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Pronto soccorso. Cimo contro le nuove linee guida: “Aprono la strada a nuove criticità”


Il sindacato: “Non è realmente dedicata alla presa in carico della persona assistita e manca l’obiettivo di una reale programmazione finalizzata a garantire, attraverso un’adeguata dotazione organica, i necessari livelli minimi di assistenza”. E ancora: “È modello finalizzato ad attuare per puri risparmi di cassa un vero e proprio task shifting sulle competenze dei medici”

05 AGO - “Insoddisfazione e preoccupazione per i pazienti ed il personale medico”. È quanto esprime il gruppo CIMO EMERGENZA in relazione alla nuova codifica dei codici di Triage e alla creazione di un area (OBI) nei Pronto Soccorso, approvati dal Ministero della Salute insieme alla Conferenza Stato-Regioni, perché “non è realmente dedicata alla presa in carico della persona assistita e manca l’obiettivo di una reale programmazione finalizzata a garantire, attraverso un’adeguata dotazione organica, i necessari livelli minimi di assistenza”.
 
Secondo CIMO Emergenza, infatti, “la nuova definizione di tempi massimi di attesa prestabiliti per codice di priorità, standardizzati senza aver conto del numero di accessi, del bacino di utenza, della tipologia di struttura e della reale dotazione organica, ingenera aspettative nell’utenza che in gran parte non potranno che essere disattese soprattutto in questa fase di grave carenza di medici, “imbuto” che può diventare una ulteriore criticità che rischia di aumentare le aggressioni nei confronti del personale sanitario, sui cui si scaricano le carenze di tutto il complesso sistema di relazioni tra territorio e ospedale”. 
 
“La priorità - afferma CIMO Emergenza - deve essere il dare concretezza organizzativa e sicurezza delle cure, impedendo alle regioni la definizione di standard “organizzativi fantasiosi” finalizzati a conferire funzioni e ruolo dei sanitari in modo inappropriato”.
 
Infatti, questa riforma in realtà attiva il disegno, già denunciato da CIMO non appena le bozze di questa riforma del pronto soccorso iniziarono a circolare lo scorso novembre, di un “modello finalizzato ad attuare per puri risparmi di cassa un vero e proprio task shifting sulle competenze dei medici. Già in quella occasione ci siamo chiesti se, tra gli esperti che hanno elaborato il documento, qualcuno avesse mai lavorato in un pronto soccorso o se fosse a conoscenza della Sentenza n. 8855 del 3.3.16 della Corte di Cassazione Penale che sancisce, ai fini dell’accertamento abusivo della professione medica, “non il metodo scientifico ma la natura dell’attività svolta” e, quindi, quali sono i chiari livelli di responsabilità tra le professioni sanitarie”.
 
“Piuttosto, - prosegue il sindacato - le linee guida proposte per il Triage e OBI potrebbero contribuire ad un miglioramento dello standard organizzativo a livello nazionale se consentissero di focalizzare l’attenzione sulle condizioni cliniche che rientrano davvero e “per necessità” nell’ambito dell’emergenza urgenza, soprattutto nel tentativo di distinguere le urgenze differibili e che non mettono a rischio la vita e l’integrità psicofisica del cittadino. E’ bene infatti ribadire che il ruolo della medicina d’emergenza urgenza, dello specialista e la rivalutazione delle strutture di pronto soccorso e del sistema 118, deve essere inteso non più come solo momento di soccorso, trasporto e di transito verso il ricovero ospedaliero, ma come un’ “area” del sistema sanitario pubblico organizzata per processi di diagnosi e cura con una corrispondente ed adeguata dotazione organica dell’intera area prevista già dal DPR 27 marzo 1992 e ribadita chiaramente nel DM 70/2015”.
 
“Incremento – conclude la nota - di personale specificamente qualificato che i “riformatori” si sono ben guardati dal considerare, portando avanti proposte che mescolano le carte con nuovi codici ma nascondono il trucco di mancati investimenti in veri servizi e più medici al servizio dei pazienti”.

05 agosto 2019
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