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Perché sarebbe importante riconoscere la figura del Musicoterapista

di Rolando Proietti Mancini

20 OTT - Gentile direttore,
desideriamo sottoporre alla Sua attenzione il problema relativo alla figura professionale del Musicoterapista non ancora riconosciuta in Italia (diversamente dal resto d’Europa) ma comunque presente sul territorio nazionale e ampiamente diffusa in strutture sanitarie pubbliche e private.
Al fine di raccogliere documentazione, raccordare tra loro i professionisti attivi sul territorio nazionale e promuovere contatti con le Istituzioni, con lo scopo ultimo di ottenere il riconoscimento della figura professionale del Musicoterapista, è nato alcuni anni fa il Coordinamento per il riconoscimento e la difesa della professione del Musicoterapista.
 
Il nucleo dei soci fondatori è costituito da musicoterapisti attivi a tempo pieno presso strutture pubbliche e private, presenti nei settori sanitari, socio-assistenziali ed educativi. Il coordinamento è stato per tanti anni un comitato di proposta  che ora cede il passo ad una vera e propria Associazione Professionale denominata Consiglio Unitario dei Musicoterapisti Italiani per la Professione Sociosanitaria Cum-Sanità.
 
Premessa da scenario. La figura del musicoterapista è di fatto già presente e spesso ben radicata in varie realtà educative, riabilitative e terapeutiche, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato.
Una regolamentazione dell’esistente è ormai imprescindibile, in primo luogo a garanzia dell’utenza e della committenza, ma anche a garanzia della valorizzazione di tanto lavoro clinico e di ricerca svolto negli anni dagli operatori di musicoterapia che sono riusciti ad inserirsi nel tessuto istituzionale.
 
Il riconoscimento della figura professionale del musicoterapista all’interno del ruolo socio-sanitario dovrebbe tenere in considerazione il lavoro di chi è riuscito ad operare sul campo inserendosi nei servizi esistenti ed impostando, insieme alla pratica clinica quotidiana, anche lavori di ricerca scientifica.
 
Si è giunti ormai alla necessità di offrire da un lato delle garanzie all’utenza che sempre più numerosa si rivolge alle strutture pubbliche e private che offrono prestazioni di musicoterapia, da un altro di sanare una situazione di fatto esistente che vede la presenza di professionisti inseriti negli organici di strutture sanitarie con i profili più diversi e generalmente non adeguati al reale livello di competenza e professionalità messi in atto.
 
L’Oms da tempo ha individuato nella Musicoterapia un intervento efficace nel trattamento di varie patologie in diversi ambiti clinici (psichiatria, neuropsichiatria, neurologia, riabilitazione, cure palliative etc) e diversi professionisti da anni stanno lavorando per raccogliere documentazione relativa alla propria attività condotta in contesti di equipe all’interno di strutture sanitarie.  
 
Ci rivolgiamo dunque a Lei per chiedere una informazione finalizzata alla divulgazione dell’opportunità di un percorso di riconoscimento del nuovo profilo professionale che potrebbe essere configurato nel ruolo socio sanitario, applicando una normativa già presente, utilizzata ad esempio per l’istituzione della figura dell’Operatore Socio Sanitario. In realtà il musicoterapista opera di fatto già in ambito sanitario svolgendo un’attività professionale analoga a quella di altre figure già previste quali l'educatore professionale, il terapista occupazionale, il logopedista, il tecnico della riabilitazione psichiatrica, il tecnico della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva, ecc...

In diversi settori sociali e nell’ambito di diverse fasce d’età si assiste ad evidenti fenomeni di difficoltà e disagio, soprattutto per quanto riguarda la comunicazione, il controllo e l’espressione delle emozioni; ciò ci porta ad auspicare che nel campo dell’intervento sociale e sanitario venga implementata una figura professionale specializzata nella comunicazione non verbale, espressiva e sonora: il Musicoterapista.
 
Perché? In ambito educativo, riabilitativo e terapeutico gli operatori vivono il progresso delle tecniche e delle metodologie e gradualmente nuove discipline vengono proposte ed utilizzate negli ambulatori, nelle case famiglia, nei centri diurni, nelle cooperative, nei centri di riabilitazione, nelle residenze assistite. Nel tempo abbiamo visto susseguirsi operatori di fisioterapia, psicomotricità, terapia occupazionale, tecnici della riabilitazione psichiatrica e psicosociale, etc. con tecniche che hanno concretamente rispecchiato il continuo procedere della ricerca scientifica e l’hanno rappresentata nelle realtà operative. Prendiamo ad esempio la musicoterapia; i dati Cnel del 2003 riportavano un censimento di 12 associazioni per un totale di 865 iscritti ed una proiezione di 5000 unità operative a livello nazionale, probabilmente lievitato con gli anni.
 
