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Onu. L’Italia al 24° posto nella classifica mondiale dello sviluppo umano


Ma con 74 anni alla nascita siamo al 3° posto per l'aspettativa di vita in buona salute. Pubblicata l’edizione 2011 del Rapporto delle Nazioni Unite dedicato all’analisi delle condizioni di vita nel pianeta. La nostra posizione assoluta migliora (15° posto) in relazione alle equità di genere.

02 NOV - Un italiano può sperare seriamente di vivere in buona salute fino a 74 anni. Meglio di noi, nel mondo, solo i giapponesi con 76 anni e gli svizzeri con 75 anni. Al lato opposto un cittadino della Sierra Leone che ha davanti a sé, dalla nascita, non più di 35 anni di vita in buona salute e un afgano che non può sperare in media di superare i 36.
Forse questi dati, più di ogni altro, ci danno il senso di quanto, nonostante la acclamata globalizzazione dei mercati e delle economie, il mondo sia sempre più diviso. Anche sui principali indicatori, come per l’appunto quello della speranza di vita in buona salute (Hale) messo a punto qualche anno fa dall’Oms.
La spiegazione e, insieme, le possibili soluzioni, a questo scenario che frammenta il nostro pianeta in tante macro e micro aree di qualità della vita umana, viene dall’ultimo “Rapporto sullo sviluppo umano” appena pubblicato dalle Nazioni Unite, che stila anche una classifica mondiale basata su diversi indicatori (economici, ambientali, sanitari, sociali e di equità) che ci vede piazzati al 24° posto assoluto, dopo molti paesi europei (tra i grandi partner UE, solo la Gran Bretagna è dietro di noi).
Una posizione che però migliora portandoci fino al 22° posto inserendo nella classifica il correttore dell’indice per la disuguaglianza e conducendoci addirittura fino al 15° posto se il correttore viene tarato specificatamente sulla disuguaglianza di genere.
In ogni caso l’Italia si colloca nell’’area dei Paesi con “sviluppo umano molto altro” che conta in tutto 47 Paesi guidati dal terzetto formato da Norvegia (1° posto), seguita da Australia e Paesi Bassi.
Ma c’è comunque poco da star contenti, perché se pensiamo che in ogni caso i 7 miliardi di essere umani sono parte di un unico complesso di interessi e interrelazioni, crogiolarsi per la posizione di privilegio serve a poco considerando le tensioni e i conflitti che i dislivelli persistenti nella qualità e nella stessa possibilità di vita provocano e provocheranno sempre di più in futuro.
E tutto ciò anche in considerazione del fatto che il prezzo più alto in termini di ambiente e salute lo pagano proprio i più poveri e disagiati che, osserva il Rapporto dell’Onu, “sopportano e continueranno a sopportare le ripercussioni del degrado ambientale, anche se contribuiscono in misura minima al problema”. Ma non basta. Il Rapporto sottolinea infatti che il permanere di così forti dislivelli di equità e sviluppo, avrà ripercussioni globali portando ad un abbassamento generale dell’indice di sviluppo umano tra l’8 e il 15% a partire dal 2050.
Da qui la proposta del Rapporto, in vista della Conferenza dell’Onu sullo sviluppo sostenibile in programma nel giugno 2012 a Rio de Janeiro, “per cercare un nuovo accordo sulle iniziative globali per salvaguardare il futuro del pianeta e il diritto delle generazioni future del mondo intero a vivere esistenze prospere e appaganti”.
 
Leggi il rapporto integrale in lingua inglese o la sintesi in italiano.

02 novembre 2011
© Riproduzione riservata


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