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Blocco contratti. Cgs: “Superati i 10mila ricorsi alla Cedu a 10 giorni dall'attivazione della piattaforma”


Così la Confederazione generale sindacale ha commentato i primi dati dal lancio della piattaforma realizzata per registrarsi e partecipare al ricorso alla Corte europea per i diritti dell'uomo contro il blocco dei contratti e delle retribuzioni nel pubblico impiego. L'obiettivo è quello di ottenere il riconoscimento di un equo indennizzo per gli anni di blocco del contratto, e di riaprire da subito il negoziato all’Aran per un "vero rinnovo contrattuale".

03 APR - Oltre 10.000 ricorrenti sono stati inseriti nel portale www.ricorsocgs.it, la piattaforma per registrarsi e partecipare al ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (Cedu) organizzato dalla Confederazione Generale Sindacale (Cgs) contro il blocco dei contratti e delle retribuzioni nel pubblico impiego.
"Un importante segnale di attenzione da parte dei lavoratori e delle lavoratrici che dimostrano di apprezzare la bontà e la chiarezza della nostra iniziativa che, lo ribadiamo, è stata assunta esclusivamente come un’iniziativa di servizio per vedere riconosciuto il diritto all’indennizzo per gli anni di blocco contrattuale che vanno dal 2010 al 2015", commenta la Cgs.

"A fronte del lancio della nostra iniziativa quasi tutte le OO.SS. si sono lanciate in attacchi più o meno sindacali e più o meno forti, bollando l’iniziativa della Cgs o come strumentale e impos- sibile dal punto di vista tecnico legale, o come tentativo di cercare soluzioni all’ingiustificato blocco dei contratti non con la mobilitazione, la lotta ed il negoziato, ma nelle aule di giustizia. Preliminarmente - spiega la Confederazione - dobbiamo ricordare ancora una volta come sia proprio grazie alla Flp (organizzazione fondatrice insieme a Fgu Gilda, Nursind e Unams della confederazione Cgs) che ha portato il Governo di fronte alla Corte Costituzionale, che siamo riusciti a strappare la sentenza che oggi da più parti viene evocata senza che al momento opportuno le stesse OO.SS., ora tanto attente interpretatrici della Consulta avessero mosso un dito a difesa dei lavoratori e delle lavoratrici del Pubblico impiego. A questo aggiungiamo che ovviamente siamo ben consapevoli dei contenuti della sentenza che ha dichiarato l’illegittimità sopravvenuta del blocco dei contratti".

"Proprio per questo, dopo uno studio della materia che è durato mesi, da parte di un pool di esperti avvocati con una vasta esperienza presso le Corti europee, che hanno dato già dimostrato di riuscire a vincere non solo davanti ai Tribunali Italiani ma anche dinanzi la Corte Costituzionale (sblocco dei contratti) e presso la Corte Europea di Giustizia (precari della Scuola) - prosegue la Cgs - abbiamo ritenuto assolutamente percorribile l’azione risarcitoria presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, organismo competente a pronunciarsi su violazioni da parte degli stati membri dei principi inseriti nella Convenzione. Violazioni delle norme che riconoscono il diritto dei lavoratori ad associarsi in organizzazioni sindacali ed a concludere, anche per il tramite di tali organizzazioni, contratti collettivi per disciplinare il contenuto economico e normativo dei rapporto di lavoro. Violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, che ha provocato, con il reiterato blocco, un vulnus alle condizioni patrimoniali e reddituali dei lavoratori, determinando e cristallizzando una riduzione della base stipendiale sulla quale andare ad effettuare il ricalcolo per l’adeguamento inflazionistico una volta rimosso il blocco della contrattazione. Danno che ha riflessi sotto il profilo pensionistico dal momento che una minore retribuzione determina una minore contribuzione e produce la riduzione del futuro trattamento pensionistico. Se è vero che le condizioni economiche difficili di un Paese possono giustificare misure restrittive, la giurisprudenza della Corte Europea è consolidata nella direzione di garantire un giusto equilibrio tra gli interessi generali e la salvaguardia dei diritti fondamentali".

Per quanto concerne invece la questione, pure sollevata, che si può ricorrere dinanzi alla Cedu solo dopo aver esperito tutte le forme di ricorso interne, la Confederazione risponde che "è di tutta evidenza che la Sentenza della Corte Costituzionale sulla incostituzionalità sopravvenuta, di fatto chiude tutte le vie di ricorso interno sul riconoscimento del pregresso, come peraltro ribadito nelle varie sentenze in materia emanate dalla stessa Cedu (attraverso le quali vive e si deve applicare la convenzione stessa e quindi anche l'art. 35 della Convenzione)".
 
