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La questione del Direttore Assistenziale

di Filippo Palumbo

Analisi della iniziativa portata avanti dalla Regione Emilia-Romagna. Il vero problema da affrontare è l’elaborazione di strumenti e metodi che realizzino quella “integrazione clinico-assistenziale-organizzativa“ indispensabile per difendere e qualificare il SSN garantendo la erogazione dei livelli essenziali di assistenza

06 SET - Gentile Direttore,
invio alcune considerazioni che mi pare opportuno presentare in merito alla decisione della Giunta Regionale della Emilia-Romagna di formalizzare, con l’adozione di un apposito progetto di legge, l’avvio della ormai ben nota modifica legislativa regionale per introdurre la figura del Direttore Assistenziale nelle aziende sanitarie emiliano romagnole.
 
La problematica affrontata e la soluzione proposta hanno fatto nascere un dibattito acceso, molto acceso, in relazione a:
- il rapporto che tale problematica ha con gli aspetti più generali del confronto tra le professioni mediche e sanitarie;
- l’avvicinarsi della fase attuativa del PNRR – MISSIONE 6, vista come occasione irripetibile per rilanciare il SSN.
 
Le considerazioni che qui saranno svolte è bene siano precedute da un breve richiamo al contenuto tecnico-formale di questa vicenda.
 
È ovviamente chiaro che ci riferiamo alla Delibera della Giunta Regionale della Emilia-Romagna numero 1202 del 26/07/2021 con la quale, su proposta dell’Assessore alle politiche sanitarie:
• si approva il progetto di legge recante “Modifica all’art. 3, comma 5, della legge Regionale 23 dicembre 2004, n. 29 (Organizzazione e finanziamento delle Aziende sanitarie), composto da un unico articolo, riportato in un apposito allegato 2;
• si approva la relativa relazione illustrativa riportata in un apposito allegato 1 e la scheda tecnico-finanziaria contenuta in un apposito allegato 3;
• si inoltra all’Assemblea Legislativa emiliano romagnola il progetto di legge per l’approvazione ai sensi degli artt. 49 e seguenti dello Statuto regionale.
 
Nella parte motiva e narrativa della citata delibera 1202/2021 e poi, più compiutamente, nella relazione illustrativa, vengono riportati sia il contesto normativo nazionale e regionale, sia la disamina della problematica che si è inteso affrontare.
 
Sul piano normativo si fa riferimento a:
• gli articoli 117 e 118 della Costituzione
• gli artt. 49 e seguenti dello Statuto regionale;
• il D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modifiche recante “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421”;
• la legge regionale 23 dicembre 2004, n. 29 “Norme generali sull’organizzazione e finanziamento del servizio Sanitario regionale”;
 
Nel merito della problematica affrontata la deliberazione in questione parte dalla considerazione che:
- sino ad oggi, la Regione Emilia-Romagna ha inquadrato la funzione di direzione del personale assistenziale e tecnico-sanitario nell’ambito dell’attività direttiva prettamente tecnica;
 
- conseguentemente alla “Direzione Infermieristica e Tecnica” (DIT) è stato attribuito il mandato di “collaborare con i Direttori dei Dipartimenti ospedalieri e territoriali allo sviluppo di processi assistenziali coerenti con le strategie aziendali” (vedasi la DGR 3.1.2006, n. 86 recante “Direttiva alle Aziende Sanitarie per l’adozione dell’Atto Aziendale”, poi integrata dalla DGR 20.12.2007, n. 2011 solo relativamente all’organizzazione specifica dei Dipartimenti di cure primarie, di salute mentale e dipendenze patologiche e di sanità pubblica);
 
- tuttavia, in molte Aziende del SSR – e, inoltre, in occasione della tuttora presente emergenza sanitaria da COVID-19 - tale visione risulta superata dalla realtà;
 
- infatti, in tali aziende sanitarie, nata la Direzione Infermieristica e Tecnica (DIT) ad essa è stata affidata la funzione di direzione del personale assistenziale e tecnico-sanitario;
 
- tale funzione è stata inquadrata dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito dell’attività direttiva prettamente tecnica;
 
- alla DIT è stato conferito il mandato di “collaborare con i Direttori dei Dipartimenti ospedalieri e territoriali allo sviluppo di processi assistenziali coerenti con le strategie aziendali”;
 
