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Liberalizzazioni. Anpi: “Parafarmacie non vogliono destabilizzare il sistema”


Per il presidente dell’Anpi, Brunetti, la parificazione dei punteggi tra titolari di parafarmacia e farmacia rurale è “una soluzione di ripiego” ma anche “progettuale” per “riconoscere ai titolari di parafarmacia una preparazione gestionale e imprenditoriale simile a quella dei titolari di farmacia”.

09 MAR - Riceviamo e pubblichiamo il commento di Massimo Brunetti, presidente Anpi, sull’articolo 11 in materia di farmacie del decreto liberalizzazioni.

La legge di conversione del decreto “Cresci Italia” si prevede venga approvata nei termini previsti (entro il 24 marzo) dalla Camera dei Deputati. Pertanto dal mese di Aprile potranno essere venduti in parafarmacia i farmaci veterinari, effettuare preparazioni galeniche e ci auguriamo, per fine aprile, vendere anche i farmaci di fascia C, con obbligo di ricetta, riclassificati come SOP in applicazione del decreto “Salva Italia” di dicembre. A questo deve aggiungersi il Decreto del ministro della Salute, un vero e proprio regolamento delle parafarmacie, che di fatto ne definisce, come mai avvenuto dal 2006, attribuzioni funzionali e prescrizioni operative. Dunque un quadro normativo che stabilizza il ruolo delle parafarmacie, come esercizi commerciali, nell’ambito della distribuzione del farmaco. Una collocazione ed una prospettiva chiara, come per altro le associazioni delle parafarmacie, salvo qualche eccezione assolutamente minoritaria, hanno da sempre indicato come la sola strada per progettare una nuova distribuzione del farmaco e per la valorizzazione della professione di farmacista ovunque sia esercitata. Un progetto che più volte abbiamo cercato di condividere con i rappresentanti di categoria della farmacia e della professione, ad oggi senza successo, anche se per la verità alcuni di loro hanno manifestato interesse verso una riprogettazione del sistema, nel quale farmacia, parafarmacia e professione dovessero avere una giusta ed equilibrata collocazione. Vogliamo ribadirlo ancora una volta, perché non vi siano incomprensioni e per rimuovere

pregiudizi artatamente montati da chi ha interesse a radicalizzare le posizioni: le parafarmacie non hanno alcun interesse a destabilizzare il sistema distributivo del farmaco e dunque il ruolo della farmacia, specie di quelle rurali, tanto meno frustrare le sacrosante ambizioni del farmacista collaboratore.     

La nostra rivendicazione era e rimane la stessa: allargare la platea dei farmaci vendibili in parafarmacia compresi quelli di fascia C con obbligo di ricetta medica, coniugato al collocamento dei nostri esercizi nell’ambito della legge sul commercio, con la presenza obbligatoria del farmacista, magari con l’adozione, se necessario, di qualche parametro che ne regolasse le aperture, e con la disponibilità ad escludere, anche per legge, la possibilità di accedere alla convenzione con il Ssn. Questa proposta abbiamo caldeggiato ancora nei giorni scorsi in occasione dei lavori in Commissione industria del Senato, come alternativa possibile all’apertura delle 4.500 farmacie previste dal decreto. Purtroppo anche in questa occasione la razionalità di una soluzione compatibile con il sistema farmacia e politicamente sostenibile è stata sacrificata, riteniamo, per l’incapacità di sapere interpretare e quindi anticipare le sollecitazioni provenienti dall’opinione pubblica e dalla politica.     

In questi giorni molti si sono cimentati nell’analisi del testo dell’art. 11 approvato dal Senato, dalla Fofi ad alcune espressioni di Federfarma ma anche associazioni di collaboratori, persino qualche rappresentante di parafarmacie che ha trovato il tempo per lamentarsi per le soluzioni adottate, salvo non essersi mai visto o sentito nei lunghi dieci giorni di discussione in Commissione. Come sempre, in questo strano Paese chi non si “sporca le mani” pretende sempre di avere ragione. Al contrario crediamo che la forza della democrazia, ovunque essa si manifesti, è sempre la stessa: le soluzioni sono determinate da chi si assume la responsabilità di proporle e approvarle. Certo, AnpiI ha presenziato tutti i giorni in Senato e quando richiesto ha anche espresso il proprio punto di vista sulla riorganizzazione del sistema distributivo del farmaco.

E’ evidente che il quadro complessivo del testo ci trova soddisfatti, in particolare per quelle parti del testo dove si è voluto valorizzare la professionalità del farmacista che esercita in parafarmacia, cosi come riteniamo fondamentale l’approdo della ricetta medica, sia pure limitatamente ai farmaci veterinari, in parafarmacia e la possibilità di effettuare le preparazioni galeniche nei nostri esercizi. Pezzi di un puzzle che comincia a prendere forma, nel quale manca l’ultimo passaggio:i farmaci di fascia C con obbligo di ricetta medica in parafarmacia.

Tuttavia riconosciamo che sul testo approvato sia opportuno fare alcune riflessioni, specie se suffragate dai dati. Ad esempio abbiamo sempre manifestato perplessità sull’inserimento dei titolari di farmacia soprannumeraria, senza distinzione sulla popolazione dei comuni.   

Alcuni dati:    
- Il numero di comuni che presentano sedi farmaceutiche soprannumerario rispetto al quorum  di 3.300, sono 572:    
- Il numero di farmacie soprannumerarie sono circa 800    
- I comuni con maggiori sedi soprannumerarie: Genova (31); Milano (28); Napoli (19);   
  Venezia (13); Bologna (11); Catania (10); Ferrara (8); Firenze (6).    

