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La medicina, le donne, il merito ed il gender gap

di Federica Zolfanelli

18 FEB - Gentile direttore,
Il titolo dato all’incontro tenuto all’Ordine dei Medici di Firenze il 3 febbraio 2018 è carico di significato ed esprime chiaramente e con 3 parole quel che le Donne Medico italiane cercano di dire da anni, è il nodo della questione femminile , il punto su cui le donne medico oggi insistono affrontando un problema avvertito sulla loro pelle (e sulle loro carriere) ma anche richiamando tutta la classe medica ad una riflessione.

Ancora stentiamo a comprendere dover essere considerate un gruppo a sé “ diverso “od addirittura” diversamente abile “, essere modestamente rappresentate nelle posizioni apicali, addirittura sottopagate; le nostre capacità culturali, intellettuali e tecniche sono molto alte. Perché il mancato riconoscimento anche in termini economici ? Perché la femminilizzazione nel mondo del lavoro incontra ostacoli e resistenze? Il problema è sempre lo stesso: la doppia presenza, la gestione contemporanea di due pattern di vita, familiare e lavorativo, e l’attribuzione del ruolo di accudimento da sempre riservato alle donne.
Se ne dibatte da anni, con scarsi risultati, ma il “problema donna “ oggi deve diventare sfida e risorsa insieme: sfida in quanto pone riflessioni su esigenze diverse di un mondo diverso e risorsa in quanto offre l’opportunità di pensare a scenari nuovi e modelli nuovi per tutti nel mercato del lavoro attuale.

Da tempo, il Paese si è occupato di rimuovere gli ostacoli della donna lavoratrice prima con atti di tutela poi con la promozione di azioni positive. La prima azione di tutela è espressa dall’articolo 37 della Costituzione ( "la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione").
 
A rafforzare questo fondamentale concetto, nel dicembre 1977 la legge 903/9 introdusse il divieto di ogni discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda accesso al lavoro, trattamento retributivo, attribuzione di qualifiche, di mansioni e in genere la progressione di carriera non trascurando i trattamenti di natura previdenziale.
 
Dopo leggi di tutela, nel 1991 compaiono leggi volte alla promozione di azioni positive (legge 125/91), evento che segna un passo in più, mirato a rafforzare il concetto di parità: vengono promosse azioni volte al miglioramento della formazione scolastica e professionale delle donne, al riequilibrio delle responsabilità familiari e professionali nella coppia, a rinforzare la presenza delle donne nel mercato del lavoro nelle posizioni apicali e nei settori in cui appaiono sottorappresentate. Voglio ricordare che le azioni positive devono essere promosse dai datori di lavoro, dai sindacati e da soggetti istituzionali (il comitato e i consiglieri di parità); inoltre, è fatto obbligo alle amministrazioni pubbliche di adottare piani di azioni positive. 
L a strategia UE in materia di parità tra donne e uomini a sua volta insiste sul l’“equilibrio di genere a livello decisionale”.

Nonostante questa mole di leggi, i dati del Global Gender Gap Report 2017, Eurostat ed anche quelli relativi alla rappresentanza femminile FNOMCeO e delle Aziende Sanitarie ci forniscono realtà diverse , allarmanti, la forbice è troppo ampia; non è solo importante la femminilizzazione della sanità ma avere l’ opportunità di poter esprimere il merito. Cos’è il merito? Michael Young lo definì il risultato di un’alchimia fra talento ed impegno.

Cosa fare dunque? E’ necessario impegnarsi su tre fronti: 1) Dare alle donne gli strumenti per affrontare la doppia presenza e poter effettuare la propria carriera senza dover subire il dover scegliere fra vita professionale e vita lavorativa; 2) Lavorare attivamente per modificare un assetto culturale vecchio non più coerente con la realtà del mondo del lavoro e tenere sempre presente nelle organizzazioni sanitarie il Mainstreaming di genere come assunto di partenza; 3) Il riconoscimento del Merito.
 
Il primo punto è la Conciliazione vita-lavoro : la società italiana non è strutturata per la donna che lavora ed a questa difficoltà è collegata anche la progressione di carriera. Non ci dobbiamo nascondere che negli ambienti di lavoro si danno meno responsabilità a chi è presente per meno tempo, che si esclude da certi incarichi chi ha orari parziali o ”favoriti“ per i minori o per legge 104 e che non si inserisce in progetti importanti queste professioniste, che i datori di lavoro si aspettano dalle donne un minore attaccamento al lavoro, che il potere è sempre stato in mani maschili e questo fa sì che non si voglia modificare l’esistente.
 
