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La sanità in Calabria. Una pentola a pressione pronta a esplodere

di Domenico Minniti

22 MAG - Gentile direttore,
una pentola a pressione di quelle che fischiano, sbuffano e danno la sensazione di essere sul punto di esplodere: guai a rimuoverne il coperchio. Questa la mia impressione della sanità calabrese, oggi.
Eppure ci lavoro da vent’anni e posso testimoniare la presenza di centinaia di professionisti seri, addirittura di alcuni centri d’eccellenza sparsi qua è là, sul territorio.
 
Certo, è innegabile che esistano le criticità, tante, figlie – monotono refrain - della politica dei giorni nostri, delle sue contraddizioni, delle sue storture, di beceri interessi.
Ma se il coperchio finalmente saltasse? Lo stato di agitazione dei Colleghi dell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, tra le più importanti della Calabria, la loro denuncia a più riprese fatta all’opinione pubblica ed al Ministro, il loro inequivocabile modo di dire “io non ci sto”, hanno tutto il sapore di una primavera calabra, l’incipit dal quale dovrebbe estendersi, a macchia d’olio, la consapevolezza di tutti gli stakeholders, principalmente i professionisti e ed i fruitori della sanità, della necessità di condividere la battaglia, quest’ultima senza esclusione di colpi.
Lacrime e sangue avevano promesso gli ultimi tre governi nazionali, lacrime e sangue sono state.
 
Ed il contributo in termini di lacrime e sangue, in Calabria, è stato tra i più alti in assoluto.
L’aumento dell’IRPEF e dell’IRAP da una parte ed i tagli lineari dall’altra, han fatto si che il tentativo di riduzione del disavanzo economico fosse pagato esclusivamente da cittadini e professionisti almeno due volte: in termini di fisco e qualità dei servizi dai primi, fisco e qualità della vita, un vero e proprio burnout dai secondi.
E mentre in Calabria in nome e per conto del deficit i cittadini stringono la cinghia e, chi se lo può permettere va a curarsi altrove incrementando così la mobilità passiva e con essa il gap con le “regioni virtuose”, mentre il processo di desertificazione sanitaria aumenta ancor di più la desolazione strutturale delle nostre lande, la Guardia di Finanza certifica, per il solo 2013, in oltre un miliardo di euro il danno erariale a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
Strano meccanismo tributario il nostro: per appianare i danni di alcuni, pagano gli altri, generalmente i soliti.
 
E se poi volessimo dar credito al “Libro bianco” di ISPE, scopriremmo che corruzione, inefficienza e sprechi legati alla tutela della salute, comportano al Sistema Sanitario una sottrazione di oltre ventitré miliardi di euro, il quaranta per cento circa dei quali imputabili al Sud.
Per avere un idea della scala di valori in ragione di anno di cui stiamo parlando, il deficit legato alla sanità in Calabria, responsabile dell’implementazione del piano di rientro dal disavanzo economico e di tutte le criticità del nostro disastrato Sistema Sanitario Regionale ammontava a poco più di duecentocinquanta milioni di euro.
Poco meno di centodieci miliardi di euro il Fondo Sanitario Nazionale da ripartire tra le regioni. Poco più di venticinque miliardi di euro la quota che secondo ISPE sfugge dalle maglie gestionali.
 
È così difficile immaginare dunque, si domanderebbe l’uomo della strada nella sua disarmante semplicità, che la direzione verso la quale andare dovrebbe essere indirizzata al recupero di queste somme, più che sufficienti a colmare il disavanzo economico di tutte le regioni soggette a piano di rientro? E colmato il debito di queste, investire il resto in tecnologia, uomini e mezzi ripristinando quella qualità dei servizi che gli utenti, in funzione dei tributi versati, giustamente si aspettano?
 
La sanità calabrese è in evidente affanno, pochi medici, pochi infermieri, pochissimi operatori sociosanitari, mentre il blocco del turno over paralizza le strutture e lascia disoccupati o sottoccupati professionisti di lusso.
In Calabria, solo per citare un problema a me ben noto, la maggior parte delle unità operative di anestesia per poter garantire i livelli di assistenza è costretta, a causa dei ridotti organici, a far ricorso a prestazioni aggiuntive con remunerazione extra, il tutto mentre una quarantina di giovani medici anestesisti specializzatisi presso la nostra università va a rinfoltire la schiera dei precari o è costretta ad esportare altrove la propria professionalità.
 
Ma questa è una storia che racconterò un'altra volta. Oggi a Cosenza l'ennesima assemblea dei medici, preludio ad un ultiore segnale d'allarme che mi auguro qualcuno voglia definitivamente cogliere. Io sono con loro.
La pentola sta per esplodere, nessuno provi a dire che non ne sapeva nulla.
 
Domenico Minniti
Vicepresidente AAROI-EmAC Calabria
Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani – Emergenza ed Area Critica

22 maggio 2014
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