I musicoterapisti sono specializzati in una disciplina emergente molto diffusa a livello internazionale e naturalmente non regolamentata come tutte le nuove tecniche. Essi intervengono in molteplici situazioni e la loro utilizzazione avviene in modo originale attraverso le più atipiche forme contrattuali. Nel percorso educativo e riabilitativo è possibile intervenire attraverso la musicoterapia con pazienti privi di parola, con potenzialità esclusive in ambito non verbale, con gravi problematiche di ordine psicologico e relazionale. A tali pazienti non possiamo offrire solo il tradizionale lettino terapeutico o il classico tavolo di lavoro, essendo spesso persone non collaboranti, a volte aggressive ed autolesioniste; è necessario invece intervenire con tecniche appropriate finalizzate ad innescare essenziali dialoghi comunicativi non verbali. 
 
La musicoterapia è infatti una modalità d’approccio sensoriale che utilizza l’elemento sonoro con finalità terapeutiche e preventive per intervenire su un certo numero di disagi fisici, psicologici e psicopatologici. In questo particolare ambito, l’obiettivo terapeutico deve essere distinto da un risultato propriamente musicale. Un percorso attraverso il quale si accudisce un individuo o un contesto collettivo, attraverso la stimolazione delle sue capacità creative, per trovare nuove sintesi dei suoi modelli interpretativi del mondo, non può non essere considerato anche “terapeutico”. Ma questo termine non ha necessariamente in questo caso un’accezione solo “clinica”; vuole semplicemente sottolineare quanto il benessere del soggetto passi anche per un’armonizzazione delle sue maniere di comunicare con il mondo esterno e di autopercepirsi non solo secondo codici verbali, ma anche corporei. In oltre trent’anni sono entrate a far parte dei servizi sociosanitari, collateralmente a quanto accaduto in tutta la comunità europea ed internazionale, alcune di queste nuove attività riabilitative di ricerca, in primis la musicoterapia. Ciò è stato frutto dell’intuizione (che ha anticipato spesso la ricerca ufficiale) e del protagonismo positivo di imprenditori sociali, laici e religiosi, sensibili allo sviluppo dell’educazione, della riabilitazione e della terapia.

Tali attività per prime stanno per essere inoltre eliminate nella fase di rimodulazione conseguente ai piani di rientro economici imposti alle regioni in deficit sanitario.
 
Nel complesso quadro in atto è essenziale a nostro avviso continuare a sostenere l’espressione e la comunicazione di tanti nostri concittadini facendo in modo che tali attività non vengano eliminate né ridotte dai centri convenzionati, prevedendo purtroppo i decreti attuativi l’inesistenza delle figure non regolamentate (che pur lavorando da una vita si troverebbero esclusi tra gli esclusi). Ciò significa che il nostro paese rischia di gettare con l’acqua sporca anche il bambino, e cioè razionalizzando la spesa e realizzando il taglio lineare annullerebbe di fatto la ricerca educativa, riabilitativa e terapeutica, allontanandoci definitivamente dalla ricerca nel settore, che di fatto viene realizzata dai centri convenzionati con l’assunzione delle figure professionali innovative (e questo proprio adesso che lo sviluppo della fisica a livello internazionale delinea concretamente la possibilità di misurare e verificare l’influenza delle onde sonore sulle cellule viventi). Nell’epoca dello sviluppo di questa disciplina quindi, a causa dei tagli lineari, si eliminano dai centri educativi, riabilitativi e terapeutici le figure professionali dei musicoterapisti e simili, con il rischio concreto di fermare la ricerca e lo sviluppo delle tecniche conseguenti; ciò comporta il blocco di fatto dello studio e dello sviluppo delle metodologie e delle strategie operative, con la conseguente ripetitività delle attività tradizionali, sempre più burocratizzate e ritualizzate a fini amministrativi e formali.
 
