fondi attraverso piani sanitari nazionali e le relative strategie sul personale sanitario.
 
Se si adotta un tale approccio  di coerenza politica, l'Unione europea avrà quindi sufficienti strumenti di policy (compresi regolamenti, direttive e decisioni) per consentire di rispondere ai problemi di mobilità delle professioni sanitarie e per l'attuazione del Codice OMS in un modo che vada ben oltre la natura volontaria delle sue disposizioni.

12 marzo 2014
© Riproduzione riservata


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