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Ricerca sanitaria e lotteria: è giunto il momento?

di Antonio Cassone

01 GIU - Gentile Direttore,
in un mio precedente contributo alla discussione di proposte di lotterie per il finanziamento dei progetti di ricerca biomedica (QS, 22 aprile 2016), ho segnalato le motivazioni addotte per attribuire al puro caso, quel dio che passeggia in incognito fra la gente (Biffi, Wikipedia), il giudizio finale su quale progetto finanziare. Ora pare che l’idea della lotteria abbia perso il suo carattere di singolare, saia pur istruttivo, paradosso per acquisire una qualche forma di consenso fra gli addetti ai lavori se si legge con attenzione l’articolo di Dorothy Bishop e l’allegato sondaggio con cui la proposta di lotteria viene avanzata da questa ricercatrice e diffusa in rete da Nature Briefing di qualche settimana fa.

È necessario premettere che da tempo ormai l’allocazione delle risorse alla ricerca scientifica è assai limitata talché una dura selezione all’interno di proposte comunque valide ed in principio meritevoli di finanziamento è inevitabile se, come giusto, si vuole evitare un inutile, deleterio finanziamento a pioggia.

D’altronde, è comune sentimento all’interno della comunità scientifica che mentre sia relativamente facile e documentabile per un comitato di esperti valutatori distinguere fra programmi di ricerca scientificamente validi, per razionale, obiettivi e metodi, e programmi che non lo sono, è molto difficile assegnare un punteggio di merito distintivo, fra tutti i progetti aventi validità scientifica, per finanziarne alcuni e non altri.

Non è possibile, cioè, evitare che fattori soggettivi fra i tanti che ho elencato nel precedente contributo (vedi in particolare la competizione scientifica fra proponente ed esaminatore e la  preferenza per un dato approccio  o metodologia scientifica rispetto ad altre pur efficaci, specialmente se si comparano progetti di diverse discipline scientifiche, o semplicemente l’errore di una valutazione che rimane comunque soggettiva), compromettano qualità ed affidabilità della selezione fra i progetti meritevoli.

Se questo processo non è affidabile, conclude la Bishop, non è meglio far decidere ad un giudice neutro quale il caso la scelta di finanziare solo parte dei progetti meritevoli? La cosa interessante è che la ricercatrice ha sottoposto la sua proposta a sondaggio via Twitter, con il risultato che circa i due terzi dei ricercatori che hanno risposto al sondaggio hanno espresso una preferenza per la lotteria. Penserete che siano quelli che non hanno mai avuto un finanziamento, ma non è così: molti dei favorevoli alla lotteria erano titolari di progetti finanziati!

La domanda che emerge dalla discussione critica della proposta della Bishop e di altri che l’hanno preceduta (vedi QS già citato) è: a quale tipo e bando di ricerca si potrebbe meglio applicare l’idea della lotteria? Ritengo che quei bandi che non solo allocano risorse assai limitate rispetto alla platea dei ricercatori titolati ma anche hanno una gestione amministrativa lunga e complessa siano quelli ideali in cui eventualmente sperimentare la casualità.

Uno di questi è certamente il bando per la ricerca sanitaria (finalizzata) del nostro Ministero della Salute. Premetto che si tratta di una iniziativa assolutamente meritoria in un Paese come il nostro che dedica così poco denaro al finanziamento della ricerca scientifica, in particolare a quella bio-medica-sanitaria nonostante la bio-medicina sia ormai da tempo uno dei settori trainanti sia per l’innovazione scientifico-tecnologico che per la pratica medica. E non c’è dubbio che nei suoi ormai parecchi anni di vita, varie decine di istituzioni sanitarie e giovani ricercatori abbiano ricevuto un minimo di sostegno finanziario da questa iniziativa.

Tuttavia, la procedura di valutazione delle proposte di ricerca e di assegnazione del finanziamento è estremamente complessa ed alquanto farraginosa : si va da una valutazione iniziale da parte della struttura cui appartiene il proponente della ricerca, una valutazione del suo CV anche attraverso indici bibliometrici ad excludendum (che buona parte del mondo scientifico oggi considera molto questionabili), altri fattori curricolari divisi fra decili e quartili, e per quanti sopravvivono a questo triage arriva finalmente il processo di verifica scientifica fatto da referee internazionali, il vero “peer review” delle proposte.

Parrebbe questa, e dovrebbe essere, la fase definitiva, ma non è così: c’è un secondo panel di revisori interni ed editori indipendenti che valutano se il referaggio è corretto (come?) e poi ancora un panel scientifico finale ed un comitato tecnico-sanitario, che valutano anomalie ed incongruenze del sistema di revisione ed alla fine un audit del comitato tecnico-sanitario che verifica i verbali dell’intero processo decisionale. Risultato: la graduatoria dei progetti meritevoli di finanziamento viene resa nota al poveraccio che aveva fatto domanda quando probabilmente non ci pensava ornai più, In quella più recente, il bando del Ministero è uscito a fine giugno 2016 e la graduatoria dei vincitori a dicembre 2017, diciamo un inaspettato dono natalizio.

Ma mica è finita: per avere la disponibilità della prima parte dei fondi bisogna ovviamente attivare una Convenzione fra l’Ente destinatario del finanziamento ed il Ministero della Salute, uno stadio che con ogni probabilità non impiegherà settimane ma mesi, in particolare quando, come nell’attuale situazione, si va verso l’estate.

Risultato finale: se tutto va bene il finanziamento al vincitore sarà di fatto disponibile a fine 2018, due anni ed alcuni mesi dopo la pubblicazione del bando. Se il ricercatore non disponeva di altri fondi, la ricerca partirà con molto ritardo. Nell’ipotesi peggiore, non sarà più attuale e meritevole di essere perseguita perché gli obiettivi della proposta scientifica saranno stati già raggiunti e superati da altri ricercatori.

Non essendo dentro al sistema, non so dove cadano i punti di maggiore ritardo. Tuttavia, l’eccesso di controllo valutativo è del tutto evidente. Questi eccessi, certamente fatti, in totale buona fede, allo scopo di convincersi di aver premiato davvero i migliori programmi, in realtà aggiungono un notevole grado di soggettività, se non arbitrarietà, ad un sistema, quello della peer review, che non è esente da bias e soggettività quando si tratta di distinguere gli ottimi dai buoni.

Le “incongruenze” e le “anomalie” del processo di peer review che si vogliono sanare, se non previamente definite rispetto ad uno standard (ma quale?), possono severamente intaccare il giudizio scientifico. Quindi, processo lungo e con alto rischio di soggettività.

A questo punto, la domanda che un fautore della lotteria, a mio parere non irragionevolmente, si pone è: perché non fermarsi allo stadio dei refeee internazionali, stabilire, sulla base dei loro pareri, una definita soglia di punteggio “meritevole” di finanziamento e se, come di sicuro succede, non ci sono fondi a disposizione per tutti i progetti meritevoli, estrarre a sorte quelli da finanziare? Ci saranno almeno tanti gruppi di ricerca che potranno disporre del finanziamento in un arco di tempo tale da rendere ancora fattibile il raggiungimento degli obiettivi della ricerca proposta.

Rimarrà ancora e solo una provocazione? Comunque sia….lunga vita alla ricerca sanitaria!

Antonio Cassone
mBio Editor, Membro dell’American Academy of Microbiology
Polo della genomica, genetica e biologia, Università di Perugia/Siena


01 giugno 2018
© Riproduzione riservata

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