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Servono indicazioni chiare per le Fasi 2 e 3 dei bambini

di Rino Rosignoli

07 MAG - Gentile Direttore,
in qualità di Segretario Regionale della Federazione Italiana Medici Pediatri della Lombardia vorrei fare partecipe i suoi lettori delle considerazioni emerse nella mia associazione sulla cosiddetta fase 2 della emergenza COVID 19 e ancor più sulla successiva fase 3, quella che inizierà con la riapertura delle scuole, verosimilmente a settembre.

Sinteticamente: fase 2: come giusto i piccoli stanno ricominciando ad uscire di casa ma i genitori sono invitati a prestare la massima attenzione ad evitare i luoghi chiusi ed affollati, come ad esempio i supermercati o centri commerciali in genere, dove comunque sarà importante insegnare ai piccoli a portare la mascherina di dimensione adeguata.

Non sarà più possibile, per parecchio tempo, lasciarli liberi di scorrazzare a piacere. Forse qualche libertà in più potrà essere concessa nei luoghi aperti ma sempre mantenendo la giusta distanza, anche se certamente si tratta di una misura innaturale per la esuberanza tipica dell’età.

Ma più preoccupante sarà la successiva fase 3 (riapertura dei centri di aggregazione infantile): è stato ricordato più volte come in età pediatrica la infezione da COVID 19 sia particolarmente insidiosa, in quanto ad una relativa benignità dei sintomi si abbina una uguale, se non maggiore, contagiosità. A questo punto ogni bambino che presenterà sintomi di tipo respiratorio dovrà essere considerato un potenziale affetto da coronavirus e quindi sarà indispensabile che tutta l’organizzazione delle cure modifichi radicalmente il proprio approccio a seguito del coinvolgimento (ahimè) delle Istituzioni Sanitarie (cui mi rivolgo indirettamente) e che finora hanno completamente ignorato il versante pediatrico. Se nella fase acuta della emergenza ciò poteva essere scusabile d’ora in poi diventerà una lacuna colpevole.

Riassumo le linee guida che, a nostro giudizio, dovranno essere applicate da genitori e Istituzioni:
-  sospendere immediatamente la frequenza di comunità per tutto il tempo necessario alla guarigione e/o alla definizione della patologia; 
-  contattare telefonicamente il pediatra esponendo chiaramente i sintomi e fornendo i chiarimenti che saranno richiesti; la consulenza telematica dovrà essere spinta al massimo, in modo da limitare gli accessi di cui al punto successivo; a questo proposito già dall’inizio della emergenza i pediatri hanno ampliato la loro disponibilità al contatto telefonico; 
-  accedere allo studio del pediatra solo previo appuntamento, con un solo accompagnatore che indossi mascherina chirurgica (come pure il piccolo, se di età superiore ai due anni); 
-  evitare di fiondarsi al PS se non su precise indicazioni fornite telefonicamente dal medico; 
-  al pediatra (PLS) dovrà essere concessa la possibilità di prescrizione del tampone COVID da eseguirsi in strutture individuate dalle ATS, eventualmente con modalità “Drive Thru” sull’esperienza coreana, e l’esito dovrà essere comunicato al pediatra richiedente (mail o sms) entro 24-36 ore;
-  per i piccoli risultati positivi al tampone dovrà essere previsto un percorso del tutto simile, ma separato, di quello previsto per l’adulto: Unità Territoriali Pediatriche attrezzate per l’assistenza domiciliare in sicurezza che operino in stretto collegamento con il PLS curante; 
-  estensione della vaccinazione anti-influenzale alla fascia di età 6m-6 aa anche come criterio differenziale rispetto alla SRS – COVID; 
-  non sarà possibile al pediatra rilasciare alcuna certificazione ad uso scolastico in assenza di dati probanti di immunità o avvenuta guarigione, peraltro in analogia con quanto viene richiesto per la riammissione del lavoratore adulto.

E’ di tutta evidenza che se non venissero implementate le procedure sopra ricordate ci avvieremmo ad una stagione autunnale disastrosamente caotica. Oggi c’è tempo per organizzare il tutto, le Istituzioni saranno all’altezza?


Dott. Rino Rosignoli
Segretario Regionale FIMP Lombardia


07 maggio 2020
© Riproduzione riservata

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