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Sanità digitale: il falso problema della dicotomia tra Stato e Regioni

di Gianluca Polifrone

Piuttosto diventa imprescindibile trovare una sintesi tra sfera Pubblica e Mercato Privato, a condizione che lo Stato abbia una visione strategica al fine di creare un SSN che abbia un sistema informativo pensato per 60 milioni di abitanti con un catalogo di servizi sanitari omogeno su tutto il territorio nazionale. Solo così saremo in grado di chiedere al mercato privato ciò di cui abbiamo realmente bisogno

17 DIC - Se vogliamo realmente fare il salto verso una “sanità digitale” propriamente detta, diventa ineludibile, fare un vero e proprio salto di qualità, che deve tenere conto di due stelle polari. In primo luogo conoscere e applicare bene la nostra Costituzione che dopo 70 anni si dimostra “sempre verde”. In secondo luogo è indispensabile usare al meglio le risorse economiche del Next Generation Europe (Recovery fund) evitando gli errori e gli sprechi del passato visto che ci giochiamo buona parte degli investimenti rivolti alle generazioni future.
 
Come prima cosa è necessario chiarire che la dicotomia tra Stato e Regioni, in tema di innovazione di competenze sulla realizzazione di un “progetto di sanità digitale” omogeneo su tutto il territorio nazionale, è un falso problema.
 
Piuttosto diventa imprescindibile trovare una sintesi tra sfera Pubblica e Mercato Privato, a condizione che lo Stato abbia una visione strategica al fine di creare un SSN che abbia un sistema informativo pensato per 60 milioni di abitanti con un catalogo di servizi sanitari omogeno su tutto il territorio nazionale. Solo così saremo in grado di chiedere al mercato privato ciò di cui abbiamo realmente bisogno.
 
Partiamo allora proprio dalla Carta costituzionale.
Ogni riforma sanitaria deve avere come stella polare il rispetto dell’articolo 32 della Costituzione, in cui la salute stessa viene elevata a fondamentale diritto dell’individuo e, allo stesso tempo, interesse della collettività.
 
È opinione diffusa che la situazione italiana, altamente disomogenea in tema sanitario, è resa particolarmente complessa da un vizio a monte: la difficoltà a definire compiutamente i rispettivi ambiti di competenza dello Stato e quelli delle Regioni con particolare riguardo all’innovazione. Se è vero che in un quadro costituzionale intrecciato (concorrente) è attribuita alle Regioni la competenza in materia di sanità; non vi è dubbio alcuno che lo Stato detiene il monopolio legislativo in alcuni temi cruciali. Uno di questi è il: “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale”, ai sensi dell’art. 117 lettera r), della Costituzione.
 
A questo punto è necessario comprendere la differenza tra un “servizio digitale” che viene realizzato a supporto della sfera sanitaria, rispetto ad un servizio sanitario in senso stretto. Mentre il primo deve essere pensato e realizzato nel pieno rispetto del precetto costituzionale del’art. 117 lett r della Costituzione, il secondo non vi è dubbio alcuno che è di competenza delle Regioni.
 
Per cui i “servizi digitali”, debitamente implementati in ambito sanitario, consentirebbero di valorizzare la dimensione comunitaria e relazionale e, di conseguenza, il carattere inclusivo del nostro SSN, concorrendo all’eliminazione di quelle barriere economiche e sociali che costituiscono un ostacolo all’attuazione del pieno sviluppo della persona umana verso il quale l’articolo 3 della Costituzione indirizza l’azione dei pubblici poteri. In questa prospettiva così costituzionalmente orientata, l’intervento legislativo statale in materia di realizzazione e perfezionamento dell’innovazione digitale in sanità trova legittimazione proprio nell’articolo 117 appena citato, che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato il “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale”.
 
D’altro canto sulla base di questo precetto costituzionale abbiamo realizzato il fascicolo sanitario elettronico, su cui tanto dobbiamo lavorare, e con questo orizzonte si dovranno realizzare i progetti in ambito regionale che, sommati tutti insieme, devono realizzare quella tanta sventolata “sanità digitale” e che ad oggi stentiamo a far decollare come progetto nazionale.
 
Ad esempio sulla “Telemedicina” a cui verranno destinati 4,5 miliardi di euro nell’ambito del Recovery found; sarebbe preminente inserire all’interno dei bandi di gara, espletati dalle Regioni, il requisito dell’interoperabilità interregionale dei devices che acquisteremo dal mercato. A mio sommesso parere il requisito dell’interoperabilità dei devices andrebbe inserito nei bandi di gara di tutte le regioni proprio nel rispetto di quel precetto costituzionale sancito nella lettera r dell’art. 117 della Costituzione. In ultimo, visto che siamo degli europeisti convinti, teniamo presente che l’interoperabilità è precondizione indispensabile per creare quel mercato unico digitale sanitario italiano che presto dovrà fare i conti con quel mercato unico dei dati sanitari europeo.
 
Difatti è notizia di questi giorni che il Parlamento Europeo ha approvato il c.d. European Health Data Space, nell’ambito del programma sanitario 2021-2027, del valore di 5,1 miliardi di euro che punta a correggere le carenze evidenziate dalla pandemia da Sars-Cov2 al fine di aumentare la qualità dei servizi sanitari all’interno dell’Unione Europea.
Mi sembra che ci sia tanto da lavorare ed evitare gli errori del passato.
 
Gianluca Polifrone 
Direttore Area Relazione Esterne Aifa
Autore del libro Sanità Digitale: “La rivoluzione obbligata per un modello sanitario omogeneo,  efficiente e giusto”


 

17 dicembre 2020
© Riproduzione riservata


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