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Torino. Ospedale Martini. Donna di 37 anni muore dopo interruzione gravidanza con pillola Ru 486. Viale: "Nessun nesso"


Ora sarà l’autopsia a chiarire i reali motivi del decesso e a verificare un eventuale nesso tra il farmaco abortivo e il decesso. La direzione sanitaria: “Questa tragedia non ha una spiegazione”. Aperta inchiesta dalla Procura. Il ginecologo Viale: “Non vi è nessun nesso teorico di causalità con il mifepristone (RU486), perché non ci sono i presupposti farmacologici e clinici”.

11 APR - Una donna di 37 anni è morta all’ospedale Martini di Torino, subito dopo un’interruzione volontaria di gravidanza con la pillola Ru486. Il decesso risale a mercoledì sera. Come ricostruito dal quotidiano la Stampa, “la donna, madre di un altro bambino, aveva deciso per l’interruzione di gravidanza e il 4 aprile le era stato somministrato mifepristone, la sostanza che entro 48 ore massimo ferma la gestazione. Due giorni dopo, mercoledì, secondo quanto indicato nel protocollo, si è ripresentata in ospedale per la somministrazione dell’altro farmaco, la prostaglandina, che provoca le contrazioni uterine necessarie all’eliminazione della mucosa e dell’embrione”. 
 
La signora è stata visitata, sottoposta a ecografia, “e nulla di anomalo o sospetto è stato mai rilevato”, hanno evidenziato i medici dell’ospedale in una conferenza stampa.. Ma quattro ore dopo l’aborto e la somministrazione di un antidolorifico la donna ha iniziato ad avere una crisi respiratoria ed è stata portata in sala visita, le è stato somministrato ossigeno, fatto un ecocardiogramma dal quale “è stata diagnosticata una fibrillazione ventricolare”,ovvero un’aritmia che scatena contrazioni irregolari del cuore. 
 
A questo punto “la signora – ha confermato il dottor Paolo Simone, direttore sanitario dell’Asl To2 - ha perso improvvisamente conoscenza. Il cuore si è fermato, è stato necessario utilizzare il defibrillatore e il battito è ripreso”. La situazione sembrava essere rientrata, la donna aveva ripreso conoscenza, è stata portata in Rianimazione e collegata ai monitor. Alle 22,20, però, è sopraggiunta una nuova e più grave crisi che ha causato il decesso.
 
La direzione dell’ospedale Martini ha deciso di procedere con l’autopsia e intanto la Procura ha aperto un fascicolo affidato al sostituto procuratore Gianfranco Colace.
 
“Siamo sconvolti, e vicini alla famiglia della signora – ha aggiunto il direttore sanitario, Paolo Simone –. Anche per noi questa tragedia non ha una spiegazione. Ma possiamo garantire di aver rispettato fin dall’inizio il protocollo per l’interruzione di gravidanza col metodo farmacologico, così come possiamo garantire di aver fatto tutto ciò che era umanamente e professionalmente possibile anche nei due tentativi di soccorrere la signora, dopo le crisi respiratorie”.  
 
L'autopsia, prevista inizialmente per questa mattina e rinviata a lunedì, cercherà di stabilire le possibili connessioni tra i farmaci e il decesso, che nella casistica mondiale sono stati 25 su oltre un milione e mezzo di aborti eseguiti con questo metodo. La donna aveva già un primo figlio di 4 anni, che sperava di poter andare a prendere all'asilo poco prima di essere colpita dall'attacco cardiaco.

Intanto il ginecologo Silvio Viale in un’intervista su Repubblica.it, considerato il “padre della pillola abortiva” in Italia, respinge “ogni strumentalizzazione”. Viale, che dirige il principale servizio italiano per interruzioni di gravidanza all'Ospedale Sant'Anna di Torino, osserva che sono “decine di milioni le donne che hanno assunto la RU486 nel mondo” e “40.000 in Italia”. “L'episodio - aggiunge Viale - ricorda la prima e unica morte in Francia nel 1991, agli inizi del suo uso, che indusse a modificare il tipo di prostaglandina per tutti gli interventi abortivi introducendo il misoprostolo (Cytotec). Sono gli altri farmaci, gli stessi che si impiegano per le IVG chirurgiche, i maggiori sospettati di un nesso con le complicazioni cardiache”.
 
Viale, nel dirsi addolorato per quanto accaduto, sostiene come sin da ora si possa “affermare che non vi è alcun nesso teorico di causalità con il mifepristone (RU486), perché non ci sono i presupposti farmacologici e clinici. Il mifepristone è regolarmente autorizzato dall'Aifa anche per gli aborti chirurgici volontari del primo trimestre e per le interruzioni terapeutiche del secondo trimestre, per cui le buone norme di pratica clinica prescriverebbero di utilizzarlo nel 100 per cento degli aborti e, se non è cosi, è solo per motivi politici e organizzativi”.

11 aprile 2014
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