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Salute dei migranti: l’INMP presenta i risultati  del progetto europeo CARE e le azioni future

di Stefano A. Inglese

Appuntamento a Roma il prossimo 14 marzo. Il Progetto CARE, avviato nell’aprile 2016, nei suoi 12 mesi di durata si è sviluppato in 8 raggruppamenti di attività indirizzate ai differenti aspetti della presa in carico della salute dei migranti e dei bisogni delle società riceventi. Dalla gestione della salute prresso i centri di accoglienza in Italia e Grecia alla comunicazione verso la popolazione residente per combattere lo stigma verso i migranti.

12 MAR - Saranno presentati Martedì 14 marzo, presso l’INMP, Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà, i risultati raggiunti dal Progetto europeo CARECommon Approach for REfugees and other migrant’s healt, e discusse le possibili azioni future.
 
Al progetto, che ha l’obiettivo di promuovere e sostenere la salute dei migranti ed è coordinato dall’INMP, partecipano cinque Stati Membri a forte pressione migratoria: Croazia, Grecia, Italia, Malta e Slovenia.
 
Aperta dal saluto del Direttore Generale dell’Istituto, Concetta Mirisola, e dall’intervento in video del Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, la giornata si articolerà in due sessioni tematiche di approfondimento su “La risposta ai bisogni di salute dei migranti” e “L’investimento sulla comunità e sulla ‘preparedness’ dei sistemi sanitari”.
 
A queste sessioni seguirà una Tavola Rotonda sulle sfide e le possibili azioni future nella presa in carico dei bisogni di salute dei cittadini immigrati (vedi programma completo).
 
Il Progetto CARE, avviato nell’aprile 2016, nei suoi 12 mesi di durata si è sviluppato in 8 raggruppamenti di attività indirizzate ai differenti aspetti della presa in carico della salute dei migranti e dei bisogni delle società riceventi, e in particolare su:
1. gestione della salute all’interno dei centri per migranti in Italia (hotspot di Lampedusa e Trapani-Milo) e in Grecia (Leros e Kos), con team multidisciplinari composti da dermatologi, infettivologi, pediatri, psicologi dell’età evolutiva e mediatori transculturali;
 
2. sperimentazione di una scheda sanitaria elettronica portatile che racchiude i dati di salute della persona immigrata sin dall’arrivo nel continente europeo, volta ad assicurare la continuità assistenziale;
 
3. formazione specifica del personale sanitario sulla multiculturalità e sulle tematiche più rilevanti;
 
4. elaborazione e la sperimentazione di un protocollo olistico per la determinazione dell’età anagrafica dei minori stranieri non accompagnati all’interno degli hotspot;
 
5. sperimentazione di una piattaforma per la sorveglianza sindromica;
 
6. intervento sulle popolazioni per sfatare falsi miti e pregiudizi sulla presenza di migranti.
 
 
“In una fase storica complessa come questa, che vede giungere nei Paesi del sud Europa imponenti flussi di migranti che fuggono da guerre, carestie e da ogni tipo di violenza, siamo orgogliosi dei risultati di questo progetto che vede l’Italia capofila in un percorso di prima accoglienza attento ai bisogni di salute di queste persone, e che finalmente delinea corretti approcci clinici e protocolli operativi condivisi”, sottolinea la direttrice dell’Istituto Mirisola.
 
“La presa in carico della salute dei migranti, a cui con il nostro personale sanitario offriamo assistenza sanitaria, 7 giorni alla settimana, sia negli ambulatori specialistici di Roma che negli hotspot di Lampedusa e Trapani-Milo, è una delle priorità dell’Istituto. Il nostro modello – sottolinea ancora - è centrato su un’assistenza sanitaria multidisciplinare, di carattere inclusivo e universalistico, perché la salute è un diritto fondativo di tutti, nessuno escluso, come conferma questo progetto, che ha anche il compito di proporre spunti di riflessione utili alla programmazione sanitaria nazionale e regionale, ponendo l’enfasi sull’importanza delle organizzazioni del privato sociale”.
 
“In questo senso, sono state anche analizzate le sinergie e le complementarietà tra il settore pubblico e quello privato, in Italia, Grecia e Slovenia, registrando le buone pratiche riscontrate sul campo e le evidenze scientifiche che supportano lo sviluppo di politiche pubbliche integrate per migranti e rifugiati. E’ un impegno a tutto campo – conclude Mirisola – che necessita di attività di networking e di relazioni istituzionali internazionali mirate anche alla valutazione delle politiche, perché solo attraverso la conoscenza di quello che funziona e la gestione matura e lungimirante dei fenomeni migratori contemporanei si possono abbattere tutti quei muri, geografici e culturali, che alimentano pregiudizi e irrazionali paure. È la Storia che ce lo impone”.
 
Stefano A. Inglese

12 marzo 2017
© Riproduzione riservata
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