Le conseguenze di questo dato sono di un rientro, si, ma un “rientro” in una situazione pseudomanicomiale (non tradizionale ma apparentemente funzionale) nella quale al posto dell’educazione, della riabilitazione e della terapia troveremo domani automatismi costruiti esclusivamente sulla base del risparmio economico. I processi educativi, riabilitativi e terapeutici, una volta distaccati dallo studio e dalla ricerca condivisa ed interdisciplinare, globale e complessa, lentamente perderanno efficacia rischiando di innescare una diffusa perdita di entusiasmo da parte degli operatori sempre più bloccati e demotivati da criteri organizzativi coordinati, sempre più spesso, da figure di tipo contabile. Ecco un esempio limpido del danno che compie un taglio lineare e della necessità, invece, della individuazione caso per caso di sprechi e spese ingiustificate.
 
Cosa proponiamo? L’approvazione della legge 4 del 2013 delle cosiddette professioni non regolamentate fa emergere la necessità di una riflessione su quelle professioni che pur non avendo alcuna regolamentazione operano di fatto e di diritto all’interno sia dei servizi e presidi sociosanitari che in quelli sanitari, nel pubblico e nel privato, anche se non rientrano nei requisiti minimi richiesti per l’autorizzazione e l’accreditamento.
 
La ratio della legge ricordata prevede una metodologia di riconoscimento della professione autoreferenziale ed autogestito, antitetico rispetto a quella utilizzata per le professioni sanitarie che prevede norme di riconoscimento e di accreditamento di tipo pubblicistico nella forma e nella sostanza a tutela dei cittadini.
 
Per evitare che possano operare nel Sistema Sanitario Nazionale professioni che avranno una legittimazione diversa da quelle sanitarie si potrebbe far rientrare il loro riconoscimento, almeno di quelle che contribuiscono direttamente all’attuazione del diritto alla salute, come il musicoterapista, nelle modalità previste per le professioni sociosanitarie, modalità non utilizzata affatto sinora, nonostante la loro alta validità (l'adesione alla legge 4 potrà continuare ad essere richiesta dalle associazioni musicoterapiche ad orientamento pedagogico).
 
Nel ricordare che con le integrazioni previste dall’art. 3 del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, il d.lgs. 502/92 all’art. 3-septies legifera sull’Integrazione sociosanitaria definendole  prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione, nonché all’art.3 octies è prevista l’Area delle professioni sociosanitarie.
 
A tutt’oggi questa area non è stata istituita, nonostante la giusta intuizione del legislatore in un settore, quale quello sociosanitario, ad elevata espansione per l’attuale quadro demografico e quello epidemiologico e nonostante che la mutata denominazione del nome del Ministero da “della Sanità” a “della Salute” abbia espanso la mission del Dicastero in uno spettro di intervento e di competenza che va oltre la concezione  di ambito sanitario in senso stretto ma che, invece, sia aderente al concetto di salute, proprio dell’Oms e del diritto sancito dall’art.32 della Costituzione Repubblicana.
 
È bene ricordare, altresì, che l’unica figura istituita in aderenza a tale area sia l’Operatore Socio Sanitario mentre l’attivazione di quest’area delle professioni sociosanitarie potrebbe sia rivedere le criticità di alcuni profili, quali il doppio canale formativo universitario dell’educatore professionale in sanità e di quello nel sociale o l’incongruo inquadramento nel ruolo tecnico di alcune professioni quali  l’assistente sociale ed il sociologo che ne limita e circoscrive le potenzialità operative.
Ma l’attivazione di quest’area potrebbe offrire una legittimazione più adeguata a quelle professioni non riconosciute ancora nel Ssn, in particolare nell’area dell’integrazione sociosanitaria, ma ritenute utili ed efficaci per il piano terapeutico, presenti in presidi sociosanitari pubblici e privati, ad iniziare dal musicoterapista.
 
A fronte di questa situazione non risolta il settore dei musicoterapisti a tutt'oggi brulica di proposte formative autoreferenziali che sviluppano maggiormente l'economia della docenza, ponendo sul mercato moltissimi pseudodiplomati condannati a far lievitare il mondo della disoccupazione, della precarietà, della sottoccupazione e del demansionamento.
 
Auspichiamo pertanto un dibattito che coinvolga operatori ed utenti per contribuire alla soluzione del tanto agognato riconoscimento.
 
Rolando Proietti Mancini
Presidente del Consiglio Unitario dei Musicoterapisti Italiani per la Professione Sociosanitaria Cum-Sanità

20 ottobre 2016
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