- la stessa DIT ha visto crescere il suo ruolo concorrendo più propriamente al perseguimento strategico della mission aziendale, garantendo il governo complessivo della funzione assistenziale (assistenza infermieristica, ostetrica, tecnico-sanitaria della riabilitazione e di supporto) e assicurando la direzione e la gestione delle risorse professionali di competenza in modo funzionale agli obiettivi indicati dalla programmazione regionale ed aziendale, secondo i principi della autonomia e della integrazione multi-professionale, nonché promuovendo lo sviluppo e il mantenimento delle competenze.
 
In coerenza con tale realtà, la Regione Emilia-Romagna propone l’istituzione di una Direzione assistenziale anch’essa parte integrante della Direzione strategica aziendale.
 
In particolare, il progetto di legge intende completare la Direzione strategica aziendale, in guisa che in essa oltre al Direttore Generale, al Direttore amministrativo, al Direttore sanitario ed al Direttore delle attività sociosanitarie – quest’ultimo limitatamente alle Aziende USL, se previsto nell’Atto aziendale -, vi sia anche un Direttore assistenziale.
 
In sostanza, l’istituzione di una Direzione assistenziale viene presentata come rispondente essenzialmente alla necessità di consolidare un modello organizzativo grazie al quale consentire al soggetto preposto di:
• partecipare alla definizione della policy aziendale, con particolare riferimento alla valorizzazione delle professioni afferenti alla Direzione;
 
• partecipare al processo di pianificazione strategica, collaborando in stretta sinergia con il Direttore Sanitario nella ricerca degli assetti organizzativi più adeguati alla evoluzione dei bisogni della popolazione, anche attraverso l’individuazione di modelli organizzativi innovativi ad elevata autonomia tecnico-gestionale;
 
• agire in coerenza con le strategie complessive aziendali, secondo una logica di forte integrazione professionale e flessibilità organizzativa, con la creazione di sinergie e relazioni tese alla garanzia ed ottimizzazione della produzione di prestazioni, servizi, percorsi diagnostici, terapeutici ed assistenziali;
 
• promuovere e adottare processi integrati di assistenza, volti al miglioramento della qualità dei servizi e alla appropriatezza clinico-organizzativa, alla partecipazione attiva alla progettazione e implementazione dei percorsi clinico-assistenziali, alle politiche di controllo dei costi e di gestione ottimale delle risorse a disposizione.
 
Dunque, lo scopo del progetto di legge viene identificato come quello di legittimare e introdurre la figura del Direttore assistenziale, senza tuttavia comprimere l’autonomia organizzativa aziendale, che tramite il proprio atto aziendale potrà disciplinare la presenza sia del Direttore delle attività sociosanitarie, sia quella (nuova) del Direttore assistenziale. Sarà pertanto compito della Regione, successivamente all’approvazione ed entrata in vigore del progetto di legge, fornire alle Aziende nuove e specifiche linee guida orientative circa la previsione di dette figure negli Atti aziendali.
 
Viene previsto che il Direttore Assistenziale sia nominato fiduciariamente dal Direttore Generale, attingendo obbligatoriamente agli elenchi regionali di idonei e nel rispetto delle disposizioni vigenti.
 
In esito a tale integrazione legislativa, l’art. 3, comma 5, della Legge Regionale 23 dicembre 2004, n. 29 risulterà come segue (in grassetto la parte di nuova introduzione):
“La Regione nomina il direttore generale ed i componenti del Collegio sindacale. Il Collegio sindacale è composto da tre membri, di cui uno designato dalla Regione, con funzioni di Presidente, ed uno designato dalla Conferenza territoriale sociale e sanitaria. È assicurata allo Stato la possibilità di designare un componente all'interno del Collegio sindacale. Il Direttore Generale è coadiuvato, nell’esercizio delle proprie funzioni, dal Direttore Amministrativo e dal Direttore Sanitario, secondo quanto previsto dall’art. 3 commi 1–quater e 1-quinquies del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni. L’atto aziendale di cui al comma 1 disciplina la presenza di un Direttore delle attività sociosanitarie, limitatamente alle Aziende Unità Sanitarie Locali, e di un Direttore assistenziale. In coerenza con l’art. 3, comma 1, del D. Lgs. 4.8.2016, n. 171, il Direttore generale nomina il Direttore amministrativo, il Direttore sanitario, il Direttore dei servizi sociosanitari e il Direttore assistenziale attingendo obbligatoriamente agli elenchi regionali di idonei, nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia di inconferibilità ed incompatibilità”.
 
