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Il Ssn e il nuovo Governo: servono nuove richieste o nuove organizzazioni?

di Marcello Bozzi

03 SET - Gentile Direttore,
leggo nella pubblicazione del 2 settembre 2019 due importanti richiami, portati all’attenzione del nuovo governo, riferiti a due priorità del SSN:
la pesante carenza di medici e dirigenti sanitari (-8000 medici e dirigenti dal 2009 ad oggi e -17.000 medici e dirigenti da oggi al 2015 – C.Palermo);
l’investimento nel Medico di Famiglia per far fronte all’invecchiamento della popolazione e all’aumento della cronicità, con l’esigenza di implementazione di figure professionali (S.Scotti).
Il primo importante richiamo (C.Palermo) riguarda l’indiscutibile dato sopra citato inerente la diminuzione di Medici e Dirigenti Sanitari. I dati OCSE (2019 rapporto medici/1000 abitanti – pubblicazione QS 9/7/2019) - riportano che “l’Italia è al decimo posto in classifica, alla pari con la Danimarca (4), superate da Svezia (4,1), Germania e Svizzera (entrambi 4,3), Lituania (4,6), Norvegia (4,8), Portogallo (5) Austria (5,2), Grecia (6,1).

La media Ocse è di 3,5 medici ogni mille abitanti e Germania a parte, gli altri maggiori partner Ue sono al di sotto, la Francia con 3,2 e il Regno Unito con 2,9. Ultima in classifica la Turchia con 1,9 medici ogni mille abitanti mentre le maggiori nazioni Ocse in fondo alla classifica sono Giappone (2,4) e Stati Uniti (2,6)”.

Pertanto non sembra esserci una carenza di medici, bensì, come tutti affermano, una carenza di medici specialisti, Allora forse è stata sbagliata la programmazione dei posti della formazione specialistica!
Potrebbe essere anche il caso che nel passato (nemmeno tanto lontano … quando “le vacche erano grasse”) ci sia stato un eccesso di specializzazioni, con fini molto meno nobili di quelli dichiarati.

Inoltre, una attenta analisi rispetto all’applicazione reale del DM 70/2015 (Lorenzin), con riferimento sia ai criteri stabiliti (n. discipline per milione di abitanti a livello regionale), sia alla casistica presente in ogni ambito e contesto autorizzato dalle regioni, come previsto dallo stesso DM, potrebbe consentire delle migliori razionalizzazioni e diverse distribuzioni territoriali, con la possibilità di un utilizzo più corretto ed appropriato di risorse specialistiche (ed un più alto livello di tutela e garanzia per gli utenti).
 
Così come sarebbe opportuno che, a seguito della mutata formazione di 22 professioni sanitarie (tutti laureati), corrispondesse una revisione dei modelli organizzativi (in troppi casi ancora fermi alla legge Mariotti), con una nuova distribuzione delle attività e un ripensamento dei ruoli e delle responsabilità, tenuto conto sia delle evoluzioni normative, sia dei nuovi curricola formativi, superando pregiudizi e posizionamenti non più in linea con le esigenze del sistema. E forse, anche in questo caso, c’è la reale possibilità di un utilizzo più corretto e razionale delle risorse!
 
Il secondo richiamo (S.Scotti) riguarda invece la richiesta di investire nel medico di famiglia, tenuto conto “dell’invecchiamento della popolazione e l’aumento della cronicità” e al riguardo, richiama l’esigenza di un “supporto di altre figure professionali come l’infermiere di studio, il personale amministrativo o altri operatori come l’Assistente Sociale e i Terapisti della Riabilitazione (si chiamano Fisioterapisti). Figure che possano cioè aiutarli a gestire tutte quelle funzioni, spesso non mediche, che non gli permettono, se non con grande sacrificio, di prendersi cura dei pazienti e offrire loro un’assistenza migliore”.

Il Dott. Scotti Ha ragione! Nel dettaglio (fonte ASI 2018):
è diminuita la popolazione nella fascia di età 0-49 aa;
è aumentata la popolazione nella fascia di età 49-> di100 aa;
la stima di disabilità / fragilità / cronicità, nella fascia di età 65-74 aa è quantificata in 251.031 persone (3,7% della popolazione – fonte Scaccabarozzi);
la stima di disabilità / fragilità / cronicità, nella fascia di età 75->100 aa è quantificata in 489.126 persone (7% della popolazione – fonte Scaccabarozzi);
In totale necessita prendere in carico 740.157 persone!