Per questo problema la soluzione è portare avanti le azioni positive della Legge 91: la donna deve essere adeguatamente supportata nella fase di maternità e/o di accudimento,anche per evitare demotivazione, deve poter continuare a lavorare anche in altra modalità, non perdere di vista i suoi obiettivi di vita professionale e poter dedicare al lavoro il tempo necessario alla carriera anche se con famiglia. Su questo punto deve essere aiutata in seno al proprio ambiente di lavoro da Direzioni Aziendali e da Sindacati.
 
Fondamentale la costituzione di un Gender Action Plan, elaborato annualmente per il personale femminile, in cui si contempli una rete di servizi e di iniziative, promozioni di flessibilità oraria, part-time o servizi alle persone (asili nido, servizi disbrigo pratiche, convenzioni). E ancora: supporti alla formazione anche in gravidanza, grande attenzione ad assunzioni, formazione e sviluppo professionale, stipendi, avanzamento professionale, dimissioni ;non solo vigilare su questi punti ma anche studiare piani in cui le donne possano avere sviluppi professionali.

Il secondo fronte su cui lavorare è modificare l’assetto culturale: tenere ben presente nel supportare le donne lavoratrici che dobbiamo trovare soluzioni che evitino di creare squilibri od asimmetrie nell’ambiente di lavoro e pesare sul restante gruppo, i privilegi che la società concede non devono essere gravosi per gli altri. Perciò è indispensabile dare spazio a soluzioni nuove e diverse nell’organizzazione senza incidere sull’efficienza e sui risultati, occorre rivisitare i piani di lavoro, identificare nuove mansioni (p.e. telelavoro per la donna incinta che non può stare nei reparti), insomma introdurre fra i lavoratori una diversa cultura più pronta a comprendere non solo le esigenze delle donne ma anche le nuove esigenze di tutti i lavoratori che oggi chiedono una diversa attenzione alla sfera privata .Questa guerra delle donne libera anche l’uomo.

Impegnarsi a modificare l’assetto culturale è necessario anche in tutto il contesto della società perché durante la vita professionale della donna aleggia sempre e dovunque lo Stereotipo di Genere, fantasma che abbiamo incontrato in ogni fase della carriera e che contribuirà a precludere i ruoli apicali; lo incontreremo nei colleghi, nelle direzioni e negli esecutivi, anche nelle associazioni sindacali talvolta, proprio in quei luoghi dove la parità di genere dovrebbe essere fra gli obiettivi prioritari. Sempre, laddove mancano donne nei ruoli decisionali.

La doppia presenza e lo stereotipo di genere hanno sbarrato la strada alla carriera delle donne e quel che è più grave, hanno sbarrato la strada al merito. Una mancanza di equity otre che di equality.

Qui la riflessione si impone per tutti: il merito va riconosciuto quando esiste senza differenze di genere. Il merito non è prerogativa di tutti e deve essere premiato. Alle donne medico è stato spesso negato. E in questo gioco gli uomini hanno colto al volo l’occasione e preso meriti che non avevano, proprio perché hanno circuitato quella parte di donne in difficoltà per la doppia presenza.

Riconosciamo tutti questa realtà e rivendichiamo per tutti il valore del Merito. Questo il nodo della questione prima ancora della differente retribuzione e su questo punto è necessario essere inflessibili e pretendere che sia riconosciuto in maniera equanime, fermo restando naturalmente la dimostrazione in impegno ed in risultati.

Su questi tre aspetti–conciliazione, assetto culturale, merito—le Direzioni delle Aziende Sanitarie, i Sindacati come potrebbero contribuire ? Fare cultura ,usare trasparenza e contrattare il tempo dovrebbero essere le parole d’ordine ; in questi termini e con questi obiettivi prioritari di formazione e organizzazione , rappresenterebbero davvero la tutela dei diritti e della parità.

Finora molte donne che hanno merito hanno fatto strada da sole anche se con grande fatica rispetto agli uomini e molte , troppe ne sono state escluse. Possiamo proprio affermare che poco è stato fatto e le Istituzioni sanitarie il Sindacato, gli Ordini dei Medici hanno grandi responsabilità in questo senso perché nei ruoli decisionali poche donne sono rappresentate e questo, è ben conosciuto, fa la differenza.

Per concludere, le donne devono essere presenti ai livelli alti della politica , delle Aziende, degli Ordini, dei Sindacati, dovunque esista potere decisionale, per far passare una nuova cultura organizzativa del lavoro diversa e solidale, dove tutto ciò che sembra rappresentare un problema non lo è più e dove il Merito dei professionisti, donne ed uomini, finalmente uguali, avrà il suo trasparente riconoscimento.

Federica Zolfanelli
Ordine dei Medici della Provincia di Firenze  


18 febbraio 2018
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