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“Sulle farmacie ancora troppe polemiche e diffidenza. Ma sulle vaccinazioni la partita non è chiusa”. Concorrenza: “Dobbiamo essere pronti al cambiamento”. Intervista a Andrea Mandelli


Conversazione a tutto campo con il presidente della Fofi. Si parte dal ddl concorrenza, che in settimana dovrebbe vedere la fine del suo tormentato iter ed essere approvato definitivamente dal Senato. E per le farmacie sarà una rivoluzione alla quale i farmacisti “devono però essere pronti. E lo siamo”, assicura Mandelli. Poi riflessioni sulla “battaglia” per la galenica, vinta dalla Fofi con l’impegno alla revisione delle tariffe. E infine il decreto vaccini che ha visto sfumare la possibilità proposta proprio dai vertici Fofi di poterle effettuare anche nelle farmacie. “Ma non è un capitolo chiuso”, dice Mandelli

31 LUG - Non che la pausa estiva corrisponda con la chiusura per ferie del paese, ma certamente rappresenta uno dei riferimenti del calendario, soprattutto in una fase turbolenta come quella attuale. Anche per la sanità e per il servizio farmaceutico. Logico dunque fare il punto della “navigazione” con il Senatore Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti, che recentemente ha tenuto l’assemblea dei delegati regionali della FOFI, dove sono stati affrontati  i temi centrali di questa prima parte dell’anno.
 
D’obbligo partire dal DdL Concorrenza, che domani chiude il suo percorso…
Sì, arriva al termine, dopo due anni, l’iter di una legge che in linea di principio doveva essere annuale: non un buon risultato, direi. Anche perché se l’obiettivo era la concorrenza, quantomeno nel settore della distribuzione del farmaco si è ottenuto il risultato contrario, con una apertura alle società di capitali priva di qualsiasi regolamentazione seria, che spiana la strada alla creazione di oligopoli. Nel dibattito si è anche riscontrata una povertà di argomentazioni abbastanza sconcertante. 
 
A che cosa si riferisce?
Ad esempio a un recente articolo sul Corriere della Sera degli economisti Alesina e Giavazzi, che ancora si chiedono se serve un laureato in farmacia per dispensare un’aspirina, che parlano di farmacie di turno introvabili e di impossibilità di vendere un antipiretico nell’autogrill. Come se non ci fossero state le lenzuolate del 2006, la liberalizzazione degli orari, il Concorso straordinario… Vecchi argomenti superati dalla realtà. Certamente a tutti i colleghi dico che dopodomani lo scenario sarà completamente mutato e che occorre un cambio di velocità per adeguarsi alle nuove condizioni. L’unica via percorribile è puntare sui servizi cognitivi, cioè sulle prestazioni che soltanto il professionista può erogare, sull’aggregazione, sull’innovazione. Ma sono moderatamente ottimista, perché è innegabile che tutte le componenti professionali oggi su questo punto si trovano concordi.
 
E se dovesse citare un fatto positivo?
Direi il capitolo dell’attività galenica, perché assume un valore generale, direi metodologico. Siamo partiti da due fatti negativi. Il primo è stato il decreto ministeriale che vietava le preparazioni magistrali a scopo dimagrante includendo nel divieto un gran numero di sostanze impiegate anche per tutt’altra indicazione. Il secondo è la determinazione da parte del Ministero del prezzo della Cannabis terapeutica a un livello inferiore a quello di mercato. Ma partendo da queste criticità abbiamo promosso la ricerca di una posizione unitaria per il confronto con la parte pubblica attraverso un tavolo con tutte le componenti della professione, e abbiamo ottenuto risultati importanti. Il primo è stato la revisione del numero delle sostanze vietate e il secondo un tavolo presso il Ministero per la revisione della tariffa, che si è insediato il 27 giugno. E’ un argomento che da anni riproponiamo, visto che la tariffa è rimasta immutata dal 1993 e che finalmente viene ora affrontato in modo organico. Senza anticipazioni e indiscrezioni, inutili in questa prima fase dei lavori, la via della Federazione è di procedere al riconoscimento e alla remunerazione in primo luogo dell’atto professionale. 
Saper volgere a vantaggio della professione anche gli aspetti critici che vengono a presentarsi, perseguendo l’evoluzione del nostro ruolo e non chiudendoci in difesa, è la strategia che nasce dal Documento di Palazzo Marini e che a ogni occasione si è dimostrata proficua.
 
Si è chiusa positivamente anche la questione dei tirocini, dai quali sono stati esclusi i farmacisti iscritti all’Ordine. Però c’è chi ha commentato che un tirocinio è meglio della disoccupazione.
Qui occorre la massima chiarezza, la stessa  che è stata fatta dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e per la quale ci siamo impegnati da subito. Non si può parlare di tirocinio per un professionista abilitato, altrimenti si scambiano possibili posti di lavoro contrattualizzati con altre situazioni improprie. Esistono situazioni particolari, per esempio l’ottenimento dell’idoneità alla titolarità per i giovani, ma è evidente che non si possono prevedere percorsi di ingresso nel mondo del lavoro con condizioni differenti da quelle standard. E a questo proposito voglio ribadire che ritengo indispensabile giungere a un rapido rinnovo del contratto di lavoro delle farmacie. 
 