Il Ricorso alla Cedu è attivabile entro 6 mesi dalla chiusura del procedimento interno che, come è noto deve essere pronunciato dal giudice ordinario a cui ritorna la sentenza della Corte Costituzionale dopo la trasmissione degli atti. Data di chiusura che, viste le affermazioni scomposte di avvenuta scadenza del termine, è evidentemente ignota agli estranei al ricorso, ma che è ovviamente ben conosciuta da noi che siamo gli attori del giudizio. Viene ricordato, infine, che il risarcimento dei danni causati dal blocco dei contratti può essere disposto dalla Corte solo nei confronti dei ricorrenti. "Riteniamo pertanto ammissibile la presentazione del ricorso alla Cedu - sottolinea la Cgs - un’iniziativa, che con piacere vediamo proposta anche da altre organizzazioni sindacali. D'altronde nei mesi scorsi abbiamo più volte invitato pubblicamente, senza alcun riscontro, le altre organizzazioni sindacali a promuovere unitariamente tale iniziativa, dichiarandoci disponibili a condividere i nostri studi in materia, proprio per il bene generale della difesa dei diritti di tutti i lavoratori pubblici. Evidentemente orgoglio e pregiudizio hanno ancora una volta prevalso sul bene comune".
 
La Confederazione evidenzia poi come il ricorso alla Cedu non indebolisca il tavolo negoziale ma, anzi, "lo rafforzi". "Sempre per gli aspiranti giuristi - continua la Cgs - ricordiamo che la Corte Europea può non solo disporre il risarcimento danni per gli anni pregressi, come avviene ordinariamente, ma anche indicare agli Stati membri le modifiche normative e politiche atte a rimuovere le condizioni che hanno portato alla violazione. E quindi censurare il finanziamento fittizio presente nella legge di stabilità 2016 per aggirare la sentenza della Consulta. In definitiva riteniamo veramente di basso profilo gli attacchi che abbiamo ricevuto, che sottovalutano evidentemente la nostra iniziativa e gli approfondimenti di questi mesi. Non riusciamo a comprendere l’atteggiamento di chi, ad esempio, si inventa uno stravagante ricorso dinanzi il Tribunale di Roma facendovi aderire i propri iscritti di tutta Italia per chie- dere la mera riapertura delle trattative per i rinnovi contrattuali che, già nei fatti, è contenuta nella sentenza della Corte Costituzionale, rischiando tra l’altro la condanna per lite temeraria per tutti i ricorrenti, in quanto i ricorsi in materia di lavoro vanno presentati esclusivamente presso i tribunali di competenza della sede del lavoro dei ricorrenti".
 
Infine, la Confederazione lancia un messaggio anche ai “politicamente corretti”. "A quelli che confondono le iniziative risarcitorie per il pregresso con il rinnovo dei contratti, diciamo che se il Governo è stato costretto a far finta di voler rinnovare i contratti è grazie a noi e non alle loro lotte o ai loro sit-in, e che co- munque negli anni scorsi siamo stati i primi a presentare ufficialmente le piattaforme per il rinnovo del Contratti a Funzione Pubblica e Aran.
Siamo sempre stati noi quelli che a seguito della sentenza della Corte abbiamo inviato tempe- stivamente una diffida al Governo nella quale chiedevamo l’apertura del negoziato con effetto immediato e, quindi, a partire quindi da luglio 2015. Diffida che ha portato il Governo a formalizzare il rifiuto ad ottemperare alla sentenza della Corte Costituzionale per il secondo semestre del 2015, affermando che avrebbe provveduto a finanziare il rinnovo dei contratti soltanto a partire dal 2016 (stanziamento di ben 4 euro mensili pro-capite effettivi). Siamo quelli che da mesi cercano di accelerare la certificazione dei dati all’Aran e l’individuazione dei nuovi comparti perché i contratti li vogliamo rinnovare e bene. Non certamente, come probabilmente qualcuno già ha in mente di fare, a costo zero e con il recepimento delle norme punitive all’interno di inaccettabili contratti solo giuridici. Il ricorso dinanzi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha quindi una valenza non solo economica per l’indennizzo degli arretrati negati, ma anche politica perché una condanna del le- gislatore italiano, che per anni ha negato il diritto al contratto a 3 milioni e mezzo di lavorato- ri, avrebbe un’incredibile effetto di contrasto nei confronti della continua e martellante cam- pagna di denigrazione nei confronti del pubblico impiego che non ha precedenti in tutta Europa. Questo i lavoratori l’hanno capito. E - conclude la Cgs -  non li fermeranno le menzogne e le provocazioni".

03 aprile 2016
© Riproduzione riservata

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