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Con il Decreto Agosto il benessere psicologico entra nell’agenda del Governo e delle Regioni

di David Lazzari

16 OTT - Gentile Direttore,
la conversione in legge del cd “Decreto Agosto” ha portato una novità importante, frutto del prezioso lavoro parlamentare ed anche delle proposte presentate dal CNOP, relativamente ai bisogni psicologici dei cittadini e degli operatori sanitari.
 
L’art. 29-ter prevede al comma 1 piani di riorganizzazione della rete territoriale in ottica di “integrazione sociosanitaria e interprofessionalità”: prospettiva che valorizza le attività della professione psicologica, che costituiscono un “ponte” tra aspetti sanitari e sociali della salute e della cura ed hanno una valenza fortemente integrativa rispetto alle attività delle diverse professioni sanitarie e sociali.
 
Al comma 2 vengono posti specificamente due obiettivi: quello di “efficientare i servizi di salute mentale” e quello, più generale di ““garantire il benessere psicologico individuale e collettivo in considerazione della crisi psicosociale determinata dall’eccezionale situazione sanitaria”.

Per questi due obiettivi si prevede l’adozione di “linee di indirizzo” da parte del Ministero della Salute di concerto con la Conferenza Stato-Regioni.
Come si vede siamo ad una possibile svolta per i bisogni psicologici che sono di competenza del Servizio Sanitario Nazionale. Ma quali sono?

Se andiamo a vedere le evidenze scientifiche, i dati di efficacia e di costo-benefici prodotti negli ultimi decenni si vede l’importanza degli aspetti psicologici per la prevenzione, per la promozione della salute, per la valutazione integrata, per la cura delle patologie psichiche, il sostegno nelle patologie fisiche, la gestione delle situazioni di cronicità, ma anche per tante attività che riguardano gli operatori e la stessa organizzazione (stress lavorativo, burnout, relazioni, conflitti, rischio clinico, clima organizzativo, umanizzazione, ecc.). In sostanza se vogliamo trattare la salute non solo come problema di un organismo biologico ma di una “persona” abbiamo bisogno di integrare competenze psicologiche nella rete assistenziale.

Per la verità le nostre leggi hanno, seppur progressivamente, recepito questa realtà, solo per fare esempi quella sui consultori, sul dolore e cure palliative, malattie oncologiche, il Piano nazionale per le malattie croniche, infanzia, le linee-guida sui Pronto Soccorso: sono tante le norme che prevedono la presenza e le attività degli Psicologi nel SSN.

Ma la cornice più importante è nei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza emanati nel 2017: su 64 articoli sono 16 quelli che prevedono, specificamente e spesso dettagliatamente, attività psicologiche, comprese quelle di prevenzione, diagnosi e cura e riabilitazione (come prevede la legge Ossicini n.56/89), per una gamma molto articolata di situazioni che fotografano un mandato sociale della professione che va molto di là dei tradizionali settori della salute mentale e delle dipendenze.

Tuttavia, a fronte di questa importante evoluzione, che avvicina la professione sempre di più ai reali bisogni dei cittadini, degli operatori e del Servizio Sanitario, è mancata sinora una linea di indirizzo che consentisse la “messa a sistema” delle risorse psicologiche nelle Aziende sanitarie. Se le Aziende non hanno la possibilità di giovarsi di un coordinamento delle professionalità psicologiche, in grado di ottimizzare il rapporto tra operatori e bisogni, presenti nei vari contesti, servizi e livelli aziendali, tutto quanto sopra rischia di rimanere sulla carta.

Se pensiamo alla legge 251 del 2000 abbiamo la dimostrazione di come dare dignità e gestione delle risorse professionali alle professioni sanitarie abbia consentito un reale efficientamento del Sistema Sanitario: chi gridava alla disgregazione si sbagliava di grosso.

Ad oggi abbiamo tante norme, i LEA, un bisogno di psicologia scaturito dalla pandemia evidente a tutti, una legge che pone al Ministero della Salute (finalmente!) l’obiettivo di emanare “linee di indirizzo” per “garantire il benessere psicologico individuale e collettivo”: deve essere questa l’occasione rimettere gli Psicologi nel SSN (sono oggi meno di 30 anni fa!) e dargli la possibilità di gestire al meglio le loro risorse.

Un DPCM del 2006, firmato dall’allora presidente Prodi, prevede che, in caso di emergenza, gli Psicologi di ogni Azienda Sanitaria siano organizzati in un unico coordinamento aziendale (E.P.E.) nella logica evidente di rendere più efficienti le loro attività: dobbiamo aspettare che arrivi la prossima emergenza o si potrà farlo dando attuazione a questa legge?
 
David Lazzari
Presidente CNOP


16 ottobre 2020
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