Torniamo ai servizi cognitivi e quindi alla farmacia dei servizi. Quali sviluppi?
Sul fronte del supporto all’aderenza terapeutica, che è la prestazione professionale che abbiamo scelto di sviluppare come paradigma, il progetto I-MUR ha ottenuto riconoscimenti unanimi da parte della comunità scientifica. Ora il Comitato centrale, avvalendosi dell’esperienza di Mario Giaccone, è impegnato a elaborare un protocollo di intervento attuabile all’interno delle singole Regioni che vogliano attivarlo, sia per utilizzare i fondi previsti dalla Legge di bilancio del 2016, sia in vista del rinnovo della Convenzione con le farmacie. Ma non c’è solo questo: è stata istituita la Cabina di regia del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) che dovrà dare attuazione al Fascicolo sanitario elettronico. Come si ricorderà, grazie a un mio emendamento è stato previsto il Dossier farmaceutico del paziente aggiornato a cura del farmacista e questo strumento è fondamentale per tutte i servizi cognitivi: dalla revisione dell’uso dei medicinali alla farmacovigilanza. Nella cabina di regia sono rappresentati i ministeri competenti, le regioni, le agenzie come l’AIFA e le professioni sanitarie. La FOFI è rappresentata dal segretario Maurizio Pace e ci attendiamo un impulso importante alla concretizzazione del progetto.
 
Anche il decreto vaccini è stato approvato, con molte polemiche e con il rifiuto della vostra proposta di consentire l’esecuzione delle vaccinazioni in farmacia.
Ritengo che il testo sia oggi complessivamente equilibrato e adeguato alla necessità di raggiungere gli obiettivi sanitari irrinunciabili per il paese. Quanto alla proposta contenuta negli emendamenti del vicepresidente, senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri, e miei, credo occorra ribadirne le motivazioni. Con l’approvazione della Legge di conversione, il servizio sanitario si trova ora a dover far fronte a una situazione eccezionale: torna l’obbligatorietà del certificato vaccinale anche se per la sola iscrizione ai servizi educativi per l’infanzia,  aumenta il numero delle vaccinazioni e le strutture vaccinali restano le stesse di prima. Di fronte a un probabile ingolfamento delle strutture – che in alcuni casi già si è verificato – proponevamo di avvalersi delle farmacie come punto di accesso al servizio laddove necessario, lasciando al medico l’esecuzione o la supervisione dell’esecuzione della vaccinazione. Una proposta campata per aria? 
 
Ce lo dica lei…
No,  si trattava di una proposta che nasce dall’esperienza di tanti altri paesi in cui le farmacie svolgono questa funzione, avvalendosi di personale infermieristico o affidando direttamente a un  farmacista, adeguatamente formato e accreditato, questo compito. Secondo una recente indagine della FIP (International Pharmaceutical Federation) sono 13 i paesi in cui questo avviene regolarmente. Nella sola Inghilterra sono centinaia di migliaia le vaccinazioni antinfluenzali eseguite in farmacia all’interno delle prestazioni del servizio sanitario pubblico. Questo non significa che la farmacia “affitta delle camere”, come si è sentito dire, significa che assolve alla sua missione di presidio sanitario affermato dalla Legge 69. 
 
E sulla possibilità di effettuare la prenotazione delle immunizzazioni in farmacia?
Anche su questa proposta, inizialmente prevista da  un emendamento del vicepresidente Luigi D’Ambrosio Lettieri e comunque già implicita nella Legge 69, ci sono state polemiche speciose. Vorrei chiarire: la previsione che una prestazione venga erogata a invarianza di spesa non significa che debba essere a titolo gratuito: significa semplicemente che la sua remunerazione andrà ricavata all’interno del budget regionale già determinato. Evidentemente il concetto non è ancora chiaro a tutti. 
 
Ma perché tutte queste polemiche e diffidenza sul ruolo delle farmacie?
In realtà in queste polemiche scorgo due aspetti. Il primo sono i dubbi all’interno della professione, originati a mio avviso dalla paura del cambiamento, come se il servizio farmaceutico vivesse un’età dell’oro da conservare, mentre non è così. Solo chi si adatta al cambiamento, diceva Darwin, sopravvive e proprio la nostra capacità di cambiare, di adattarci alle mutate esigenze che ci ha consentito di essere da 800 anni protagonisti della tutela della salute. Il secondo aspetto è la resistenza delle altre professioni sanitarie e di parte della politica. Non posso che rispondere con i dati che ho citato prima: in quei 13 paesi il farmacista non ha usurpato il ruolo del medico né la farmacia quello della struttura vaccinale, si è semplicemente ampliato il servizio in considerazione di una necessità sanitaria. Anche in questo si dovrà necessariamente fare i conti con un’evoluzione della tutela della salute che si va affermando ovunque. Quindi questo non è un capitolo chiuso. Vogliamo tornare a proporre il tema delle vaccinazioni in farmacia in occasione della prossima campagna antinfluenzale: la copertura della popolazione a rischio è tutt’altro che soddisfacente: c’è un trend negativo, nell’ultimo anno per il quale l’ECDC (Europea Center for Disease Control) ha dati consolidati, si tocca il 50%. Ci sono la necessità e lo spazio per avviare quantomeno una sperimentazione, come si è fatto in Francia questa primavera. Noi ci siamo e abbiamo proposte concrete.
 
Maurizio Imperiali

31 luglio 2017
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