La scheda tecnico-finanziaria relativa al progetto di legge regionale di cui parliamo si limita all’affermazione di quanto segue: “All’attuazione del presente progetto di legge regionale, composto da un unico articolo volto ad integrare l’art. 3, comma 5, della Legge regionale 23 dicembre 2004, n. 29 si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, e comunque senza maggiori oneri per il bilancio regionale.
 
Rispetto a quanto sopra ricordato, si possono fare alcune valutazioni.
1. L’impianto della modifica legislativa regionale per la introduzione della figura del Direttore Assistenziale è da considerarsi sui generis laddove nella motivazione si indica, quale scopo del progetto di legge, quello di legittimare e introdurre la figura del Direttore assistenziale, senza tuttavia comprimere l’autonomia organizzativa aziendale, che tramite il proprio atto aziendale potrà disciplinare la presenza sia del Direttore delle attività socio-sanitarie, sia quella (nuova) del Direttore assistenziale.
 
Sembrerebbe che il vero valore da salvaguardare è quello dell’autonomia organizzativa delle aziende sanitarie (Tu azienda sanitaria lo vuoi fare? Io Regione te lo lascio fare). Modelli di questo genere, basati su una capacità delle aziende sanitarie di praticare soluzioni innovative che poi vengono portate a sistema dalla Regione, possono funzionare ma solo se corredati da un apparato valutativo esplicito, formale e definito a priori che consenta di discernere tra innovazioni che funzionano e innovazioni che non funzionano.
 
2. Sul piano strettamente normativo l’allargamento, da parte della Regione, ad un ulteriore soggetto di alcune norme che le legge nazionale prevede siano applicate al Direttore amministrativo, al Direttore sanitario e al Direttore delle attività sociosanitarie suscita forti dubbi di legittimità costituzionale in termini di coerenza con l’attuale riparto delle competenze tra Stato e Regioni previsto dalla vigente Costituzione.
 
3. Un aspetto che va rilevato è che su quattro elementi o obiettivi di cui si dice che sono resi possibili dal provvedimento che introduce la Direzione assistenziale ben due riguardano il tema della integrazione: si parla della “forte integrazione professionale e flessibilità organizzativa, con la creazione di sinergie e relazioni tese alla garanzia ed ottimizzazione della produzione di prestazioni, servizi, percorsi diagnostici terapeutici ed assistenziali; si parla poi di “ promuovere e adottare processi integrati di assistenza, volti al miglioramento della qualità dei servizi e alla appropriatezza clinico-organizzativa, alla partecipazione attiva alla progettazione e implementazione dei percorsi clinico-assistenziali, alle politiche di controllo dei costi e di gestione ottimale delle risorse a disposizione.”.
 
Ma si tratta di affermazioni di principio, di obiettivi generici, qualcosa di ben lontano dallo sforzo culturale e valutativo che nella stessa realtà emiliana, non molto tempo fa, era stato prodotto ed in cui il tema dell’integrazione è stato analiticamente studiato delineando una tassonomia dell’integrazione su base strutturale e su base funzionale. 

4. Altri elementi di perplessità sulla opportunità ed utilità di una generalizzata adozione da parte delle altre singole Regioni riguardano i seguenti punti.
 
L’effetto istituzionalmente più rilevante della modifica è quella di aggiungere alla Direzione strategica la neocostituita figura del Direttore assistenziale. Ma questa aggiunta va valutata sotto due profili quello formale e quello contenutistico e sostanziale. Infatti, la cosiddetta Direzione strategica aziendale non è ( o per lo meno non dovrebbe essere) un concetto o una articolazione che vive di vita propria bensì una espressione sintetica per richiamare quanto previsto dai commi 1-quater e 1-quinquies dell’art. 3 del decreto legislativo 502/1992 e successive modificazioni.
 
