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Se per la medicina generale manca un progetto globale di riforma

di Ornella Mancin

17 LUG -

Gentile direttore,
il collega Enzo Bozza scrive sempre degli articoli pungenti e ironici, capaci di toccare con “leggerezza” temi importanti. Nel suo ultimo intervento (Qs 14 luglio) affronta due aspetti su cui vorrei dare il mio contributo.

Il primo riguarda le tante “mirabolanti soluzioni e trovate fantasmagoriche” di riforma della medicina di famiglia che quotidianamente suggeriscono come dovrebbe essere il nostro lavoro, come deve essere cambiato e come deve essere giuridicamente inquadrato. Di fondo, in tutto questo, manca una seria riflessione su quale medico e quale medicina del territorio si vuole per il prossimo futuro. In mancanza di un progetto chiaro ogni singola proposta appare come una ”toppa” su un vestito logoro. L’esempio più eclatante di questa “toppa” è proprio la proposta di strumentazione da fornire ai medici di famiglia perché “giochino “a fare gli specialisti. Ma può un medico uscito 20-30 anni fa dall’università, senza aver ricevuto alcuna preparazione specifica improvvisarsi a usare un ecografo? Non va prima forse fatta partire una formazione adeguata magari finalmente rendendo “universitario” il corso per medici di famiglia? E poi è pensabile che con gli attuali carichi di lavoro e di burocrazia i medici di famiglia che già faticano a seguire i propri pazienti (a volte divenuti 1800-2000) dedicare tempo a esami strumentali? E’ chiaro che questo potrà essere possibile sono in una organizzazione del lavoro in equipe molto lontana dal realizzarsi in tempi brevi e non alla portata di tutte le realtà. Ha ragione il collega Bozza a segnalare anche il contenzioso medico legale che si può aprire in caso di diagnosi per forza di cose poco attendibili. La strumentazione da fornire agli studi dei medici di famiglia è solo un aspetto che va inserito in una riforma più ampia che disegni in maniera chiara la medicina del territorio del futuro.

Ed è proprio questo che continua a mancare: un progetto globale che metta al centro del percorso di cura il malato con i suoi bisogni di salute, che renda il medico di famiglia e lo specialista ugualmente coinvolti nell’assistenza del malato a partire dal suo luogo di vita per passare se necessario all’ospedale in una modalità in cui venga seguito il malato e non la malattia. Non è pensabile rifondare la medicina di famiglia senza coinvolgere nella riforma il distretto e l’ospedale. Purtroppo, una riflessione seria su come vogliamo realizzare la sanità nel prossimo futuro io ancora non la vedo. E chi dovrebbe dar voce a quanti di noi lavorano in maniera sempre più alienante e demotivata, sono spesso latitanti o nella maggior parte dei casi rimangono arroccati su posizioni di comodo.

E qua arrivo al secondo punto: i sindacati. Il collega Bozza si chiede che senso ha per noi medici continuare ad iscriversi a un sindacato vista la loro ”inettitudine” dimostrata negli ultimi 40 anni. Mi permetto di osservare che in democrazia i sindacati hanno un ruolo di tutto rilievo nel difendere i diritti dei lavoratori e l’ordinamento attuale prevede che il rinnovo dei contratti collettivi avvenga tra “datori di lavoro”, che nel nostro caso è la parte pubblica, e i rappresentanti dei vari sindacati.

Oggi non essere iscritti ad alcun sindacato vuol dire essere fuori da qualsiasi possibilità di incidere. Il problema è che siamo di fatto sotto il monopolio di un unico sindacato che continua ad avere la maggioranza proprio perché chi si cancella non si iscrive agli altri sindacati.

Quindi caro Bozza per come stanno le cose oggi non essere iscritti ad alcun sindacato vuol dire di fatto favorire la Fimmg che da sola continua ad avere più del 60% fra gli iscritti ai sindacati. I non iscritti potrebbero anche superare gli iscritti Fimmg ma non avranno alcun peso nel tavolo delle trattative. Sarebbe necessario riequilibrare le forze dando più forza ai sindacati minoritari, in modo che possano avere un ruolo significativo nelle trattative. Altrimenti continueremo a pendere dal monopolio di un unico sindacato che di fatto può fare il buono e il cattivo tempo. E se le cose non cambiano dobbiamo sì battere il “mea culpa” e dire come tu nonno” è colp de la iatt se la padrona è fessa?”.

Ornella Mancin



17 luglio 2023
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