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Ospedalità privata. Aiop: “Reinvestire in sanità o sarà collasso”


Pubblico e privato insieme per salvare il Ssn, questo l’appello che arriva dall’Aiop che, in occasione della quarantanovesima Assemblea generale annuale, chiede anche il blocco del nuovo tariffario delle prestazioni, trasparenza dei bilanci delle aziende pubbliche e un ente terzo di controllo.

31 MAG - Per l’ospedalità privata il Ssn va salvato a tutti i costi. E per renderlo sostenibile ed efficace occorre un’alleanza tra pubblico e privato. Anche perché sono tutti sulla stessa barca o meglio sotto la stessa gogna: le operazioni di spending review del 2011 e del 2012 hanno messo in seria difficoltà l'intero sistema sanitario senza distinzioni di sorta.
Ma oltre all’alleanza servono anche altri interventi urgenti a partire dalla modifica profonda del metodo di finanziamento del Ssn. Bisogna poi premiare la qualità, esaltando una competizione virtuosa e la libertà di scelta aprendo le porte a un’operazione trasparenza che passa attraverso la pubblicazione dei bilanci delle Aziende pubbliche e l’entrata in scena di un ente terzo di vigilanza e controllo.
 
È questa la rotta indicata dall’Aiop, l’Associazione che raduna le case di cura convenzionate con il Ssn, che per dare il suo contributo al rilancio del Ssn, è partita dall’analisi del volume dal titolo “La spesa sanitaria italiana – Quel che si vede, quel che non si vede” presentato nel corso della quarantanovesima Assemblea generale annuale. Un’occasione di incontro con esponesti della politica e non solo.
Il volume scritto a tre mani dal presidente nazionale dell’Aiop Gabriele Pelissero con Lucia Quaglino e Alberto Mingardi fotografa le dinamiche della spesa sanitaria italiana in un’ottica di confronto tra i vari sistemi nazionali nell’ambito dell’Ocse. Obiettivo capire quanto il nostro modello di welfare sanitario sia ancora sostenibile, e offrire quindi alcune indicazioni sui trend di spesa e di offerta delle prestazioni.
 
 “Quello che è sotto gli occhi di tutti è una spesa sanitaria che in proporzione al PIL non risulta più alta rispetto alla media delle aree Euro ed Ocse – ha spiegato Alberto Mingardi, direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni – mentre è inferiore a quella di Paesi come Francia e Germania. Quello che non si vede è che all’erogazione dei servizi corrisponde un’industria fortemente innovativa, non si considera che i bisogni e la domanda dei pazienti evolvono anche alla luce delle nuove tecnologie, non si ammette che possa essere compresso un costo, ossia quello del personale, un costo che va riformato”.
 
In sostanza quello che invece non si vede è il suo sistema di finanziamento, con la prassi della reiterata sottostima del fabbisogno allo scopo di contenere la spesa effettiva. Spesa che viene poi successivamente ricalcolata e i cui scostamenti tra quanto previsto e quanto realmente speso non compaiono, ma si riflettono nei deficit delle Regioni coperti successivamente dal Fondo sanitario nazionale. Uno scenario che chiama in causa la scarsa efficienza del sistema. Ma secondo gli analisti proprio per questo non può essere ignorata la prospettiva di incrementi futuri di spesa sanitaria indotti da nuovi bisogni di cura e assistenza e dall’introduzione di nuove e più sofisticate tecnologie. Uno studio richiamato nel volume prevede, infatti, per i prossimi 20 anni (2011-2030) un maggior fabbisogno finanziario che si attesta tra il 47 e il 75 per cento: con ipotesi di incidenza sul Pil che passerebbe rispettivamente al 7,7 ed al 9,2 per cento nel 2030.
 
“Dobbiamo riprenderein mano alcuni nodi – ha detto il presidente dell’Aiop Gabriele Pellissero – a partire dal livello di spesa. Quella per la sanità pubblica italiana, prima delle manovre, si attestava sui 116 miliardi contro i 175 della Francia, ma mentre la manovra di Hollande pesa per 2.4 miliardi, la nostra prospetta tagli da quattro miliardi annui. Tagli lineari che premiano lo spreco e non i comportamenti virtuosi e mettono a dura prova la sostenibilità del Ssn”.
 
Ma per l’Ospedalità privata sul tappeto ci sono anche diversi provvedimenti urgenti. Primo tra tutti il blocco del nuovo tariffario delle prestazioni. “Un nodo cruciale per noi – ha aggiunto Pelissero – un esempio su tutti, il nuovo tariffario prevede un rimborso di 4mila euro per un pacemaker, contro gli 8mila previsti dal precedente tariffario. Cosa dobbiamo fare? Rivolgerci al mercato cinese? In sostanza senon ci sarà una revisione, il rischio sarà enorme sul fronte del miglioramento della qualità e dell'innovazione tecnologica”.
 
