“Siamo di fronte ad un dato incontrovertibile: il 56% del personale dell’assistenza ha oggi più di 55 anni. È il momento di riflessioni doverose (e di azioni concrete), più che mai indispensabili per denunciare ancora una volta agli occhi della collettività quanto accade in questo delicato momento storico, dove i nostri professionisti, da Nord a Sud, all’acme dei disagi e del malcontento, sono pronti a mobilitare legittime manifestazioni di protesta.
Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up che denuncia le criticità del sistema.
“Siamo davanti a un quadro a tinte fosche, che emerge più che mai – denuncia De Palma – entro il 2024, ben 14mila infermieri raggiungeranno i requisiti per andare in pensione: ma dove sono gli indispensabili e tanto attesi ricambi che dovrebbero gioca forza fare il paio con un piano concreto di valorizzazione economico-contrattuale per arginare l’emorragia di personale? Si pensi che ogni anno si laureano tra 10mila e 11mila infermieri, tolti quelli che scappano subito all’estero, quelli che si impiegano nel privato e quelli che scelgono la libera professione, ne restano circa 7 mila che, solo potenzialmente, potrebbero mettersi a disposizione del Ssn. Ci si ritrova, quindi, con ben 7mila infermieri in meno rispetto a coloro che lasciano il servizio. Ovviamente questi numeri si sommano alle svariate decine di migliaia di infermieri persi per strada negli anni precedenti”.
C’è poi la criticità gli infermieri fuggiti all’estero nell’ultimo triennio: “7mila, lo dicono le agenzie specializzate”. A questi si collega “quel 10,5% di iscrizioni in meno ai test di infermieristica, e il triste dato che racconta che per la prima volta dal 2011, il numero di tale tipologia di laureati è sceso sotto 10mila.
Nel dettaglio, i laureati sono 11.436 sui 15.464 posti messi a bando, pari al 74%. Valore questo che è sceso dall’81% del 2013 al 69% del 2020 e al 67% del 2021. Tra le principali ragioni la difficoltà, nell’ultimo biennio, di assicurare il tirocinio per gli studenti e terminare così in tempo il percorso formativo”.
Infine, problema che non è meno grave, prosegue De Palma, c’è “un buon 44% di dimissioni volontarie dal Ssn (numeri aggiornati al 2021) di professionisti sanitari, dei quali la maggior parte sono infermieri”.
E la percentuale che deve ulteriormente rappresentare un sonoro campanello di allarme prosegue, sono i “circa 33mila infermieri, rispetto ai quasi 280mila attivi nel nostro Ssn, presentano patologie fisiche e psichiche che minano la loro continuità lavorativa. Da una parte il problema è legato all’avanzare dell’età, dall’altro, come detto, la responsabilità è da attribuire alle aziende sanitarie, che lasciando i professionisti alla mercé dei disagi, favoriscono patologie sia fisiche legate ai turni massacranti e ai troppo spesso mancati riposi, sia sindromi stress correlate , come quella di bournout. Un professionista su due nel nostro paese ne soffre, ben 125.500 infermieri ne sono affetti”.
“Di fronte a quale drammatica evidenza dobbiamo arrenderci? Ovvero corriamo il rischio che la professione infermieristica italiana subisca il destino di un tracollo lento e implacabile, con i nostri professionisti dell’assistenza rimpiazzati da personale straniero, con discutibili competenze e capacità comunicative, oppure peggio ancora da figure surrogate, adattate in fretta e furia per tappare i buchi.
E’ davvero questo quello che ci attende – conclude – ciò che attende noi e le nostre famiglie, da potenziali malati quali tutti siamo destinati a essere, prima o poi, nel nostro percorso di vita? Non possiamo davvero permetterlo”.