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Chi eserciterà il potere democratico nella nuova Unione Europea?

di Grazia Labate

Passati i duelli elettorali e scomparse immaginette, santini, e rosari, ci si accorge che la “nuova” Europa è molto simile a quella dei padri fondatori, con i suoi equilibri, i suoi numeri e le sue procedure. Se sarà un bene o un male, lo scopriremo nei prossimi mesi. Il cambiamento che pur ci vuole non può ignorare il principio di realtà

28 MAG - Durante tutta la campagna elettorale le notizie dall’estero e dall’Italia concordavano che queste sarebbero state le elezioni in cui avrebbero avuto la meglio i sovranisti sulle vecchie famiglie europee e invece la maggioranza del Parlamento europeo resta in mano ai Popolari, Socialisti, liberali, a cui si aggiungono una folta pattuglia di Verdi.

Tranne che in Italia, Francia e Regno Unito, il sovranismo, non ha avuto tutto il successo predetto.
Le elezioni europee dello scorso fine settimana ci erano state presentate come il redde rationem, della democrazia.
Nel complesso gli equilibri non cambiano di molto, il fronte sovranista riscopre due nuovi campioni - Matteo Salvini e Nigel Farage - ma, alla conta dei voti nelle urne, i numeri non sono entusiasmanti come i comizi dei leader.

La nuova Lega nazionale porta in dote ai suoi alleati europei 28 parlamentari che, sommati a quelli di Marine Le Pen e a qualche presenza sparsa, compongono un drappello di appena 71 deputati; Farage, invece, difenderà le prerogative di Sua Maestà con 29 colleghi, ma il calo dei 5 Stelle riduce la sua pattuglia ad appena 44 nemici della tecnocrazia bruxellese, posto che l’M5S, ormai in piena crisi d’identità, decida di andare col capo cosparso di cenere a chiedere aiuto all’ex alleato Nigel Farage, il quale sta pensando nel frattempo cosa rispondere a Salvini.

I due gruppi maggiori, da sempre pilastri delle decisioni d’Aula, per quanto ammaccati hanno, tutto sommato, tenuto: i Popolari di Angela Merkel, hanno 178 seggi, una quarantina in meno rispetto alla scorsa legislatura, rimanendo di gran lunga il primo gruppo parlamentare per consistenza; probabilmente toccherà a loro - a meno di accordi diversi - esprimere tutte le principali cariche dell’Unione, dal Presidente del Parlamento, fino a quello della Commissione e del Consiglio Europeo.

I socialisti, dati per sconfitti, tallonati dai verdi, preoccupati dai populisti sovranisti, ritenuti dai media sconfitti dalla storia, perdono pure loro 39 seggi, arrivando a 148 deputati totali, ma il successo di Pedro Sanchez insieme all’insperata solidità del Partito Democratico, ai socialdemocratici olandesi, permettono alla sinistra “tradizionale” di tirare un sospiro di sollievo.

 Anche se rimangono comunque problemi giganteschi, poiché partiti storici come il PS francese e il PASOK sono ridotti a percentuali a cifra singola, mentre addirittura la solidissima socialdemocrazia tedesca arranca fino a un misero 15% nazionale, la metà dei voti della CDU di Angela Merkel e, cosa ancor più umiliante, cinque punti dietro ai Verdi che diventano così la seconda forza politica tedesca.

Sul pianeta liberale, nel frattempo, le cose vanno meglio ma non benissimo, Emmanuel Macron è stato sconfitto da Marine Le Pen (che chiede già le dimissioni del Presidente e lo scioglimento dell’Assemblea Nazionale) e i deputati di En Marche! si troveranno a condividere lo spazio con i loro omologhi liberali inglesi (che hanno superato i laburisti) e partiti più piccoli come l’FDP tedesco.

Il quadro complessivo, dunque, pare piuttosto stabile, l’unica maggioranza possibile è quella - canonica - che coinvolge Socialisti, Popolari e Liberali con, eventualmente, un occhiolino ai Verdi, magari per approvare i testi dedicati alla tutela dell’ambiente. Nonostante i roboanti successi nazionali e le probabili conseguenze in sede di governo, la seducente retorica del “capitano” rischia di trovarsi abbastanza afona a Bruxelles.

La nuova Commissione Europea - che non sarà composta prima dell’autunno inoltrato - avrà una solida maggioranza di centrodestra e, stando alle opinioni che circolano a Bruxelles, pure gli “amici” di Salvini (Orban, Kurz e altri) non sembrano essere favorevoli nemmeno all’ascolto quando i paesi del sud Europa, parlano di migranti, ricalcolo del deficit e spesa pubblica.

Passati i duelli elettorali e scomparse immaginette, santini, e rosari, ci si accorge che la “nuova” Europa è molto simile a quella dei padri fondatori, con i suoi equilibri, i suoi numeri e le sue procedure. Se sarà un bene o un male, lo scopriremo nei prossimi mesi. Il cambiamento che pur ci vuole non può ignorare il principio di realtà.

La realtà travolge molto spesso il desiderio e la democrazia è un processo lungo e difficile, che occorre praticare ogni giorno con infinita pazienza e tolleranza non al grido di Io, Io, ma Noi, Noi.
 
Grazia Labate 
Ricercatrice in economia sanitaria già sottosegretaria alla sanità

28 maggio 2019
© Riproduzione riservata


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