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Annalisa Silvestro lasci gli incarichi Ipasvi e si dedichi solo alla politica. Sarebbe una scelta di buon senso

di Chiara D'Angelo

25 LUG - Gentile Direttore,
le scrivo per riprendere alcune considerazioni fatte ieri da Danilo Massai (Presidente del Collegio IPASVI di Firenze), anche a seguito della vicenda, da Voi puntualmente riportata, dell’emendamento PD (Marco Donati) al cosiddetto DDL Concorrenza. Partirei proprio da questo, sia perché è stato un po’ l’innesco della discussione, sia perché, essendo poi stato ritirato, è l’aspetto che, in fondo, meno nuoce alla realtà infermieristica.
 
Come in un film che si ripete, la professione infermieristica è stata calpestata di nuovo; tempo fa erano le badanti romagnole, nella vita di corsia di ogni giorno sono gli operatori di supporto e, per ragioni diverse, le altre professioni, stavolta gli attori sono stati altri, ma il copione lo stesso: il campo professionale degli infermieri aperto ed alla mercé di ogni scorreria. Stavolta fortunatamente si è trattato di un falso allarme, perché l’emendamento con cui il Partito Democratico voleva introdurre la facoltà, per i farmacisti, di effettuare iniezioni, medicazioni e interventi di primo soccorso anche a domicilio, prima presentato, poi rigettato, poi riammesso, alla fine è stato ritirato.
 
Si dice sia stato determinante, in questo dietrofront, l’intervento di Annalisa Silvestro, ex presidente nazionale IPASVI e ora semplice membro del Comitato Centrale (anche se c’è chi pensa che il suo ruolo nella Federazione sia molto più forte, tanto che non c’è occasione in cui manchi di affiancare se non precedere la presidente in carica, Barbara Mangiacavalli). Ma Annalisa Silvestro è anche Senatrice della Repubblica di quello stesso Partito Democratico in cui milita Donati e dal quale è partita qualche settimana fa la proposta di definizione ex lege dell’atto medico, altro argomento su cui si è scatenato il finimondo.
 
E’ su questi snodi a tratti controversi che Massai interviene, chiedendo prima di tutto una separazione: la politica da una parte e la rappresentanza professionale dall’altra, soprattutto quando la politica (e il maggior partito di Governo) si dimostra poco sensibile o ignorante di fronte alle questioni professionali e, al tempo stesso, la rappresentanza professionale non riesce ad affrontare i problemi veri della professione.
 
A cavallo tra queste posizioni la senatrice Silvestro, presentatrice e pensatrice di un rivoluzionario progetto di “Ampliamento delle competenze infermieristiche” che di rivoluzionario a mio parere non ha nulla ma che rischia, se fosse applicato, di riportarci indietro nel tempo e di martoriare ulteriormente la professione, sminuzzando la già fragilissima e stentorea unità degli infermieri. Al tempo stesso la senatrice Silvestro milita nel principale partito di Governo, dal quale stanno arrivando in successione una serie inedita, per numerosità e insistenza, di attacchi diretti e, principalmente, indiretti alla professione infermieristica. Certamente non è una posizione invidiabile quella di Annalisa Silvestro.
 
Ecco perché ritengo che quanto suggerisce Massai, ossia di lasciare le funzioni dirigenziali nell’IPASVI per dedicarsi alla lotta per la questione infermieristica nella politica e nel suo stesso partito, non sia una provocazione, ma potrebbe essere una scelta di buon senso. Del resto 20 anni in Federazione hanno permesso alle sue capacità di esprimersi e dare frutto, ora per rispetto verso una generazione nuova di dirigenti e per rispetto verso il mandato elettorale repubblicano, sarebbe meglio dedicarsi alla funzione parlamentare, più ampia ed universale. E pare proprio che in questo contesto il contributo di un’infermiera sia quanto mai necessario, a giudicare dai pasticciacci come quello di ieri.
 
La Federazione IPASVI ha una nuova Presidente, Barbara Mangiacavalli, che ha il dovere, ora, di dimostrare le proprie capacità e il diritto di poterlo fare senza condizionamenti dal passato e soprattutto, Massai lo ventila ma io lo escludo per ingenuità e innocenza, senza il timore che si lavori “per riaffermare il passato in un prossimo futuro”.
 