Decreto legislativo 502/1992 e successive modificazioni:
art. 3, commi 1-quater e 1-quinquies;
1-quater. Sono organi dell'azienda il direttore generale, il collegio di direzione e il collegio sindacale. Il direttore generale adotta l'atto aziendale di cui al comma 1-bis; è responsabile della gestione complessiva e nomina i responsabili delle strutture operative dell'azienda. Il direttore generale è coadiuvato, nell’esercizio delle proprie funzioni, dal direttore amministrativo e dal direttore sanitario. Le regioni disciplinano forme e modalità per la direzione e il coordinamento delle attività sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria. Il direttore generale si avvale del Collegio di direzione di cui all'articolo 17 per le attività ivi indicate.
1-quinquies. Il direttore amministrativo e il direttore sanitario sono nominati dal direttore generale . Essi partecipano, unitamente al direttore generale, che ne ha la responsabilità, alla direzione dell'azienda, assumono diretta responsabilità delle funzioni attribuite alla loro competenza e concorrono, con la formulazione di proposte e di pareri, alla formazione delle decisioni della direzione generale.


Il ruolo che il Direttore Amministrativo e il Direttore Sanitario svolgono sia ai sensi del comma 1-quater che del comma 1-quinquies è definito sulla base di una suddivisione degli ambiti tematici e dei contenuti generali di competenza di ciascun Direttore sui quali il DG valuta e decide monocraticamente, potendo affidare dirette responsabilità ai medesimi Direttori in base alle loro competenze. Va detto che il problema si era già posto per la figura del Direttore dei servizi sociosanitari. Ma qui l'approccio era ed è rimasto quello per ambiti. Lo stesso d.lgs. 502 prevede una peculiarità degli interventi sanitari a rilevanza sociale e degli interventi sociali a rilevanza sanitaria che rende possibile e opportuno articolare, nelle aziende sanitarie territoriali, in tre campi anziché due il quadro generale delle competenze direttoriali: campo amministrativo, campo sanitario, campo sociosanitario.
 
Con la introduzione della figura del Direttore assistenziale si potrebbe determinare una distorsione del modello generale delineato dal d.lgs. 502 , in quanto si aggiungerebbe all’ attuale approccio per ambiti o per tipologia di attività un approccio per professioni, con un’inevitabile sovrapposizione di compiti ed una collocazione impropria della tematica delle professioni sanitarie e della loro collaborazione ed integrazione.
 
Avviandomi alla conclusione, devo rilevare che sono forti le criticità che la iniziativa di cui parliamo presenta, con un aumento della “frammentazione” (o addirittura “confusione”) dei ruoli e competenze di figure chiave , per non dire del rischio di fare della cosiddetta Direzione strategica il luogo non di definizione delle strategie ma di bilanciamento di pesi e contrappesi tra le esigenze delle varie professioni.
 
Ne vale la pena? Una strada il d.lgs. 502 la indica. Mi riferisco al collegio di direzione (articolo 17 del d.lgs. 502) nel quale potrebbero (anzi dovrebbero) essere incanalate, metabolizzate e definite soluzioni ed aspetti di governo delle aziende sanitarie includenti gli elementi sia di governo clinico sia tecnico professionali o interprofessionali. Certo non è cosa facile governare il Collegio di direzione, ma quello è il luogo dove le istanze e i punti di vista delle varie professioni possono confrontarsi in modo che dalla soggettività dei singoli approcci si passi all’oggettività di una sintesi raggiunta con procedure e confronti tecnici trasparenti.
 
Senza dimenticare il possibile e positivo ruolo che potrebbe essere giocato dai Dipartimenti (ai sensi dell’art. 17-bis del d.lgs. 502).
 
Bisogna sempre ribadire che il vero nodo da sciogliere ( il nodo che, come un macigno, rischia di polverizzare la Missione 6 del PNRR) è quello della mancata elaborazione di strumenti e metodi che realizzino quella “integrazione clinico-assistenziale-organizzativa“ indispensabile per difendere e qualificare il SSN garantendo la erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
 
Filippo Palumbo
Già Direttore generale e Capo Dipartimento della Programmazione sanitaria presso il Ministero della salute

06 settembre 2021
© Riproduzione riservata


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