Negli incontri che pure ci sono stati con i titolari di farmacia, abbiamo sempre espresso la necessità di riconoscere la precarietà dei titolari di farmacia soprannumeraria, ma solo per quelli presenti in comuni fino a 5.000 abitanti. Una domanda ci poniamo: le sedi farmaceutiche soprannumerarie dei titolari che dovessero vincere il concorso che fine fanno? Si chiudono, o vengono di nuovo assegnate? E se vengono assegnate di nuovo non c’è il rischio di riproporre un nuovo disagio?     

Tra i comuni nei quali verranno aperte nuove sedi farmaceutiche, fatto salvo gli 841 comuni privi di farmacia con popolazione al di sotto dei mille abitanti, ve ne sono un centinaio, con popolazione tra 1000 e 3100 abitanti, che potranno dotarsi per la prima volta di una farmacia.
Infine qualche considerazione sui comuni che avendo già una o più sedi farmaceutiche, vedranno l’apertura di nuove farmacie.     
- I comuni con una sola sede farmaceutica, popolazione che va da circa 4.600 a oltre 11.000 abitanti, nei quali si aprirà una nuova farmacia (in qualche caso anche più di una) sono oltre 550. Per tutte queste farmacie il volume d’affari sarà drasticamente ridimensionato;
- Fatti salvi i comuni che vedranno l’apertura di una farmacia per la prima volta (circa 940), il numero di comuni interessati dall’apertura di nuove farmacie sono circa 1.900. Di questi la stragrande maggioranza sono compresi nella fascia di popolazione tra 4.550 e 30.000 abitanti (90%);
- Il comune che vedrà l’apertura del maggior numero di farmacie è Roma con oltre 110 sedi, seguito da Palermo, Prato, Reggio Emilia, Verona, Parma, Modena. Mancano grandi comuni come Milano, Napoli, Venezia, Bologna che al contrario sono in soprannumerario.     

Per tutte queste ragioni, riproponiamo ancora oggi la domanda che abbiamo formulato ai rappresentanti delle farmacie e della professione nelle scorse settimane: siete proprio certi che quei titolari di farmacia che vedranno ridimensionare drasticamente il loro fatturato, non preferiscano competere con la parafarmacia sul solo 10% del mercato?. Inutile, in quanto scontata, riferire la risposta che ci è stata data. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

In questi giorni dalla Fofi sono state espresse perplessità circa le regole concorsuali adottate nel decreto. In particolare quelle afferenti i punteggi da riconoscere alle diverse espressioni professionali, lamentando la parificazione dei titolari di parafarmacia ai colleghi titolari di farmacia rurale sussidiata che penalizzerebbe i collaboratori di farmacia. Sul punto due considerazioni uno legato ai lavori parlamentari e dunque di stampo politico/sindacale ed uno che attiene più specificamente al carattere professionale del “nuovo” farmacista chiamato sempre più ad esprimere una competenza articolata e complessa che non si risolve con i soli aspetti dispensativi del farmaco ma molto di più sulle competenze manageriali ed imprenditoriali del farmacista. Non è un caso che negli ultimi anni assistiamo ad uno stravolgimento del ruolo e della missione della farmacia, sempre più chiamata a misurarsi con controllo di gestione aziendale, marketing e collegamenti con altre espressioni professionali diverse dal farmacista. Riteniamo, come confermato dagli stessi dirigenti di Fofi e Federfarma, che le tante farmacie che oggi hanno problemi gestionali ed economici, sono prima di tutto l’espressione di un disagio che nasce dalla incapacità della titolarità a traghettare l’impresa nel nella nuova dimensione della farmacia. Ritornando alla parificazione dei punteggi tra titolari di parafarmacia e farmacia rurale, ricordiamo che quanto recepito dal decreto è la soluzione di ripiego alla impossibilità di adottare quanto prevedeva in origine la riscrittura del provvedimento ovvero di assegnare le sedi farmaceutiche con le “riserve”, nella logica di riassorbire nella farmacia le parafarmacie ricondotte alla titolarità del farmacista. Dunque una soluzione politica di recepimento di istanze sindacali di categoria e professionali, ben note a tutte le espressioni della professione. Tuttavia riteniamo che il motivo principale della parificazione è a nostro parere più di stampo progettuale ovvero quello di riconoscere ai nostri farmacisti titolari di parafarmacia, dopo un certo numero di anni, una preparazione gestionale ed imprenditoriale simile, sia pure con i limiti numerici, a quella del titolare di farmacia. Preparazione sul campo che coniugata alla dispensazione dei farmaci, sempre più rappresenterà il laboratorio formativo per i titolari di farmacia del domani, specie dopo che i farmaci di fascia C approderanno in parafarmacia.          

Solo ex post emergono riflessioni da parte dei titolari di farmacia, come di esponenti della professione, sulla possibilità di trovare nuove soluzioni meno dirompenti per il sistema farmacia rispetto a quanto previsto dal decreto. Per parte nostra crediamo, come sempre, che un confronto onesto e senza pregiudizi, con la finalità ambiziosa di definire un progetto complessivo del sistema, rappresenti la sola possibilità per dare credibilità al settore, nell’interesse del farmacista, della farmacia, della parafarmacia e degli stessi cittadini.
 

09 marzo 2012
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