I problemi su cui concentrarsi sono e devono essere altri, e dunque ogni timore retroguardista è bene sia dissipato sul sorgere.
 
La condizione lavorativa, il riconoscimento della professionalità, la contrattazione e il riconoscimento economico, i rapporti interprofessionali, la riorganizzazione del lavoro, le politiche di inclusione giovanile, sono solo alcuni dei punti che Massai cita, e che mi vedono perfettamente concorde in ordine alla loro urgenza.
 
Di questo è tempo, già da tempo purtroppo, di occuparsi. I tentativi di queste settimane non fungono allo scopo, pare chiaro, e lo confermano le opinioni su più fronti raccolte, anche da Infermieristicamente, nel nostro piccolo; sono le opinioni degli infermieri, di chi “vive” l’infermieristica sulla sua pelle ogni giorno, ogni notte, turno dopo turno e dopo turno ancora (perché saltano i riposi, c’è poco personale, non c’è personale di supporto, e così via…). Nemmeno il comma 566 è la soluzione, abbiamo letto quante discussioni ha sollevato e abbiamo visto dove ci ha portato: infermieri e medici sulle barricate anziché intorno ad un tavolo.
 
Il buon senso dunque suggerisce che la strada debba essere un’altra, un modo diverso di affrontare il problema e i problemi. Il Nursind al riguardo condivide la nota proposta, rilanciata dal suo Segretario Nazionale Andrea Bottega proprio su queste pagine nei giorni scorsi: organizzare al più presto gli Stati Generali dell’Infermieristica, un cantiere promosso dall’IPASVI in cui abbiano la possibilità di intervenire tutte le espressioni della società (professioni, sindacati, associazioni, intellettuali, cittadini, istituzioni, ecc.) per discutere, proporre, valutare, decidere quale sia la soluzione migliore alla questione infermieristica, perché la questione infermieristica riguarda tutti, perché l’infermiere è lo snodo del sistema sanitario, la giunzione fra servizi ospedalieri, territoriali e domiciliari, il fulcro del processo assistenziale inteso come intreccio di professionalità coordinate verso un risultato: la salute del cittadino. Ed è proprio l’infermiere, oggi, il punto di debolezza su cui, anziché concentrare energie positive di valorizzazione e riconoscimento, si assiste paradossalmente a continui tentativi di ulteriore indebolimento, serviti con l’improbabile quanto maldestro tentativo di giustificarne la necessità per l’avanzamento della professione, per la concorrenza, per il contenimento dei costi, ecc. ecc. Sappiamo bene però che i buoni modelli di riferimento devono essere altri, basta guardarsi intorno, nel resto dell’Europa, oltre Oceano…
 
L’organizzazione del lavoro così come si presenta oggi non è adeguata a sostenere un sistema complesso come lo è il sistema sanitario; è necessario ripensarla. E nemmeno la definizione della professione così com’è oggi non è più adeguata. (Cavicchi docet). E’ necessario ripensare le professioni sia al loro interno (per gli infermieri a partire, ad esempio, dalla modifica dell’art.49 del Codice Deontologico) sia all’interno di un sistema che deve dotarsi di nuove regole di governo e di funzionamento; tutto questo è necessario per arrivare al risultato e per superare le enormi contraddizioni e iniquità di cui il sistema attuale è disseminato e contaminato.
 
Il Nursind da tempo sta portando avanti questo messaggio, forte, innovatore, ma anche scomodo, perché richiede che si rimettano in discussione anche posizioni che qualcuno non vorrebbe si mettessero in discussione. Di questo progetto abbiamo parlato nel libro “Il riformatore e l’infermiere: il dovere del dissenso” pubblicato nella collana Medicina e Società di Quotidiano Sanità Edizioni. Del progetto, degli strumenti possibili e dei problemi da risolvere.
 
La ricreazione è davvero finita; è tempo di lavorare sul serio.
 
Dott.ssa Chiara D’Angelo
Infermiera

25 luglio 2015
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