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Quando l’Omeopatia “non” fa notizia. Il caso di Nature

di M. Luisa Agneni

20 SET - Gentile Direttore,
da Nature del  10 settembre 2018: “Ultra diluizioni di Rhus Toxicodendron hanno attenuato le citochine pro infiammatorie e i mediatori ROS del dolore neuropatico nei ratti”, quindi i ricercatori hanno dimostrato non solo che alte diluizioni dinamizzate sono risultate più efficaci del placebo ma che  la loro azione  è  stata simile all’effetto di Gabapentin farmaco convenzionale molto usato. La differenza è che il rimedio omeopatico  è risultato  privo di effetti  collaterali e più sicuro. 
 
In altre parole l’omeopatia è efficace nel dolore neuropatico dei ratti. Fa riflettere  che  un articolo così importante a favore dell’efficacia dell’Omeopatia  pubblicato su Nature una settimana fa a tutt’oggi sia stato sottaciuto e  non abbia avuto una immediata eco sui media del nostro paese come avrebbe meritato ,mentre  le  recenti amplificazioni, a sostegno di   qualche lavoro contrario e per di più anche sub judice per  correttezza metodologica,  hanno avuto uno spazio mediatico eccezionale.
 
Eppure la Medicina Omeopatica non avrebbe bisogno di questa tipologia di lavori per confermare la propria validità perché il suo utilizzo efficace  da più di 200 anni e  in molti paesi del mondo, applicando il metodo che è scaturito dal suo statuto epistemologico, viene confermato clinicamente  giorno dopo giorno ,né sarebbe plausibile   utilizzare  gli strumenti della medicina accademica fondata su un altro paradigma per  decretarne  la validità o la  non validità.
 
Malgrado queste premesse c’è una mole di lavori di ricerca a disposizione di chi volesse conoscerli
Finiremo così di sentire il solito mantra dell’effetto placebo? Arduo invocarlo sui ratti…. L’utilizzo sui bambini e sugli animali lo dovrebbe aver tacitato da tempo ma sentenziare frettolosamente che l’omeopatia è efficace solo per questo è da considerare uno scoop irresistibilmente attraente per  lettori o spettatori.
 
Dal momento che ogni terapia ha anche  il suo effetto placebo perché i pazienti che si rivolgono agli omeopati  dopo essere stati  curati prima  da altri  specialisti  non sono guariti  nel corso di molti tentativi che invece sono andati falliti? Ricordo che nella maggior parte dei casi il malato si rivolge in prima battuta alla medicina accademica e solo dopo esserne rimasto deluso e qualche volta anche danneggiato si rivolge all’Omeopatia.  
 
Non solo, chi si cura omeopaticamente sa cosa significa curarsi così: stare bene, stare meglio non solo nella patologia  che si è consegnata al proprio omeopata ma nella complessità della propria salute tant’è vero che scompaiono o migliorano  anche  i sintomi che il paziente, nella premura  di raccontare quelli più invalidanti, si era dimenticato di dichiarare.
 
Quando  il caso clinico non consente l’utilizzo del solo rimedio omeopatico ma prevede l’assunzione di farmaci salvavita ineludibili spesso si riesce ad attenuarne  gli effetti tossici e collaterali a tutto vantaggio della qualità della vita.
 
Non solo grandi scienziati ma anche grandi giornalisti, dimenticando di avviare un corretto contraddittorio, troppo adeguati  a linee editoriali predefinite e ben costruite rinunciano ad avere una apertura mentale che li renderebbe curiosi di conoscere quello che negano solo perché  non vogliono  o non se lo sanno spiegare con i propri strumenti nel tentativo di omologare  la medicina, la conoscenza e il pensiero.
 
Auguriamoci che questa lezione che ci viene dalla rivista Nature apra le menti anche dei professionisti dell’informazione  perché ridicolizzare, come si è fatto negli ultimi tempi, una categoria di professionisti ed una Medicina che è considerata dall’OMS un caposaldo della assistenza sanitaria nel mondo è molto pericoloso.
 
M. Luisa Agneni
Pneumologa specialista ambulatoriale e Omeopata Associazione LUIMO

20 settembre 2018
© Riproduzione riservata

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