E per il futuro? In un quadro di finanza pubblica sempre più incerto, la sostenibilità del sistema va assicurata puntando su una gestione oculata della spesa che punti però alla ricerca dell’efficienza, al riparo da derive esclusivamente finanziarie che rischiano di deprimere un settore trainante per l’economia del Paese.
 
Le soluzioni per il rilancio. Per rilanciare il percorso riformatore rimasto bloccato dalla mancata applicazione delle leggi gli autori puntano sulla revisione della riforma Amato del ’92 che perse con l’emanazione del D. lgs. 229/99 tutti i suoi connotati innovativi, quali la pluralità di erogatori pubblici e privati, l’accreditamento e la verifica dinamica dei requisiti. E propongo quattro percorsi da seguire. In primis, modificare profondamente il metodo di finanziamento del Ssn enfatizzandone le componenti di solidarietà, dal lato della copertura dei bisogni, e di responsabilità sul piano del non riconoscimento delle inefficienze. Secondo poi occorre premiare la qualità, esaltando competizione virtuosa e libertà di scelta e rilanciando il sistema del pagamento a prestazione per tutti gli erogatori. E ancora, creare le condizioni per una radicale ristrutturazione della rete ospedaliera e infine promuovere la nascita di un ente autenticamente terzo di vigilanza e controllo.
 
“Se il Pil si contrare dovremo sacrificare qualcosa, perché non si può dare tutto a tutti – ha detto nel corso dell’incontro Emilio Floris, senatore del Pdl – e allora bisognerà fare delle scelte per capire se la sanità rappresenta o meno una priorità. Per quanto mi riguarda credo che la sanità sia un punto fondamentale che non si può toccare, anche perché dalla sanità dipende la “salute” del nostro paese. Non servono nuove leggi, e se devono essere fatte, vanno formulate con un tempo sufficiente. Utilizziamo meglio le attuali regole, troviamo maggiore integrazione tra pubblico e privato, ricordando che l’azione svolta dal privato è sempre comunque rivolta al pubblico. Soprattutto, non concentriamoci su quello che accadrà nel 2050, ma su un più breve periodo da oggi al 2020”.
 
 
Per la senatrice del Pd Nerina Diridin, si sta sottovalutando un grave problema: “L’incultura delle politiche della salute sia a livello politico sia scientifico. “Questo ha generato la mancanza di una vera politica sanitaria nel senso più nobile del termine c ha spiegato Dirindin – ein questo scenario il ministero dell’Economia la sta facendo da padrone sia verso la componente pubblica sia verso la privata accreditata”. Per la senatrice del Pd la politica sanitaria deve ridiventare una priorità per politici, istituzioni e cittadini, anche perché all’anestetizzarsi delle scelte strategiche nei confronti di temi come la sanità si è aggiunta “l’ubriacatura del federalismo”. “Le criticità del decentramento spinto ora sono venute tutte al pettine – ha aggiunto – non c’è stata una gestione delle transizioni, e ancora oggi si invocano i costi standard per risolvere i problemi del paese. Non è facile parlare di costi standard nella sanità, parlare a livelli “micro” è difficilissimo. Parcellizzare l’analisi dei costi in un settore altamente personalizzato in termini di cura e personale non porta a nulla. Servono strategia condivise in favore della politiche della salute. Dobbiamo creare cultura di confronto senza pregiudizi. Non c’è bisogno di grandi riforme, anche perché le leggi ci sono vanno solo applicate. Rafforziamo il ministero della Salute e degli assessorati alla salute. Rafforzando anche collaborazione tra pubblico e privato. Lavoriamo in termini di appropriatezza riduzione dei costi e contenimento degli sprechi, anche perché le inadeguatezze sono sia nel pubblico sia nel privato”.
 
 
Per Teresa Petrangolini, dell’Ufficio di presidenza della regione Lazio, bisogna cambiare il rapporto tra Stato centrale e Regioni creando una maggiore collaborazione “Ci sono casi in cui le Regioni hanno bisogno di un riferimento forte a livello centrale. Non sono contro il federalismo, ma credo che quanto avvenuto in alcune realtà locali sia inaccettabile. Le Regioni hanno delle responsabilità, a partire dal Lazio. Ci vuole più serietà, trasparenza nei bilanci, ed anche ottemperanza a quanto stabilito ai tavoli tecnici per i piani di rientro. Soprattutto bisogna guardare agli interessi dei cittadini e confrontarsi con il pubblico e con il privato”.
 
 
Non ha avuto mezze misure Natale D’Amico, della Corte dei Conti. Per il magistrato, dal Patto per la salute ai Lea fino ai costi standard, tutto indica una volontà di ricentralizzare nei fatti il sistema sanitaria. E considerando che l’invecchiamento della popolazione e tecnologie porteranno inevitabilmente a un aumento dei costi nel settore sanitario, bisogna iniziare a pensare ad interventi anche estremi: “Bisognerebbe inserire delle opzioni di opting out e ragionare sul fatto che la concorrenza porta benefici. E la concorrenza pubblico privato non potrà che portare ad un risparmio anche perché i monopoli creano solo maggiori costi”.

31 maggio 2013
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