Da un punto di vista sociale sono presenti 25.494.000 famiglie, di cui 1/3 costituite da una sola persona (prevalentemente vedovanze di genere femminile, in aumento rispetto agli anni precedenti).

Per assicurare la presa in carico delle persone a rischio di fragilità / disabilità / cronicità, per il mantenimento per più tempo possibile di livelli accettabili di autonomia, è necessario investire in risorse umane (e se prevale la funzione assistenziale la figura professionale di maggiore rilievo è quella dell’Infermiere) e in nuovi modelli organizzativi (es. Infermiere di Famiglia), superando la funzione prestazionale, oggi prevalente con l’ADI, favorendo un sistema proattivo, con il coinvolgimento diretto di utenti e famiglie, con attività che vanno dall’educazione sanitaria alla prestazione, con modalità difformi, tenuto conto della domanda dell’utenza e delle situazioni demografiche, ambientali e territoriali di ogni singolo contesto.

Tutto ciò nell’ambito di un progetto individuale definito e condiviso con il MMG/PLS (fidelizzazione paziente/MMG e presa in carico infermieristica), con conseguente importante sgravio di attività per i MMG.

Il Rapporto Health at a Glance Europe 2018 (OCSE 2019 – fonte QS 9/7/2019), evidenzia un rapporto di n. 5,5 infermieri /1000 abitanti, avanti a Polonia e Israele (5,1), Lettonia (4,8), Grecia (3,3), Cile (3), Messico (2,9), Turchia (2,9), a fronte di una media OCSE di 8,9 unità.

Avanti a noi tutti gli altri Paesi, a partire dal Regno Unito (7,8), Francia (10,8), Germania (12,9), etc., con valori doppi rispetto al Paese Italia.
Inoltre la Commissione europea nel suo Rapporto 2018 ha dichiarato che “gli infermieri svolgono un ruolo fondamentale nel fornire assistenza sanitaria non solo negli ospedali e negli istituti di assistenza a lungo termine, ma sempre più anche nelle cure primarie e nelle strutture di assistenza domiciliare”.
Pertanto l’investimento va fatto nel sistema delle Cure Primarie (non su una singola figura professionale), rivedendo le organizzazioni in essere e ripensando (rivedendo) tutto ciò che ha dato risultati difformi rispetto alle attese (es. gli aumenti dei codici bianchi ai PS, in particolare nelle fasce orarie notturne e diurne dei fine settimana, nonostante le gratificazioni e gli incentivi previsti per i MMG/PLS, o portando gli stessi nei PS per quelle attività che gli stessi dovrebbero garantire nei rispettivi studi).

Le banche dati (fonte ASI 2018) riportano una presenza attiva di 44.279 MMG, 7.662 PLS e 11.599 MCA.

Potrebbe risultare strategico:
rivedere l’organizzazione in essere con un coinvolgimento ed una integrazione totale (e valorizzazione) dei MCA con i MMG;
attivare la figura dell’Infermiere di Famiglia (afferente alle strutture del SSN), con la parallela revisione dell’organizzazione dell’ADI e la completa presa in carico delle persone con fragilità / disabilità / cronicità, in linea con le esperienze già maturate in altre Regioni e con progetti Europei (es. CONSENSO);
rivedere gli assetti del sistema convenzionato, anche per quanto concerne il massimale degli assistiti (ad invarianza di costi), tenuto conto delle nuove organizzazioni.

La sostenibilità del sistema non si può raggiungere solo con richieste di adeguamento e/o incremento di risorse, senza interventi sostanziali nelle organizzazioni, tenuto conto sia dei cambiamenti nella domanda della popolazione, sia delle evoluzioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche che hanno rivoluzionato il SSN negli ultimi anni.

L’auspicio è che il nuovo Governo, piuttosto che ascoltare i singoli “portatori di interesse”, attivi tavoli programmatici, con il coinvolgimento di tutti gli stake-holder interessati, per un progetto condiviso, con davvero al cento le persone ed i loro nuovi bisogni.

Dott. Marcello Bozzi
Segretario ANDPROSAN – affiliata COSMED 


03 settembre 2019
© Riproduzione riservata

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