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Istat: “Sono sempre più gli italiani che rinunciano alle cure a causa delle lunghe liste d’attesa”

di G.R.

"Nel confronto tra il 2022 e gli anni pregressi della pandemia, emerge un’inequivocabile barriera all’accesso costituita dalle lunghe liste di attesa, che nel 2022 diventa il motivo più frequente (il 4,2% della popolazione), a fronte di una riduzione della quota di chi rinuncia per motivi economici (3,2%). Rispetto al 2019 aumenta soprattutto la quota di persone che dichiara di aver pagato interamente a sue spese visite specialistiche e accertamenti diagnostici". Così Cristina Freguja, direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare dell'Istat in Commissione Affari Sociali. TESTO AUDIZIONE

08 MAR -

"Nel 2021, la spesa sanitaria direttamente a carico delle famiglie è stata pari a 36,5 miliardi, con un aumento in media annua dell’1,7% osservato nel periodo 2012-2021 (+2,1% dal 2012 al 2019); la spesa era scesa a circa 34 miliardi nel 2020, ma è poi risalita nel 2021, tornando ai livelli del 2019. Le principali spese sanitarie sostenute direttamente dalle famiglie riguardano l’assistenza ambulatoriale per cura e riabilitazione (il 36,5%), l’acquisto di prodotti farmaceutici e altri presidi medici non durevoli (29,3%), l’assistenza (sanitaria) ospedaliera a lungo termine e l’acquisto di apparecchi terapeutici ed altri presidi medici durevoli (per entrambe queste ultime due voci l’incidenza è pari al 10,4%)".

Così Cristina Freguja, direttrice della Direzione centrale per le statistiche sociali e il welfare dell'Istat, durante un'audizione in Commissione Affari Sociali e Sanità del Senato riguardo l'indagine conoscitiva sulla sanità integrativa.

"Nel 2021, la spesa dei regimi di finanziamento volontari è stata pari a 4,5 miliardi - ha aggiunto -. All’interno di questa voce, la spesa delle assicurazioni sanitarie volontarie ammonta a circa 3,4 miliardi, di cui 1,5 relativi alle spese per la parte amministrativa e per la gestione del servizio; al netto di tale voce, la parte riferita a prestazioni e beni sanitari ha registrato tra il 2012 e il 2021 una crescita del 2,9% in media annua (+4,3% dal 2012 al 2019); sempre al netto delle spese di gestione, nel 2021 il 62,3% della spesa delle assicurazioni volontarie è dedicata all’assistenza ambulatoriale per cura e riabilitazione e il 17,9% alle spese per apparecchi terapeutici ed altri presidi medici durevoli.

Analizzando nel dettaglio la spesa sostenuta direttamente dalle famiglie negli anni dal 2012 al 2021, si evidenzia che quella per l’assistenza sanitaria per cura e riabilitazione è aumentata in media annua del 2,1% (+2,8% dal 2012 al 2019), con una crescita della componente ambulatoriale del 2,6% (+3,4% dal 2012 al 2019). Nel 2021, il 35,0% della spesa complessiva per assistenza ambulatoriale è stata sostenuta dalle famiglie".

"Anche la spesa diretta delle famiglie per assistenza LTC ha registrato una crescita del +2,3% in media annua – considerando sempre il periodo 2012-2021 –, influenzata principalmente dagli aumenti della componente per assistenza ospedaliera (+2,2%) e di quella ambulatoriale (+3,2%). Nel 2021, il 38,0% della spesa complessiva per assistenza (sanitaria) ospedaliera a lungo termine è stata sostenuta dalle famiglie. È da evidenziare, inoltre, che quest’ultima incide per il 76,7% sull’acquisto di apparecchi terapeutici ed altri presidi medici durevoli e per il 36,4% sulla spesa complessiva per prodotti farmaceutici e altri presidi medici non durevoli", ha proseguito Freguja.

"Durante l’emergenza sanitaria, la quota di persone che hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie ritenute necessarie era quasi raddoppiata, passando dal 6,3% nel 2019 al 9,6% nel 2020, sino all’l’11,1% nel 2021. Le stime più recenti relative al 2022 - ha evidenziato - attesterebbero un netto recupero, con un ritorno a quote osservate negli anni precedenti la pandemia: la rinuncia per i motivi già citati si riduce al 7,0%, una percentuale simile a quella rilevata nel 2018 (7,2%). Nel confronto tra il 2022 e gli anni pregressi della pandemia, emerge un’inequivocabile barriera all’accesso costituita dalle lunghe liste di attesa, che nel 2022 diventa il motivo più frequente (il 4,2% della popolazione), a fronte di una riduzione della quota di chi rinuncia per motivi economici (era 4,9% nel 2019 e scende al 3,2% nel 2022)".

"Nel 2022 - ha proseguito l'esperta - le prestazioni sanitarie fruite sono, inoltre, più contenute rispetto al periodo pre-pandemico. Dalle indagini Istat sulla popolazione, si rileva infatti una riduzione – diffusa a tutte le ripartizioni – della quota di persone che ha effettuato visite specialistiche (dal 42,3% nel 2019 al 38,8% nel 2022) o accertamenti diagnostici (dal 35,7% al 32,0%) – nel Mezzogiorno quest’ultima riduzione raggiunge i 5 punti percentuali. La flessione riguarda tutte le fasce d’età, ma è maggiore nelle età anziane, con riduzioni di 6 punti per le donne, e comunque anche tra i minori che ricorrono a visite specialistiche (-6 p.p.) o tra le donne adulte per gli accertamenti.

Contrariamente a quanto sarebbe stato auspicabile, non sembra quindi che nel 2022 si sia riusciti a recuperare i livelli di prestazioni sanitarie pre-pandemia ed emerge nel contempo dai dati Istat il maggior peso della rinuncia a prestazioni per lunghe liste di attesa. Rispetto al 2019 aumenta soprattutto la quota di persone che dichiara di aver pagato interamente a sue spese sia per le visite specialistiche (dal 37% al 41,8% nel 2022) sia per gli accertamenti diagnostici (dal 23% al 27,6% nel 2022). Il ricorso alla copertura assicurativa nel 2022 riguarda una quota di poco superiore al 5% delle persone che hanno dichiarato di aver effettuato visite specialistiche o accertamenti diagnostici nei 12 mesi precedenti l’intervista, ma risulta in lieve aumento soprattutto al Nord-ovest, dove peraltro è più diffuso".

"Il ricorso a prestazioni sanitarie avvalendosi di copertura assicurativa sanitaria risulta da sempre più diffuso nel Lazio (nel 2022 il 10,8% delle persone dichiara di averne fatto ricorso in caso di visite specialistiche), in Lombardia (9,7%), nella Provincia autonoma di Bolzano (9,1%) e in Piemonte (8,1%); si attesta intorno al 5% in Liguria, Emilia Romagna e Toscana, mentre nelle regioni del Mezzogiorno copre in media solo l’1,3% per le visite specialistiche", ha concluso Freguja.

Giovanni Rodriquez



08 marzo 2023
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