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Pma: Roccella, la legge 40 funziona


Aumentano le coppie che si sottopongono ai trattamenti di fecondazione assistita, aumenta il numero di bambini nati e aumentano le gravidanze ottenute. Questa la sintesi che emerge dalla Relazione annuale del Ministero al Parlamento sull’applicazione della legge 40 in materia di procreazione medicalmente assistita riferita al 2008.

08 LUG - “La relazione annuale del ministero della Salute sull’applicazione della legge 40 in materia di procreazione medicalmente assistita, depositata in Parlamento, ci dimostra che questa è una legge che funziona. Nel 2008, infatti, sono aumentati sia i cicli sia le gravidanze sia i bambini nati, che hanno superato quota 10.000”.  Così il sottosegretario Eugenia Roccella, sulla Relazione in materia di Pma (vedi allegato a fondo pagina) da cui emergono dati, relativi al 2008, che confermano il trenddi aumento delle coppie che si sottopongono ai trattamenti di fecondazione assistita, l’aumento dei cicli iniziati, delle gravidanze ottenute e dei bambini nati, che nel 2008 superano per la prima volta la soglia dei diecimila (10.212). Questo considerando tutte le tecniche di Pma, da quelle di I livello, ovvero semplici e poco invasive (inseminazione artificiale), fino a quelle di II e III livello, più complesse e più invase (fecondazione in vitro e trasferimento dell’embrione – Fivet).
Altro elemento da tener presente è che questa relazione facendo riferimento al 2008 non tiene conto della sentenza della Corte Costituzionale n.151 del 2009 che ha modificato profondamente la legge 40 in forza del rispetto del principio costituzionale di eguaglianza e del diritto alla salute.
Aumenta l’età delle donne
In particolare – si legge nella sintesi – per quanto riguarda le tecniche di II e III livello, i cicli iniziati nel 2008 hanno mostrato un ulteriore incremento rispetto all’anno 2007 (44.065 cicli iniziati nel 2008 contro 40.026 cicli iniziati nel 2007), le gravidanze ottenute sono 8847 nel 2008 contro 7854 nel 2007, i bambini nati 7.492 nel 2008 contro 6.486 nel 2007”.
Il 2008 è stato però anche l’anno in cui si è assistito ad un ulteriore incremento dell’età delle donne che accedono alla Pma: 36,1 anni nel 2008; al di sopra della media europea che, per il 2005, ha fatto registrare un valore pari a 33.8 anni. Inoltre, in Italia ben il 26,9% dei cicli – ovvero uno su quattro – è effettuato da pazienti con età superiore ai 40 anni, dato anche questo in aumento rispetto al 2007, quando era il 25.3%
Migliora l’efficacia delle procedure
Il miglioramento delle procedure di Pma, indicato da tutti gli indicatori: numero dei nati vivi e numero delle gravidanze, è sicuramente un elemento positivo e per questo dal Ministero fanno sapere come tenendo conto di questi dati, l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita e la loro conseguente applicazione “nelle modalità previste dalla legge 40/2004, possono essere considerati più che soddisfacenti”.
Il miglioramento delle procedure fa registrare anche un altro dato interessante vale a dire la percentuale delle complicanze per iperstimolazione ovarica, già molto più bassa della media europea, è diminuita ulteriormente (0,45% dei cicli).
I parti gemellari sono stati il 21,0%, attestandosi intorno ai valori della media europea, mentre i trigemini la superano, con una media nazionale del 2,6%. Questo però – riferisce la relazione – è un risultato medio di valori che, escludendo i centri con meno di dieci parti, variano da zero al 30,8%. In questo risultato medio sono compresi il 67,3% dei centri che presenta valori fra lo zero e il 2,5%, inferiori quindi alla media nazionale, e un 23,9% di centri con valori che variano dal 2,6% al 10%.
Diagnosi preimpianto
Insomma, secondo i dati della Relazione, la legge 40 sembra funzionare a sottolinearlo ancora una volta è la Roccella che sulla diagnosi preimpianto, che ha suscitato tante polemiche, dice: “a chi, plaudendo la decisione dell’Alta corte tedesca di autorizzare la diagnosi preimpianto, vorrebbe introdurla anche in Italia e distruggere la struttura equilibrata di questa legge rispetto a tutti i soggetti coinvolti, vorrei ricordare che a tutt’oggi la diagnosi preimpianto mantiene un ampio margine di errore e che non ci sono sufficienti studi di follow-upper garantire la sicurezza e l’efficacia della pratica”
La diagnosi preimpianto serve ad evitare aborti tardivi dovuti alla scoperta di patologie del bambino? Anche su questo la Roccella è scettica “a chi dice che attraverso la diagnosi preimpianto si possono evitare aborti tardivi dovuti alla scoperta di patologie del bambino, suggeriamo di verificare i dati. In Gran Bretagna, per esempio, uno dei paesi europei in cui è più ampia la possibilità di ricorrere alla diagnosi preimpianto, le percentuali di aborti dopo la fecondazione assistita sono molto simili a quelle italiane”.

08 luglio 2010
© Riproduzione riservata


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